a cura della Redazione “Fumetto Story”


Nato nel Natale 1932, Topolino era inizialmente pubblicato in formato tabloid. Tredici anni più tardi, alla guida del giornale si erano succeduti gli editori Giuseppe Nerbini e, dal 1935, Arnoldo Mondadori, e cinque direttori (Paolo “Collodi nipote” Lorenzini, Mario Nerbini, Antonio Rubino, Ettore Della Giovanna e Giorgio Mondadori). In quel periodo Mondadori iniziò a stampare Selezione dal Reader’s Digest, versione nostrana dell’omonima rivista statunitense, utilizzando la nuova e costosa rotativa Vomag. Per ammortizzare i costi del macchinario e far fronte al calo di popolarità della testata, Topolino si adeguò al formato tascabile di Selezione, facile da mettere in borsa o nello zaino, e azzerò la numerazione.

Con una nuova veste editoriale, Topolino libretto ripartì dal numero 1, in edicola il 7 aprile 1949. Aveva una foliazione di cento pagine, usciva a cadenza mensile ed era spillato. Al suo interno c’era la conclusione di Topolino e il Cobra Bianco di Guido Martina e Angelo Bioletto (cominciata nel n. 713 del Topolino giornale) e debuttava Gastone – qui chiamato Bambo – nella storia Paperino milionario al verde di Carl Barks. A dirigere: Mario Gentilini, classe 1909, nato nel comune emiliano di Luzzara, membro della redazione già dal 1936 e in carica come direttore responsabile dal 1945. Gentilini era contrario al formato Selezione e manifestò le sue convinzioni ai dirigenti Mondadori, salvo poi attribuirsene la paternità anni più tardi.

Riservato e schivo, di indole artistica, era stato esentato dal servizio militare per via di una focomelia alla mano destra. Dopo aver studiato all’Accademia di Brera si era messo a insegnare educazione artistica in un liceo milanese. Era stato Cesare Zavattini, al tempo direttore editoriale della Mondadori, a introdurlo nella casa editrice. «”Senti”, mi disse, “uno dei nostri s’è ammalato, al settore grafico. Se tu puoi sostituirlo per tre-quattro giorni mi fa un piacerone”» rievocò in un’intervista del 1975 apparsa su Epoca. All’inizio, il suo lavoro consisteva nel ritoccare i disegni. «Non avevo mai visto un fumetto in vita mia, né di Topolino né di altri personaggi. Ma i tre-quattro giorni per i quali mi ero impegnato con Zavattini diventarono un mese, due mesi. […] A quel punto, ero ormai innamorato di Topolino

A metà degli anni Cinquanta Topolino iniziò ad acquisire massa critica. Nel 1954 la cadenza d’uscita di Topolino passò a quindicinale, poi a settimanale nel 1960, e la rivista ebbe sempre più bisogno di contenuti inediti. Ai fumetti e alle pagine di gioco si affiancarono la posta Qui… Paperino Quack! oi profili di celebrità in I grandi amici di Topolino, alcune di esse titolari di spazi come Gli amici di Mike Bongiorno o Fata Fantasia, in cui Gina Lollobrigida rispondeva ai lettori (in realtà a scrivere era Elisa Penna, in forze all’Ufficio Cortesia di Mondadori). Anche le storie importate dall’America scarseggiavano. Bisogna produrne di nuove, sempre di più, in loco. Attorno a Gentilini si sviluppò il primo nucleo dei cosiddetti Disney Italiani: Guido Martina, Giuseppe Perego, Luciano Bottaro, i fratelli Barosso, Romano Scarpa, Giovan Battista Carpi, Gian Giacomo Dalmasso, Pier Lorenzo De Vita, Giulio Chierchini, Luciano Capitanio, Carlo Chendi, Luciano Gatto e, dagli anni Sessanta, Marco Rota, Rodolfo Cimino, Osvaldo Pavese, Sergio Asteriti, Massimo De Vita e Giorgio Cavazzano. Alcuni erano arrivati per caso al fumetto, altri si rivelarono lettori fedelissimi (Scarpa mandava lettere e disegni da quando aveva tredici anni), la maggior parte era composta da autori provenienti da una delle botteghe del nord Italia: Venezia, Genova o Rapallo, città in cui si formarono talenti guidati da Scarpa, Carpi e dallo studio Bierreci di Bottaro, Rebuffi e Chendi. A Milano restò il ruolo di sede editoriale, in via Bianca di Savoia, 20.

Tra i nomi spiccava quello dello sceneggiatore Guido Martina, traduttore, redattore e firmatario negli anni di oltre 1.200 storie, realizzate con una velocità di pensiero impressionante (lo videro scrivere una sceneggiatura in poco più di due ore). Grazie all’esperienza radiofonica, Martina traslò da programmi come I quattro moschettieri l’idea delle parodie letterarie e la disinvoltura nell’interpretare il carattere dei personaggi. A lui si devono storie come L’inferno di Topolino, Topolino e il doppio segreto di Macchia Nera, Paperinik il diabolico vendicatore, ma anche canovacci dagli atteggiamenti spregiudicati in cui paperi e topi andavano contro la legge o tenevano comportamenti fuori parte.

Si distinsero inoltre le opere di Romano Scarpa, creatore di personaggi come Trudy, Atomino Bip Bip, Paperetta Yè Yè, Filo Sganga e molti altri, nonché autore di avventure entrate nel canone disneyano (Topolino e l’unghia di Kalì, Paperino e le lenticchie di Babilonia, Topolino e la dimensione Delta). Scarpa si svincolò dal modello martiniano, che ragionava per maschere e caricature, e mise su carta personaggi rotondi, complessi e capaci di fragilità.

Fonte : fumettologica