a cura della Redazione di “CondominioWeb”


Una sentenza della quinta sezione civile del Tribunale di Roma ha dichiarato inammissibile la querela di falso proposta dalla società proprietaria di un appartamento rientrante in un edificio condominiale che, omettendo di prendere in considerazione l’effettivo regolamento di condominio, ritiene di aver sopportato una erronea ripartizione delle spese comuni (Tribunale di Roma, V sez. civ., 28.2.2023)

Una società proprietaria di un appartamento ubicato in un edificio condominiale ha proposto querela di falso, citando in giudizio il condominio, chiedendo che venga dichiarata la falsità del regolamento condominiale e delle relative tabelle dato che gli stessi le attribuiscono una quota di millesimi di proprietà che non corrispondono a quelli realmente posseduti.

In realtà l’attrice fa riferimento ad un regolamento di condominio ed a tabelle che non corrispondono a quello effettivamente in vigore, fondando la propria querela di falso su un documento assolutamente privo dei requisiti validità, come data e sottoscrizione, che ne attestano la provenienza, senza tener conto che quelle tabelle e le relative quote di millesimi non erano mai state utilizzate dal Condominio per la ripartizione delle spese.

Infatti hanno validamente dimostrato che l’effettivo regolamento sempre utilizzato, incluse le allegati Tabelle, era stato approvato dall’assemblea molti anni prima, e precisamente nel 1982, e da questo momento in poi è sempre stato utilizzato per la ripartizione delle spese condominiali che includevano anche la quota di 33 millesimi corrispondente all’interno di proprietà dell’attrice.

La sentenza n. 3325 dello scorso 28 febbraio della quinta sezione civile del Tribunale di Roma ha dichiarato inammissibile la querela di falso proposta dall’attrice nei confronti di un Regolamento invalido allegato agli atti puntualizzando che un documento privo di ogni elemento idoneo a dimostrarne la provenienza non può essere oggetto di querela di falso, constatando che nel caso di specie l’unico Regolamento condominiale era quello prodotto in giudizio dal Condominio convenuto ed adottato nel 1982, e non invece il Regolamento privo di qualsiasi requisito di validità prodotto in giudizio dall’attrice che attribuiva quote millesimali alla sua unità immobiliare che non erano mai state utilizzate dal Condominio per rivendicare le spese nei suoi confronti.

Infatti mentre l’attrice:

– Sostiene di essere proprietaria dell’interno alfa per una quota di 17.95 millesimi relativi alla Tabella A, e 12.94 millesimi per la Tabella B;

– D’altra parte invece il Condominio convenuto ha dimostrato, esibendo un Regolamento validamente approvato nel 1982, che l’interno di proprietà dell’attrice è quello beta che esprime 33 millesimi di quota.

– La sentenza invece ha accertato che la Tabella allegata agli atti dall’attrice, ed oggetto di querela, attribuiscono sia all’interno alfa quanto all’interno Beta valori mai utilizzati dal Condominio per la suddivisione delle spese ed inoltre che tali valori addirittura non corrispondono né all’interno alfa né a quello beta.

Considerazioni conclusive

La sentenza in conclusione ha accertato infine l’unico Regolamento valido è risultato essere quello del 1982, l’unico ad essere sempre stato utilizzato dal Condominio che attribuisce all’interno Beta di proprietà dell’attrice 33 millesimi di quota.

Il mancato accoglimento della querela di falso da parte della sentenza del Tribunale di Roma n. 3325 del 2023 è condivisibile dato che i presupposti per l’accoglimento della querela di falso sono la presenza di elementi che ne dimostrano la provenienza: e cioè la data e la sottoscrizione elementi, questi, assenti nel caso di specie che hanno indotto il decidente a dichiarare la stessa inammissibile.

L’errore di valutazione compiuto dalla società attrice ha determinato come effetto il mancato accoglimento delle sue richieste, non solo relative alla querela di falso, ma anche quelle attinenti ad una richiesta di risarcimento dei danni.


Fonte: https://www.condominioweb.com – a cura dell’ Avv. Dina Colucci


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