a cura della Redazione GreenMe
Spiegare l’amore non si può, ma quando la scienza ci mette lo zampino ecco che nasce la formula della coppia perfetta. L’amore è qualcosa di misterioso fin nel suo concetto: qualcosa che si afferra più spesso col cuore che non con la ragione. Tale è anche la coppia, un impasto fluido di sentimenti ed emozioni proiettato verso un futuro in movimento. Non siamo razionali, non siamo prevedibili, non siamo logici quando c’è in gioco l’amore, e mai lo saremo. Questo è il bello di una tra le poche aree della nostra vita che non ci obbliga entro degli schemi e non ci forza ad assumere determinati atteggiamenti o puntare a certi risultati. Tuttavia, come tutte le cose misteriose, l’amore ha da sempre affascinato gli scienziati delle più varie discipline, portandoli a ricercare leggi e formule dove quasi mai se ne possono stabilire.
È il caso dei professori John Gottman, psicologo, e James Murray, matematico, che dagli anni ’90 studiano le coppie innamorate in cerca di un’equazione che riassuma in termini matematici la perfezione dell’amore.
Gottman, ricercatore all’università di Washington, iniziò trent’anni fa gli studi per stabilire quali fossero le caratteristiche del matrimonio perfetto, e lo fece esaminando centinaia di coppie appena sposate. I partner venivano osservati mentre discutevano tra loro per quindici minuti, mentre gli studiosi esaminavano le reazioni positive e negative che intervenivano nel dialogo. Per fare un esempio, ogni sorriso affettuoso poteva corrispondere a un punto in più, ogni piccolo gesto di fastidio o inflessione aggressiva a un punto in meno da calcolare su una scala di valori ideali. Dai dati raccolti lo psicologo e il matematico hanno tratto la cosiddetta equazione dell’amore, che assicurano funzionare nel 90% dei casi.
A pesare sul risultato, e quindi sulle chance di lunga durata dei matrimoni esaminati, era la differenza tra le emozioni che entrambi i partner mostrano quando sono soli e quando sono in compagnia del coniuge. L’equazione si stabiliva matematicamente tenendo in conto i due soggetti, la qualità del loro umore e il peso dell‘influenza del partner su di loro.
Gottman e Murray hanno scoperto qualcosa di importante? In realtà no, perché si sono limitati di fatto a ribadire l’importanza di una buona comunicazione tra i partner come fattore essenziale per il successo della relazione. Ciò che è interessante nel loro lavoro è più che altro il gioco, il tentativo di far passare il linguaggio impalpabile dell’amore dentro un altro sistema di segni, quelli inequivocabili del matematico. Ma l’equazione non dà risposte né soluzioni: il dialogo è un confronto senza fine e si contamina con le centinaia di stimoli, emozioni e ostacoli di tutti i giorni che una coppia vive insieme.
Ma Gottman, da buono psicologo, aggiunse pubblicamente che la formula non è proprio senza utilità: infatti, se nel corso dei dialoghi tra le coppie osservate ogni sorriso e gesto affettuoso facevano aumentare il “punteggio del matrimonio”, ciò continua a valere anche dopo. Niente come i piccoli gesti d’amore è in grado di fare da balsamo a una relazione, niente come questo mostra nel corso degli anni una capacità preventiva contro le crisi.
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