Appunti di viaggio di Pippo Ferraro riordinati e redatti da Simona Bellini


Mio padre Nunzio nasceva nel 1920 a Vizzini, un piccolo paese vicino Catania. Avrei appreso successivamente da mia madre – appassionata cultrice di opera lirica – che qui erano state ambientate le vicende della novella “Cavalleria Rusticana” di Giovanni Verga, in seguito ripresa nell’omonimo melodramma di Pietro Mascagni. Egli apparteneva ad una famiglia numerosa per nulla facoltosa quindi, a 19 anni, portati a termine gli studi classici liceali, faceva il suo ingresso alla Scuola Ufficiali dell’Esercito per essere catapultato, dopo soli sei mesi, sul fronte della Guerra d’Africa. Dopo breve tempo, nell’autunno del 1940 veniva fatto prigioniero dagli Inglesi e trasferito in un campo di concentramento in India dove sarebbe rimasto fino al 1945. Durante il periodo di prigionia si dedicava con passione allo sport ma soprattutto coltivava lo studio della lingua inglese tanto da conquistarsi la posizione di interprete ufficiale del campo, mettendosi inoltre a disposizione dei medici italiani lì presenti.

Al ritorno in Italia si scontrava con una realtà ancor più cruda e, come tanti reduci di guerra, aveva serie difficoltà ad inserirsi nel tessuto sociale e a trovare un’occupazione. Fino a che una delle sorelle, trasferitasi in Puglia vicino Foggia al seguito del marito insegnante di ginnastica, non lo invita a raggiungerlo con l’obiettivo di un matrimonio vantaggioso, come spesso accadeva all’epoca. Un facoltoso grossista di formaggi aveva due figlie da maritare entrambe con un bagaglio scolastico-culturale ben scarno, infatti si erano fermate alla quinta elementare, ma la loro posizione economica era invidiabile. Erano molti i pretendenti, anche di rilievo, come il sindaco, il farmacista, l’avvocato del posto, insegnanti e commercianti ma nonostante l’agguerrita concorrenza il mio giovane padre, di bell’aspetto, ex sottotenente dell’Esercito e di buona cultura sovrastava tutti gli antagonisti.

In breve tempo si erano succeduti incontro, fidanzamento e matrimonio con la maggiore delle sorelle, Antonietta detta Ninetta, la ragazza che di lì a due anni sarebbe diventata mia madre.

Tuttavia il benessere dei due sposi non era destinato a durare a lungo. Non ho mai potuto sapere cosa fosse veramente accaduto dopo la morte del mio nonno materno, sicuro è che la giovane famiglia in senno alla quale ero venuto al mondo da poco più di un anno, aveva dovuto affrontare un tracollo finanziario devastante. Tante volte avevo chiesto delucidazioni sull’accaduto ma mio padre, che sempre si era dimostrato disponibile rispetto alle mie domande di bambino, su questa vicenda conservava un silenzio invalicabile. Che bello era, dopo ogni film visto insieme al cinema, specialmente western con gli eroi di Hollywood degli anni ‘50, da John Wayne a Gary Cooper, da Kirk Douglas a Glenn Ford, ascoltare mio padre spiegarmi frasi o situazioni per me, bambino curioso come solo i bambini sanno essere, incomprensibili. Quelle poche e chiare parole sono ancora dentro di me cosi’ come la sensazione di essere ascoltato e… amato.

Quindi dopo il tracollo finanziario della mia famiglia i miei genitori si rimboccarono le maniche ed essi divennero venditori itineranti di libri, su buona parte del territorio nazionale. Questa attività li portava a spostarsi molto di frequente e, fino a quando non fui in eta’ da dover frequentare regolarmente la scuola, ciò non rappresentò un grande problema. Ma a quanto pare nemmeno dopo visto come sono andate le cose. Ho molti ricordi di città diverse ma all’epoca non mi rendevo conto della labilità delle mie radici. Quando gli altri bimbi, a 6 anni, iniziavano ad andare regolarmente a scuola, io ancora viaggiavo come un nomade insieme ai miei genitori. Cominciò quindi il susseguirsi nella mia vita di maestri a domicilio che mi preparavano ad esami privati. Non ho mai perso la sensazione di essere promosso, sempre, per una forma di compassione che probabilmente tutti provavano per questo bambino grassottello che palesemente non stava vivendo un’infanzia “normale”. Accadde anche, in più di un’occasione, che il non potersi fermare abbastanza per riuscire a sostenere gli esami necessari, comportasse la perdita di anni scolastici, emotivamente devastante per me ma nessuno mai lo seppe. E questo vorticoso girare l’Italia durò fino all’eta’ di 12 anni quando presi la licenza elementare in maniera alquanto rocambolesca. Ancora per pietà? Non l’ho mai saputo veramente.

Eravamo agli albori degli anni ‘60, il boom economico era alle porte e mio padre, famiglia al seguito, non era piu’ costretto a viaggiare per sbarcare il lunario. Finalmente era arrivata un’occasione di lavoro che ci avrebbe permesso di mettere radici. E non un’occasione da poco. Qualcuno comprese le sue potenzialità ed egli divenne responsabile di un’organizzazione di vendita che ci permise una residenza stabile, un sogno, prima a Roma e in seguito a Napoli. Qui, dal suo ufficio casalingo – antesignano dell’attuale smart-working – dirigeva la sua unità. Dopo tre anni fece addirittura carriera e, grazie alla sua buona cultura generale e alla sua intraprendenza, alla conoscenza delle lingue e alle esperienze accumulate nel campo commerciale, divenne direttore organizzativo di una ditta di Nocera Inferiore, in provincia di Salerno, che produceva avvolgibili.

Avevo appena completato il ciclo scolastico delle scuole medie, vissuto da me come un colpo di fortuna inaspettato, quando la mia famiglia si stabili’ a Cava de’ Tirreni, un piccolo paradiso gradevole e culturalmente evoluto, che mi avrebbe offerto, finalmente, stabilità. Nel frattempo era nato mio fratello Vincenzo, dieci anni dopo di me. Lui non avrebbe dovuto vivere da nomade! Iniziò infatti il suo percorso scolastico li’ dove poi lo avrebbe completato. Quali segni, invece, avrebbe lasciato in me un’infanzia senza sentirsi veramente parte di qualcosa?


Appuntamento a sabato prossimo per la pubblicazione di un altro capitolo del libro

“Il pianista dell’oblò”



“Il pianista dell’oblò”

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