Appunti di viaggio di Pippo Ferraro riordinati e redatti da Simona Bellini


Sylvie alzò un braccio per ringraziarmi quando ebbi finito di suonare il pezzo che mi aveva chiesto. Prima di ritirarsi si avvicinò e mi sussurrò buonanotte in un orecchio, uscendo subito dopo dalla sala. Senza ombra di dubbio i nostri rapporti stavano cambiando ed ancora una volta mi domandai come fosse possibile che una persona che non molto tempo prima mi risultava così antipatica ora invece mi stesse offrendo tante emozioni. Forse era meglio frenare la mia fantasia. Sylvie aveva 20 anni meno di me ma soprattutto era la figlia del proprietario dell’albergo nonché mio datore di lavoro. Tuttavia anche il solo pensiero dell’eventuale, e più che probabile, rifiuto da parte sua mi faceva sentire ridicolo. Stavo immaginando la scena ed il suo volto sul quale vedevo stampato un sorriso sarcastico.

– Ma Giuseppe… davvero hai pensato che avrei potuto avere una storia con te che hai quasi l’età di mio padre?

Se avessi permesso a tutto questo di accadere non mi sarebbe rimasto che salutarla in modo frettoloso e sfuggente ogni qualvolta l’avessi dovuta incontrare. E questo sarebbe accaduto spesso. Non avevo nessuna voglia di cacciarmi in una situazione cosi’ mortificante..

Finita la serata chiusi quindi il pianoforte e, spenti impianto voci e tastiera, salutai Paul e la cameriera intenta a rassettare i tavoli. Per raggiungere il mio alloggio non era necessario passare dalla portineria ed infatti uscii da una porta della sala ristorante che si poteva aprire solo dall’interno. Ormai conoscevo a memoria il cammino che comunque era illuminato da una fioca luce di soccorso.

Ero quasi arrivato quando sentii una voce sussurrata scandire il mio nome.

– Giuseppe!

Solito ritardo nel realizzare che Giuseppe ero io mentre pensavo di averlo solo immaginato quel richiamo. Ma poi lo sentii di nuovo.

– Giuseppe!

Dall’oscurità vidi uscire la sagoma di Sylvie che mi veniva incontro.

Mi sforzai di rimanere calmo per capire bene cosa stesse succedendo prima di trarre conclusioni affrettate. Le chiesi se avesse bisogno di qualcosa visto che si era cambiata ed ora aveva indosso una delle sue tute informi. Era a mezzo metro da me.

– Non riesco a dormire.

– Neanche contando le pecore?

– E’ per colpa tua.

– Mia? Non ho suonato bene Elton John?

Era tutto cio’ che ero riuscito a dire ma mi occorreva tempo per riprendermi dall’attimo di smarrimento e sorpresa che mi aveva assalito.

– Non fingere di non aver capito Giuseppe.

Mi piaceva come pronunciava il mio nome.

– Ti raggiungo tra due minuti, non vorrei che mi vedessero.

– Mi raggiungi dove?

– Ma nel tuo alloggio! Vai, arrivo tra poco.

Quell’incontro inaspettato realizzatosi nella penombra, il parlare mormorando e tutta quell’aria di cospirazione mi avevano messo in uno stato di agitazione in cui si mescolavano eccitazione per quello che poteva avvenire di li’ a poco, meraviglia per come stava evolvendo la serata ed un leggero ma fiero compiacimento ma ero ancora incredulo e dubbioso che ci fosse un’altra spiegazione che non era quella che sognavo io. Mi avviai verso l’uscio della mia abitazione mentre, con la coda dell’occhio la vidi sedersi su un muretto celato dal buio. Avrei avuto un po’ di tempo per riordinare le idee e mettere a fuoco quello che stava accadendo? Erano passati meno di due minuti da quando ero entrato, mi ero appena tolto giacca e cravatta, che sentii aprire la porta d’ingresso. Avevo avuto diverse storie, anche fugaci, senza alcun impegno emotivo e spesso anche furtive ma questa si stava rivelando proprio fuori dell’ordinario. A 41 anni non avevo davvero messo in conto la conquista di una sexy e disinibita ventunenne non possedendo caratteristiche di particolare attrattiva, dall’aspetto fisico all’autorevolezza o al fascino della ricchezza. Non sapevo se sentirmi lusingato o protagonista di un colossale malinteso.

– Chi è?

Sapevo benissimo chi fosse. Possibile che non mi fosse venuto nulla di meglio da pronunciare al suono del suo toc toc alla porta?

Entrò senza rispondere alla mia domanda e senza dire nemmeno una parola spense la luce e mi spinse dolcemente ma con fare deciso verso la camera da letto. La luce soffusa dei lampioni proveniente dalla strada dava alla stanza un’atmosfera calda e accogliente senza nulla togliere al piacere di vedere Sylvie in tutta la sua bellezza. Ci spogliammo senza fretta accarezzandoci e baciandoci prima dolcemente poi sempre con crescente passione. I suoi seni quasi acerbi erano ben proporzionati rispetto al suo corpo mentre le gambe tornite e muscolose tradivano la sua passione per lo sci.

erano le 3,30 del mattino e la vidi dalla finestra che attraversava la strada velocemente per Non ci risparmiammo ed era ormai l’alba quando lei attraversò la strada per tornare in albergo. Ora nella mia stanza aleggiava una calma irreale. Per un attimo temetti di aver solo sognato quella lunga notte di passione ma i segni che Sylvie aveva lasciato sul mio corpo erano inequivocabili.

Ho sempre avuto, e la conservo ancora oggi, l’abitudine di svegliarmi presto. Molti, e a ragione, la considerano abbastanza inconsueta visti gli orari particolari del mio lavoro. Tanto che mi sentivo spesso chiedere come mai fossi comunque cosi’ mattiniero quasi questa caratteristica non rappresentasse l’immagine dell’artista sregolato e scapestrato che si aspettavano di ritrovare in me. Quel mattino probabilmente li accontentai perché invece che alle otto mi presentai a consumare la colazione ben oltre le dieci.

Sylvie era alla reception ma non si scompose affatto nel vedermi. Non credo dissimulasse il mio stesso tumulto interiore che a malapena riuscivo a controllare pur ritenendolo assolutamente doveroso sia per non metterla in difficoltà sia per evitare a tutti i costi di far sorgere dubbi in suo padre. Dovevamo guardarci in special modo da D. che non si sarebbe sicuramente lasciata sfuggire l’occasione di crearci enormi problemi svelando il nostro segreto ma era necessario che tutto il personale dell’hotel dovesse rigorosamente restare all’oscuro della piega che aveva preso il nostro rapporto.

– Buongiorno Giuseppe, dormito bene?

Invidiavo il suo totale autocontrollo mentre tentavo un saluto formale ingoiando vistosamente per mascherare l’imbarazzo.

– Ho fatto un sogno ma non posso raccontartelo perche’ non me lo ricordo molto bene.

Girò lo sguardo intorno a noi e non vedendo nessuno nei paraggi mi rispose sorridendo.

– Vedrai che se ti concentri lo ricorderai senz’altro.

Era intrigante stare al gioco.

– Non so, devo essermi agitato parecchio. So soltanto che stamattina ho trovato i miei vestiti sparsi sul pavimento e non riesco ancora a capire come sia potuto accadere…però ti prometto che se la la prossima notte dovessi sognarlo ancora prenderò appunti per raccontartelo.

Ora stava parlava a voce bassissima.

– Ci saro’ io a tenerti sveglio.

Monsieur B. stava scendendo le scale.

– Buongiorno Giuseppe, come va? Ha visto che bel sole oggi? Non va a sciare?

– Non credo, penso proprio che resterò a prendere un po’ di sole sulla terrazza.

Dentro di me sorrisi pensando che non fosse davvero il caso di rischiare i menischi già provati dalla non proprio tranquilla nottata precedente soprattutto in vista di quella successiva.

L’avevamo scampata per un nonnulla ma la complicità che ne stava scaturendo rendeva ancora piu’ piccante la situazione.


Appuntamento a sabato prossimo per la pubblicazione di un altro capitolo del libro

“Il pianista dall’oblò”