di Antonio Esposito


Nel primo dopoguerra con una Napoli semidistrutta dai bombardamenti,il paroliere Michele Galdieri e il musicista Alberto Barberis compongono una canzone che diventera’ una pietra miliare del canto partenopeo del dopo conflitto:Munasterio e Santa Chiara.

Il testo racconta di un emigrante che ha il desiderio di tornare a Napoli.Al tempo stesso teme di trovare una citta’ distrutta dalla guerra.Il monastero di santa Chiara,distrutto dai bombardamenti,diventa simbolo di speranza di rinascita per tutta una nazione.
Alberto Barberis compone una melodia ampia e moderna che si sposa perfettamente con il testo di Galdieri e riesce a trasmettere una certa drammaticita’ senza esagerare.Barberis morira’ qualche anno dopo in Argentina sotto le macerie di un terremoto.
Giacomo Rondinella e’ stato il primo ad incidere questo pezzo.In seguito numerosi sono stati i cantanti che ne hanno dato una loro versione.

Carlo Buti,Roberto Murolo,lo stesso Rondinella una seconda volta.In tempi piu’ moderni ci sono state due versioni di Peppino di Capri e anche Mina e Iva Zanicchi si sono cimentate con il dialetto napoletano.Ovviamente la qualita’ della composizione permetteva ai vari artisti di esternare il proprio talento.Anche i non addetti ai lavori possono percepire il valore e la sensibilita’di questa creazione musicale che non e’ esagerato definire immortale.


Le pagine di “La canzone napoletana”

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