a cura di Antonio Esposito


Seicento – autore anonimo o Salvator Rosa

Michelemmà è una famosissima tarantella del Seicento sulle cui origini discutono da oltre un secolo studiosi e appassionati della materia. Tutti si chiedono se sia figlia di padre ignoto o generata da un padre nobile come il grande pittore Salvator Rosa. Purtroppo, non potendo ricorrere alla prova del Dna, questo dubbio a meno di un improbabile colpo di scena resterà tale. Salvator Rosa non ha mai scritto in dialetto, dicono i sostenitori dell’autore anonimo. E se questo fosse vero l’argomento non avrebbe bisogno di ulteriori approfondimenti. Ma c’è chi sostiene il contrario, cioè che l’artista per intrattenere gli ospiti nella sua residenza romana, cantasse accompagnandosi con il liuto delle canzoni napoletane, alcune delle quali scritte da lui. Tuttavia, di queste due versioni solo la prima darebbe una conferma assoluta. Infatti, non avendo mai scritto in dialetto non avrebbe potuto scrivere Michelemmà. La seconda versione non potrebbe dimostrare niente. Perché il solo fatto che l’artista abbia scritto in napoletano, non è sufficiente a sostenere che abbia scritto anche quella tarantella.

Le false prove d’autore

Ci sono stati molti tentativi e tanto impegno per dimostrare che Salvator Rosa sia il vero autore della canzone. Ma tutte le prove conosciute sono risultate false.Lo storico inglese Charles Burney, ospite della nostra penisola si illuse di poter diventare famoso grazie ad un documento straordinario di cui era entrato in possesso. Era un “Libro della Musica di Salvator Rosa” acquistato per pochi soldi da una discendente del pittore. Conteneva 23 composizioni e in calce a una di queste era vergata a mano la scritta: «Le seguenti arie sono di Salvator Rosa, parole e musica». Mister Burney già sognava i vantaggi economici e morali che avrebbe tratto da quella scoperta. Ma si dovette svegliare bruscamente quando scoprì che l’astuta falsaria lo aveva ingannato, proprio con quella frase che lui riteneva fosse la prova determinante.

La frase sibillina

Infatti, quelle parole che ad una prima lettura apparivano inequivocabili, non lo erano per niente. Potevano significare, è vero, che il pittore fosse l’autore di quelle arie, ma anche che fosse soltanto il proprietario del libro. Quindi quel “documento straordinario” non dimostrava nulla. Se non forse, la presunzione del britannico di riuscire a strappare il libro a quella donna che non ne conosceva il suo reale valore. Gli eventi invece dimostrarono che era stato lui a non rendersi conto del raggiro in cui era caduto. Il nome più prestigioso tra coloro che hanno realizzato questi falsi d’autore è certamente quello di Salvatore Di Giacomo. Perché lo abbia fatto non è chiaro. Forse per suffragare la sua convinzione che Salvator Rosa fosse l’autore della tarantella. Oppure perché, come lo storico inglese, voleva diventare colui che aveva risolto l’annoso mistero.

La maestria di Salvatore Di Giacomo

Di sicuro bisogna riconoscergli la bravura realizzativa. Infatti, pur non potendo contare sugli strumenti di Photoshop, fece un lavoro eccellente. Con un supporto e una tecnica di stampa simili a quelli utilizzati nel Seicento, realizzò il suo documento taroccato di grande effetto. Una pagina che riportava in bella evidenza il titolo e l’autore, ovviamente Salvator Rosa. Il falso però, anche se a distanza di tempo, fu scoperto e don Salvatore non ci fece una bella figura, ma non risultano ulteriori conseguenze. Messo da parte il dilemma sull’autore, si apre quello ben più difficile riguardante il significato del testo. La traduzione letterale non presenta particolari difficoltà. Il problema è che volendo essere onesti e mancando una reale chiave di lettura, anche se tradotto quel testo non significa niente. Forse esageriamo! Ma chi può dire di aver compreso “al di fuori di ogni ragionevole dubbio”, la narrazione contenuta in quei versi? È come un film privato di molte parti, per cui non c’è un continuum e quelle che compaiono tra un’interruzione l’altra, non permettono di comprendere la trama complessiva.   

La ricerca del significato profondo di Michelemmà

Eppure, nonostante la difficoltà di scoprire quello che si trova in superficie, c’è chi vorrebbe andare in profondità. Il risultato è che, come per l’autore anche per la canzone da oltre un secolo ci si arrovella cercando invano il significato “recondito” di quei versi. È ovvio che tutti quelli che hanno fatto delle ricerche approfondite abbiano trovato delle proprie teorie. Il problema è l’attendibilità di queste teorie. Quindi tenendo fuori i critici di professione, che fanno il loro lavoro in un contesto organico, chi si diletta dovrebbe essere più cauto. Tirare in ballo la storia, la semantica e il significato allegorico delle parole, per una canzone popolare è quanto meno sproporzionato.

L’iperbole della scarola

Perché poi succede che qualcuno spiega che la “scarola” altro non è che un’iperbole per rappresentare il mondo alla rovescia. Un qualcosa a cui gli antichi greci facevano riferimento come alla mitica età dell’oro equivalente al Paradiso Terreste. Certo dovevano essere bravi questi cantastorie per inventare delle filastrocche utilizzando figure retoriche della filosofia ellenica!? Ma si spiegherebbe, forse, se l’autore fosse Salvator Rosa? Meno che mai. Era un grandissimo pittore e tante altre cose ma il suo percorso scolastico non era stato né lungo né brillante. Infatti, nonostante le aspettative dei genitori che lo avrebbero voluto prete o avvocato, abbandonò presto gli studi regolari per seguire la strada dell’arte. 

Chi o cos’è Michelemmà?

Le difficoltà di interpretazione della canzone iniziano già con il titolo. Chi o cos’è Michelemmà? Che cosa fa o che cosa le fanno?  Poi c’è quella benedetta scarola, che gli “studiosi” cercano di analizzare al microscopio. Ragazza riccia, ragazza ischitana o vegetazione dell’isola d’Ischia, sono le ipotesi accettate in prevalenza. Ma non mancano i grandi voli pindarici come nel caso dell’iperbole filosofica greca. Comunque, l’interpretazione classica di Michelemmà ha per protagonista una ragazza di nome Michela, riccioluta e nata in mezzo al mare. Su un’isola probabilmente. È talmente bella che solo un privilegiato riuscirà a conquistarla. Per lei gli amanti fanno follie e si suicidano a due alla volta. È figlia di un notaio e porta un medaglione raffigurante la stella Diana.

Michelemmà è l’isola d’Ischia?

Poi c’è l’ipotesi isola d’Ischia, che non sembra essere la più stravagante. Trattandosi di un’isola, per di più di origine vulcanica, non è erroneo pensare che sia venuta fuori dal mare. Scarola sarebbe l’immagine riccioluta della vegetazione osservata dal mare. Almeno all’epoca. Era un porto dove sbarcavano i turchi e quindi anche una località dove potevano riposare. E facevano anche di tutto per conquistarla, contendendola chi dal monte, chi dalla spiaggia. Michela sarebbe l’arcangelo Michele protettore di Sant’Angelo d’Ischia.

È così importante conoscere il significato delle canzoni

Poi ci sono tante altre interpretazioni più o meno condivisibili, anche se in fin dei conti è così importante tradurre Michelemmà come fosse un’orazione di Isocrate? Una canzone deve suscitare emozioni in chi l’ascolta. Spesso siamo innamorati di canzoni inglesi di cui non conosciamo nemmeno il significato. Quante canzoni straniere ascoltiamo senza capire una parola del testo? Lo dimostra Adriano Celentano con una canzone che nel 1973 divenne famosa in tutto il mondo: Prisencolinensinainciusol. Le parole di questo testo sono assolutamente prive di significato.

Quando nessuno ricorderà Celentano

Tuttavia, proviamo ad immaginare che tra molti secoli, quando sarà sparito anche il ricordo di Celentano e delle sue canzoni, qualcuno trovi questi versi. Di sicuro i più grandi studiosi della musica scenderanno in campo per fornire le loro teorie. Artificiose e campate in aria, ovviamente. Per cui nascerà il mistero di Prisencolinensinainciusol che per secoli farà scervellare gli studiosi. Comunque, c’è stato chi è riuscito veramente ad interpretare Michelemmà: Roberto Murolo, su tutti, Sergio Bruni, Massimo Ranieri, Bruno Venturini, Franco Ricci e gli Osanna in una particolare versione rock.

Fonte : Napolinpillole , art. Enzo Abramo