omaggio ai Creedence Clearwater Revival – al pianoforte Pippo Ferraro


I Creedence Clearwater Revival sono forse il più importante gruppo rock di tutti i tempi, benché, tra i grandi, siano forse i più apparentemente ordinari. Nella piramide del rock, i Creedence Clearwater Revival si trovano infatti alla base, in quel quel minimo comun denominatore a partire dal quale, in un senso o in un altro, si possono definire tutti i sottogeneri che si vuole. A un estraneo che chiedesse un esempio significativo di rock non potremmo, pertanto, che presentare un brano dei Creedence Clearwater Revival. Quanto sia importante la formalità nell’operazione dei Creedence Clearwater Revival, lo dimostrano le loro cover. Come la storia ci insegna, molte avanguardie storiche – in arte e musica – si sono sviluppate paradossalmente proprio dal recupero dei modelli legati al passato e alla tradizione. Così i Creedence Clearwater Revival facevano canzoni o riprendevano canzoni dal country-rock n’roll di vent’anni prima; il punto è che le suonavano in modo completamente diverso. I gruppi proto-rock anni 60 facevano cover non solo per “imparare” – o perché ancora, all’epoca, non era certo scontato che il compositore e l’esecutore fossero la stessa persona – ma anche e soprattutto perché la loro era un’attività essenzialmente formale: si doveva abbandonare il continuum blues per il sincopato rock, si doveva trovare – conseguenza e mezzo di questo abbandono – la perfetta sinergia tra chitarra, basso e batteria.
Per ripercorrere la storia dei Creedence Clearwater Revival bisogna ricordare innanzitutto la figura di Ellis McDaniel, più noto come Bo Diddley. Costui è una delle personalità più importanti della storia della musica. Formatosi a Chicago, come il padre del rock n’roll Chuck Berry, è la prova tangibile di come il rock n’roll sia nato dal blues elettrico dei neri di Chicago – qui approdato dal Texas del leggendario Blind Lemon Jefferson – degli anni 40 (Willie Dixon, Howlin’ Wolf, Muddy Waters, tutti grandissimi chitarristi e compositori nati a inizio secolo, a cui va aggiunto Sonny Boy Williamson, che suonava l’altro strumento-base del blues, l’armonica a bocca). È importante notare come tutti questi artisti padri del rock n’roll prima e del rock poi siano stati neri; quando tutti i figli loro saranno bianchi. Mentre Chuck Berry si affrancò dal blues facendo appunto il rock n’roll, Diddley continuò sulla strada del blues aggiungendo ritmo, ma mantenendo un tono medio, sia alla voce che alla chitarra. È quel medio che, dopo la sfuriata rock n’roll, si rivelerà la base del rock a cui non resterà che aggiungervi i due elementi portanti del rock n’roll: l’assolo bruciante alla chitarra e l’urlo iconoclasta.
I Creedence Clearwater Revival consistono nell’innalzamento degli accordi e volumi di Diddley a quelli di Berry e nel contemporaneo ripiegamento di tutti gli eccessi del secondo a mezzo del tono-medio compassato del primo. In altri termini: Diddley fornì al rock la sezione ritmica; Berry la chitarra. Diddley dette i suoi seminali e numerosi capolavori (almeno una ventina, tra cui impressionanti free-speaking) tra il ’55 ed il ’57. Da questi né gli artisti blues moderni (Rolling Stones, Eric Clapton), né poi i nascenti rocker – ed ecco i Creedence Clearwater Revival – potranno prescindere. Perché Diddley, nel suo medio, era utilizzabile tanto in senso reazionario (blues) quanto progressista (rock). Imparata questa lezione, dal 1968 al 1970 – in tre anni – i Creedence Clearwater Revival faranno cinque album. Il sesto, nel 1972, può considerarsi anche un album estrinseco. Come pochi nella storia, il gruppo manterrà sempre una medesima line up: il leader e compositore John Fogerty (1945) al canto e alla chitarra solista, gli straordinari comprimari – e coetanei – Doug Clifford (alla batteria) e Stu Cook (al basso) e il fratello di John, Tom, alla chitarra ritmica – il più vecchio di tutti (che nel ’68 aveva però solo 25 anni). Nel 1968 in California – che proprio in quest’epoca getta le basi per divenire il centro più ricco, popoloso e moderno del mondo – siamo in piena epoca hippie e psichedelica. San Francisco, con l’acid-rock di Jefferson Airplane e Grateful Dead, è l’epicentro del movimento. Musicalmente, per quest’epoca, si parla, parallelamente alla rivoluzione psichedelica, di un reazionario revival, sia in Inghilterra che negli Stati Uniti. In realtà, si tratta di facce della medesima medaglia. E più che di rottura è meglio parlare di continuità. Se, a certi livelli, i nuovi anni 70 – vedi il cantautorato e l’hard-rock – significheranno un ritorno all’immediatezza musicale dopo gli eccessi di fine 60 (Velvet Underground, Red Crayola, Frank Zappa ecc.), ad altri livelli ciò comporterà un gap in buona misura incolmabile con la nuova musica sofisticata della medesima epoca: l’evoluzione del progressive, dell’elettronica, di Canterbury. Se a fine 60 si hanno ibridi tra rock e non-rock, a inizio 70 è facile distinguere ciò che è rock da ciò che non lo è (come la kosmische musik). Da una parte la semplificazione, quindi, dall’altra l’esasperazione. I Creedence Clearwater Revival furono tra coloro che operarono per sottrazione. Ma – checché ne dica il loro nome – il revival dei Creedence Clearwater Revival, se di revival si tratta – già, perché il folk ed il blues in America non sono mai morti -, è un revival comprensibile solo una volta tenuti presente i Jefferson Airplane e compagnia, ossia quell’articolato e cerebrale rock psichedelico e acido che proseguì il primordiale discorso avviato dal folk-blues. Nel 1968 i Jefferson Airplane erano al loro quarto album. I losangelesi Byrds al quinto, i loro padri e concittadini Beach Boys oltre il decimo, i lori figli e concittadini Doors al terzo. Dopo che tutti costoro si sono allontanati dal folk-blues (mantenendo comunque un filo sottile), i Creedence Clearwater Revival vi ritornano, ma restano inspiegabili senza gli eretici del folk-blues degli anni 60. E di revival – blues, folk, neoclassico – sarà forse più il caso di parlare per la Gran Bretagna (ad esempio John Mayall, Fairport Convention, Alexis Korner, Moody Blues); pur restando vera l’attività in America – e in California – di Janis Joplin, Gram Parsons, The Band. Il fatto è che più di revival si tratta di sofisticate contemplazioni della tradizione rivissute con il distacco del mito e le malizie moderne. I Creedence Clearwater Revival, in questo senso, sono stati molto più innovativi che “revivalisti”.

Creedence Clearwater Revival

“I Tributi di Pippo”

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