Impersona la tipologia del Capitano ed è un condottiero altolocato, un soldato iberico tanto fanfarone quanto pusillanime. Il Capitan Fracassa era l’oggetto del satirico malcontento popolare nei confronti dell’arrogante casta della milizia spagnola che dominava l’Italia con prepotenza.
Gioppino
Ha tre grossi gozzi dei quali va molto fiero, tanto da definirli “coralli” oppure “granate”, indossa un morbido cappello e non si separa mai dal suo bastone. Gioppino è un contadino rubicondo e buffo, utilizza un linguaggio rozzo e sempliciotto, ma in realtà è di indole piuttosto scaltra non disdegnando guadagni facili.
Mezzettino
Servo astuto, imbroglione e spregiudicato, sempre pronto a servirsi degli altri a proprio vantaggio. È anche un abile musicista, grande amatore e disposto ad aiutare il proprio padrone nel risolvere intricate vicende amorose. Indossa un costume a strisce verticali bianche e rosse e non porta la maschera.
Giangurgolo
Ci spostiamo adesso in Calabria per scoprire la figura di Giangurgolo che incarna alla perfezione le caratteristiche di una persona dedita alle chiacchiere, all’ingordigia e sempre ridotta alla fame. Intorno al ‘600 il suo intento primario era quello di prendersi gioco dei dominatori spagnoli e aragonesi anche se viene spesso deriso per il suo aspetto fisico.
Fracanapa
Nata nei primi dell’800 come marionetta, la maschera di Fracanapa è originaria di Verona. Mostra sempre un aspetto curato, ama il vino e la buona tavola e, a seconda delle rappresentazioni, può essere ricco o povero, stolto oppure furbo. Ha una parlata molto particolare volta ad enfatizzare le sillabe.
Beppe Nappa
Servo sciocco e svogliato che non perde occasione per combinare guai, Peppe Nappa è una maschera siciliana amante del cibo e con una certa predilezione per la scrocconeria affermandosi come il fannullone per eccellenza. Viene spesso punito per le sue marachelle ed indossa una casacca con maniche lunghissime alquanto datata.
Giacometta
Tra le maschere femminili del Carnevale tradizionale italiano troviamo la figura di Giacometta, moglie di Gianduja e perfetta espressione della donna piemontese. Sempre al fianco di suo marito per sostenerlo, Giacometta è una donna semplice ma dalla spiccata intelligenza, incarna coraggio e spirito pratico.
Farinella
Maschera pugliese tipica del Carnevale di Putignano, Farinella viene oggi rappresentata con un abito multicolore ed un cappello che ricorda quello di un giullare. In passato i colori caratterizzanti erano invece il rosso e il blu, simboli della città, ed il suo cappello presentava tre punte, allegoria dei tre colli sui quali sorge Putignano.
Florindo
Giovane affascinante, Florindo incarna nella Commedia dell’Arte il ruolo di “Innamorato” e, a seconda della narrazione, corrisponde o meno i sentimenti di Rosaura. All’interno della produzione letterale la relazione tra gli innamorati diventava il punto di partenza non solo della narrazione ma anche dell’intreccio comico.
Sandrone
È un contadino ignorante ma decisamente furbo, grossolano ma al tempo stesso scaltro ed alla continua ricerca del giusto affare. Rappresenta il popolo umile, spesso maltrattato, ed desideroso di un riscatto sociale: ad esempio Sandrone cerca sempre di esprimersi in italiano con risultati decisamente comici.
Bartoccio
Maschera tipicamente umbra, nonché simbolo della città di Perugia, Bartoccio è conosciuto soprattutto per il suo mettere alla berlina cattivi amministratori e costumi attraverso le celebri bartocciate. Nata intorno al ‘600, questa maschera di Carnevale si ispira alla figura di un contadino benestante con corpetto rosso e soprabito verde, un po’ rozzo ma allo stesso tempo saggio.
Meo Patacca
Attaccabrighe, nonché incline alla rissa e allo scontro, Meo Patacca è il classico esempio del bullo di quartiere. Adora utilizzare la fionda come arma e non si separa mai dal suo coltello, parla in dialetto romanesco ed ha un carattere un po’ difficile e scontroso ma riscuote sempre grande simpatia.
Pierrot
Ricorda l’amore malinconico per la sua espressione triste ed è sicuramente la maschere più incline a vivere intense emozioni invece di darsi al divertimento ed alla buona tavola. Pierrot è un servo di grande intelligenza e pigrizia, spinto a cercare il giusto ed a risolvere i problemi in cui si caccia il proprio padrone.
Tartaglia
Tartaglia è una maschera della commedia dell’arte, nata a Genova ad inizio ‘600. Essa è affine a quella del dottore, dalla quale deriva. Goffo e corpulento, senza baffi né barba e con la testa rasa, prese il nome di Tartaglia dalla balbuzie di cui è afflitto. Ad essa ed alla forte miopia si limita tutta la comicità del personaggio, povero di contenuti umani.
Meneghino
È la maschera milanese per eccellenza ed incarna diversi ruoli a seconda delle occasioni: ora servo ora padrone, mercante astuto o contadino sciocco. Meneghino ha l’abitudine di burlarsi di nobili ed aristocratici per i loro vizi e difetti, è dotato di buon senso, dignità ed anche di una certa dose di saggezza.
Rugantino
Rugantino è una maschera del teatro romano. Questa maschera impersona un tipico personaggio romanesco, er bullo de Trastevere, svelto co’ le parole e cor cortello, il giovane arrogante e strafottente ma in fondo buono e amabile. L’aspetto caratteristico di Rugantino è la ruganza, parola romanesca che significa “arroganza”.
Dottor Balanzone
Balanzone, conosciuto anche con il nome di dottor Balanzone (in bolognese Dutåur Balanzån), è una maschera di origine bolognese. Appartiene alla schiera dei “vecchi” della commedia dell’arte, talvolta è chiamato dottor Graziano o semplicemente il Dottore. Nella versione goldoniana de Il servitore di due padroni prende il nome di dottor Lombardi.
Pulcinella
La maschera di Pulcinella, come la conosciamo oggi, è stata inventata a Acerra dall’attore capuano Silvio Fiorillo nei primi decenni del Seicento, ma il suo costume moderno fu inventato nell’Ottocento da Antonio Petito. Infatti, in origine, la maschera di Fiorillo indossava un cappello bicorno (diverso da quello attuale “a pan di zucchero”) e portava barba e baffi.
Arlecchino : una maschera con le toppe
Maschera di Bergamo, Arlecchino ha un nome che, per il suo vestito a losanghe colorate, è diventato nella lingua italiana sinonimo di ‘multicolore’. Il suo nome è ripreso, forse, da quello di Hellequin, un diavolo buffone del Medioevo francese, e inizialmente connotava un poveretto, stupido e pronto a menare le mani. Più tardi, le sue maniere si sono ingentilite e il suo vestito ha assunto una nuova eleganza.