a cura di Felice Nicotera


Renato Carosone è stato un artista famoso in tutto il mondo, e la sua biografia continua ancora ad affascinare milioni di persone. E’ grazie alla sua classe e simpatia che l’Italia e il mondo conobbero i famosi successi come Tu vuò fà l’americano e ‘O sarracino, ToreroCaravan petrolMaruzzella e Pigliate ‘na pastiglia.

Hanno scritto di lui Gargano e Cesarini: “ Allegro riformista della canzone italiana..; una specie di rivoluzionario. Con lui… comincia un modo divertente di fare musica a Napoli. Ancora oggi qualcuno ne sente l’eco nell’ultimo sound di Daniele e Toni Esposito”.

Renato Carosone nacque a Napoli, sotto il segno del Capricorno, il 3 gennaio 1920, e morì a Roma, nella casa dove viveva, il 20 maggio 2001. Celebre cantautore, pianista classico e jazzista, direttore d’orchestra e compositore, è stato tra i più brillanti autori e interpreti della canzone napoletana e della musica leggera italiana dal secondo dopoguerra e la fine degli anni ’90.

Diplomato da privatista al Conservatorio S. Pietro a Majella nel 1937, straordinario musicista seppe contaminare i ritmi della tarantella con ritmi africani e swing americano, creando una forma di macchietta, ballabile e adeguata ai tempi.

Il suo strepitoso complesso che ebbe un clamoroso succeso, all’inizio era un trio, composto dal chitarrista Peter Wan Wood, detto l’olandese volante e dall’istrionico batterista Gegé Di Giacomo che faceva suonare persino i bicchieri al grido di “Canta Napoli” e nel tempo divenne quartetto e poi sestetto, con il cantante Gino Corcelli.

Renato Carosone era il primogenito di Antonio Carusone e Carolina Daino, rispettivamente impiegato al botteghino del Teatro Mercadante e casalinga. In famiglia altri tre figli, i fratelli dell’artista Olga (nata nel 1921), Ottavio (1922) e Maria (classe 1924, morta di morbillo a 15 mesi). I genitori erano due grandi appassionati di musica, e da loro ereditò la sua passione. Iniziò molto presto a suonare il pianoforte della madre, scomparsa prematuramente nel 1927 (all’età di 33 anni, a causa della tubercolosi), e sostenuto dal padre, che suonava il mandolino, intraprese i primi studi sotto la guida del maestro Orfeo Albanese.

Renato Carosone sposò Italia Levidi, ballerina veneziana di 2 anni più grande, nota con il nomignolo Lita, e dal loro matrimonio nel 1939 nacque l’unico figlio, Giuseppe “Pino” Carosone. L’artista incontrò la moglie ad Asmara, in Africa, e la loro unione fu celebrata il 2 gennaio 1938 a Massaua. All’epoca, Carosone suonava in quell’area e lei era una delle ballerine di punta. Maruzzella, tra i più grandi successi del musicista, è proprio ispirata alla consorte…

Nel 2021 Rai 1 trasmise il film tv Carosello Carosone, dove si scoprì chi era il grande artista napoletano, dal diploma al conservatorio, al lungo soggiorno in Africa, al successo mondiale. Fino all’inaspettato ritiro e al successivo fugace ritorno sulle scene.

A proposito del suo ritiro dalle scene musicali ecco la vera versione raccontata dallo stesso Carosone:

«Mi sono “ritirato” per questa unica ragione, per scendere dalla ribalta mentre sono ancora vivo, finché la mia faccia non ha ancora incominciato, o m’illudo, ad annoiare.

Non si può, credetemi, cantare davanti alle telecamere sapendo che in quel momento qualcuno (un amico, forse) sta in casa con la sorella spegnendo stizzito il televisore. Non volevo che questo mi accadesse mai. Finora ho avuto soltanto soddisfazioni. “Bene”, mi son detto, “Renà, è il momento di piantarla”.

[…] Sapete la storiella di quel napoletano? Un giovane Napoletano robusto se ne sta sdraiato al sole su un muretto di Via Caracciolo, là dove il sole batte così caldo e si vede il mare così azzurro. Passa un settentrionale, si ferma, gli dice: “Che fai?”. “Eh, sto qua”, risponde il giovane. “Ma perché non lavori? Con l’energia che ti si vede in faccia potresti guadagnare qualcosa, farti una barca”. “E poi?”. “Poi pescare, guadagnare ancora, comprare altre barche, diventare qualcuno”. “E poi?”. “E poi sposarti, fare dei figli, comprarti un bell’appartamento, dirigere la tua flottiglia di barche”. “E poi?”. “E poi farti un conto in banca”. “E poi?”. “Riposarti”. “Signuri’, e io che sto facendo?” Io dunque sarò napoletano per niente?

Chi si abbarbica al guadagno è finito, non pensa più alla vita né alla famiglia né ad altro che al denaro. È triste. Io voglio essere triste a settant’anni, ma allegro adesso, ecco tutto. Mi riempie di gioia pensare che potrò fare Natale e Pasqua a casa come mi è sempre stato impossibile fino ad oggi; discutere di un libro appena letto con mia moglie; oppure, di un’incisione con mio figlio, Pino, che studia elettronica. Si deve proprio aspettare l’infarto che ci tolga di mezzo, che ci faccia stramazzare al posto che abbiamo conquistato?» [Renato Carosone, 1959]