a cura della Redazione “Fumetto Story”


Nella stessa ottica si inserì il rinnovo, nel 2005, del sito Internet, a cui fu riservato molto spazio nel settimanale, allegando un paio di occhiali 3D da utilizzare nella navigazione del portale. La sua idea di far vedere la città e le case dei personaggi è sfruttata ancora oggi in iniziative come I Love Paperopoli.

La primavera del 2004 rappresentò un momento di svolta per la forma che Muci voleva far assumere al settimanale. Topolino n. 2520 introdusse una nuova grafica e presentò il primo pezzo di un gadget faraonico: il galeone di Topolino, l’oggetto più ambizioso prodotto fino ad allora, a cui avrebbe fatto seguito l’altrettanto imponente castello di Wizards of Mickey. Attraverso i nuovi interni, dice Muci, «cercavo l’allegria e il colore. Ci siamo divertiti a sperimentare con idee che colpissero l’attenzione, anche in copertina. Abbiamo giocato con il logo della testata, con le lettere che lo formano, cosa che per politica aziendale era proibita».

storia topolino direttori

Abbandonato il criceto Bruce, si tentò di andare nella direzione opposta, con una rubrica per i lettori più grandi intitolata “Vietato ai minori”. La redazione pensò di ammiccare al milione e 520 mila lettori adulti che Audipress rilevava all’epoca con qualche pagina dedicata alle loro testimonianze. «Abbiamo un modello ambizioso: il vecchio Cuore degli anni Novanta» spiegava Muci in un’intervista a La Stampa. Ma l’occhio era sempre puntato al lettore più piccolo e il nuovo rimpasto grafico aggiunse una prima pagina in cui si poteva personalizzare la propria copia. Nessuna delle due iniziative ebbe vita lunga.

Questo equilibrismo tra mondo degli adulti e spazio per i bambini, che spesso assunse connotati schizofrenici, è rappresentato bene dall’iniziativa del 2001 in cui i lettori furono chiamati alle urne per decretare il sindaco di Paperopoli. «L’iniziativa delle elezioni puntava a inserire la “realtà di Topolino” nella realtà vera» disse Muci. I piccoli avrebbero potuto imparare qualche concetto relativo al processo democratico, i grandi si sarebbero divertiti a creare alcuni imprevedibili cortocircuiti.

Il “Partito dei ricchi” promosso da Zio Paperone non poteva non ricordare il candidato che sarebbe uscito vincitore dalle elezioni del 2001, Silvio Berlusconi. «Ora, la Disney aveva una policy aziendale molto rigida, per cui non si poteva parlare di politica, religione e di altri argomenti ritenuti “divisivi”. Si è combattuto un po’, per fortuna ho avuto come meravigliosa complice Gabriella Crespi, che allora era direttrice marketing. Alla fine i dirigenti si sono convinti, era chiaro che avremmo fatto tutto in punta di forchetta, senza prendere posizioni.»

«Ho ammirato e invidiato il suo approccio senza regole quando partiva con un’idea pazzesca e non la fermava più nessuno» dice Valentina De Poli, che subentrò a Muci nel 2007. «Il coraggio incosciente con cui affrontava determinati argomenti di cui si innamorava era un’arma vincente.»

Muci era – ed è – critica verso una certa scrittura ombelicale che dimentica il pubblico largo, in favore di un autocompiacimento apprezzabile da pochi lettori. «C’erano e ci sono autori (pochi, ma che purtroppo scrivono solo storie portanti) che non pensano ai bambini, ma solo agli adulti e si sente. A volte io stessa facevo fatica a capire dove volevano arrivare.» L’adultizzazione di cui parla la direttrice, ammette lei stessa, «oggi come oggi ha un senso, visto che il target si è molto alzato e riguarda in buona parte i collezionisti», ma all’epoca rendersi indispensabili nella dieta ludica dei bambini sembrava un obiettivo ancora alla portata del settimanale.

Muci mirò a quel bersaglio con tutte le frecce a disposizione. La sua gestione peccò per eccesso ma piantò semi che sarebbero germogliati negli anni seguenti. «Penso di aver restituito a sceneggiatori e disegnatori il posto d’onore che meritavano e aver cercato di dare a ogni persona della redazione uno spazio di divertimento professionale. Aver molto amato i lettori e avere fatto davvero di tutto per divertirli e sorprenderli con un pizzico di follia.»

Il senso per Topolino di Valentina De Poli (2007-2018)

Simonetta Agnello Hornby e Valentina De Poli storia topolino direttori
Simone

Milano, dicembre 2007. Tra il marmo, il travertino e l’acero del Centro Svizzero, la neo-direttrice Valentina De Poli presenta il nuovo Topolino, ripensato nella struttura – un sommario costruito su «topolinee» della metropolitana – e con una storia che rappresenta la cifra stilistica dei successivi undici anni di storie, ossia fumetti che tenevano un piede nel passato e uno nella contemporaneità: Zio Paperone in… un altro Natale sul Monte Orso (di Tito Faraci e Giorgio Cavazzano), sequel della prima apparizione di Zio Paperone. Topolino n. 2717, distribuito in doppia copia per essere regalato, era il manifesto programmatico della gestione De Poli, entrata in carica nell’aprile di quell’anno.

topolino 2717

Quella di De Poli è una storia che fa il giro: era entrata in redazione ancora studentessa, nel 1987, un mese prima che Topolino passasse a Disney Italia. Una cugina della madre che collaborava con alcune testate come esperto medico l’aveva messa in contatto con Mondadori; Elisa Penna le aveva assegnato una parte della corrispondenza dei lettori per formulare le risposte. «In verità covavo la speranza che mi venissero assegnate le letterine di Dolly, settimanale per adolescenti di grande successo. E, invece, tornai a casa con un pacchettino di lettere per il mercatino di Topolino “Cambi & Scambi”.»

Messa a condividere la scrivania con il caposervizio Massimo Marconi, lo aveva seguito nelle sue attività quotidiane e ne aveva fatto la guida principale in quegli anni di apprendistato. «Quando mi accorgo che sto facendo qualcosa di buono mi rendo conto che l’ho imparato da lui», disse nel 2008.

topolino 2007

«Da lì ho percorso tutte le tappe del lavoro editoriale, dalla segreteria passando per la ricerca fotografica, dalla correzione di bozze al lavoro giornalistico vero e proprio in giro per l’Italia» ricordava. Dopo essere diventata giornalista, e aver preso parte al progetto PKNA, aveva lavorato tre anni alla Gruner + Jahr occupandosi di giornali femminili, per poi tornare nel 2001 come direttrice dell’area pre-scolare e femminile dell’editore, supervisionando mensili come W.I.T.C.H., Art Attack e Disney Cucina.

«Claretta aveva lasciato un vuoto umano enorme, e quindi era comprensibile qualche malumore. L’affiatamento e la fiducia andavano subito recuperati.» In una certa misura, essere un volto noto della redazione non le giocò a favore: «Ho dovuto fare i conti con realtà che conoscevo nel profondo da sempre, alcune notoriamente spinose. È stato doloroso ritrovare nelle persone che avevano già lavorato con me anni prima un po’ di diffidenza nei miei confronti. Credo che qualcuno avesse approfittato per seminare un po’ di zizzania e portare avanti qualche giochino politico».

Consapevole che gli autori della vecchia guardia l’avrebbero potuta prendere sottogamba avendo nella testa «l’immagine di Valentina con le calzette corte, i sandaletti e i codini dei suoi vent’anni», li stimolò affinché realizzassero opere di valore. «Alcuni si sono tirati indietro da soli di fronte a una richiesta che non fosse solo “ho bisogno di storie”, ma “ho bisogno di storie belle”», quelli rimasti invece scatenarono un potenziale prima sopito, come Casty, artefice di avventure dal sapore scarpiano.


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