a cura della “Redazione Storia & Ricorrenze”


Il 20 luglio 1969 alle 22.17, 50 anni fa, il Lem sulla superficie lunare © AP

Infischiandosi delle leggi di Keplero, che regolano il moto dei corpi celesti, la notte tra il 20 e il 21 luglio 1969 fu la Terra a girare attorno alla Luna, rendendole omaggio. Con un unico pensiero in testa (persino gli orari degli uffici pubblici furono modificati in funzione della missione Apollo 11), circa 900 milioni di persone s’incollarono alla tv. Oltre 20 milioni erano italiani.
Come l’Astolfo dell’Orlando furioso (spedito sulla Luna da Ludovico Ariosto nel ’500 per ritrovare il senno dell’umanità), la passeggiata di Neil Armstrong e “Buzz” Aldrin segnò una tregua ai rancori e ai disordini di quegli anni.

Giornalisti e osservatori internazionali profetizzarono che l’allunaggio statunitense (seguito anche da Mosca, ma completamente ignorato dalla Cina) avrebbe sancito l’inizio di una collaborazione fra Usa e Urss e, forse, la fine della Guerra fredda. Si trattò di un’illusione: ma l’emozione di chi assistette a quell’evento prevalse, per qualche giorno, su ogni cosa.

Apollo 11. Dal giorno del decollo dell’Apollo 11 fu davvero come se tutto, anche in Italia, ruotasse intorno alla Luna. Nelle scuole e nei bar non si parlava d’altro e solo l’ennesima crisi di governo riusciva a sottrarre un po’ di spazio alle notizie provenienti dallo Spazio. La Rai stimò che le fasi salienti della missione vennero seguite su 7 milioni di piccoli schermi. I negozi, con le vetrine rigorosamente a tema, ottennero il permesso di tenere accesa la tv anche durante l’orario di apertura e al carcere di Roma il ministero concesse 600 apparecchi in prestito. Quella dell’allunaggio fu la prima notte senza furti né rapine da 10 anni a quella parte: a Milano il centralino della polizia squillò solo 2 volte (per una lite e per un falso allarme) e a Bologna e Roma il copione non fu diverso.

Sbarco. Il cronista Gianni Bisiach seguì lo sbarco dietro le quinte della prima maratona televisiva della Rai (28 ore di diretta dallo studio 3 di via Teulada), condotta da Tito Stagno con i commenti di Andrea Barbato e, dal Centro spaziale della Nasa di Houston, di Ruggero Orlando.

Secondo Bisiach la scoperta dell’America, la bomba atomica sul Giappone e la missione dell’Apollo 11 sono stati i tre fatti che hanno più inciso sulla nostra storia: «Quand’ero bambino» dice Bisiach «chiedevo spesso a mia madre per quale ragione la Luna si muovesse, e se mai ci saremmo potuti andare. L’allunaggio ruppe le nostre certezze, le nostre gabbie mentali e annullò ogni differenza fra categorie e classi sociali: in quei momenti non mi sentivo Gianni Bisiach, ma un uomo qualunque fra miliardi di uomini qualunque, troppo piccoli di fronte alla grandezza della vicenda. L’applauso per il primo passo di Neil Armstrong fu un gesto che accomunò l’Italia e il mondo: come accade con i protagonisti di un romanzo, molti si immedesimarono in quei tre astronauti. E quando ebbi modo di intervistarli mi accorsi che non erano supereroi, ma persone normali con i limiti, le debolezze e le insicurezze di ogni uomo».

Quando non c’era Quark. Piero Angela, allora giornalista Rai e veterano del programma Apollo (di cui seguì 6 partenze) assistette all’allunaggio da un albergo di New York. Prima era stato a Cape Canaveral per il lancio del Saturno 5.

«Agli operatori che mi accompagnavano» ricorda Angela «chiesi di ignorare il lancio e di riprendere le facce del pubblico. Ciò che notai fu l’emozione, quasi fisica, che riguardava indistintamente i parenti degli astronauti quanto gli estranei. Vidi gente piangere senza ragione. Tutti, e non solo i tecnici della Nasa, erano preparati al peggio, sapendo che sarebbe bastato un nonnulla perché la situazione precipitasse. Non era un caso che quella generazione di astronauti provenisse per lo più da famiglie contadine, abituate a grandi sacrifici». Un’immagine pubblicata dai giornali dell’epoca ritrae l’astrofisica Margherita Hack, allora direttore dell’Osservatorio astronomico triestino, sedotta dalla partenza del razzo in una sala del Circolo della stampa del capoluogo giuliano, insieme con lo scrittore statunitense di fantascienza James Blish. «In occasione poi dell’allunaggio» ricorda la studiosa «mi trasferii a Firenze, a casa di mio padre. Lui si era sempre rifiutato di acquistare una radio o una tv. Così, per l’occasione, comprammo un apparecchio portatile. Purtroppo il segnale era pessimo e dovemmo accontentarci di voci confuse e ombre sfocate».
L’impresa, per Margherita Hack, fu più importante sotto l’aspetto umano che scientifico. «Il viaggio di Cristoforo Colombo, di cui nessuno sapeva nulla, fu probabilmente più rischioso di quello dei tre astronauti, che la Nasa seguiva istante per istante. Dal punto di vista della scienza» continua l’astrofisica «avremmo potuto ottenere risultati analoghi con un robot. Ma senz’altro la missione dimostrò ciò di cui l’uomo è capace».

Anche Roberto Vacca, divulgatore e futurologo, non nasconde una punta di perplessità. «Bruciati dai sovietici dopo il successo dello Sputnik e del primo viaggio nello spazio di Gagarin, gli Usa volevano a tutti i costi raggiungere la Luna, e lo fecero rispettando le previsioni di John Kennedy, che nel 1961 aveva predetto lo sbarco entro 10 anni. Ma ancora adesso ci chiediamo quale sia stato il vero impatto di quell’impresa. Non nego l’emozione di quella notte: fu bello sentire mio figlio, di appena due anni, accogliermi la mattina dopo lo sbarco con le parole “una omo”. Eppure» conclude Vacca «credo che la comprensione del meccanismo del Dna o la scoperta delle nanotecnologie abbiano avuto e avranno un impatto decisamente superiore rispetto alla conquista della Luna».

Grandi speranze. L’Osservatore Romano, il quotidiano del Vaticano, si chiese in quelle ore convulse se questo mondo martoriato dall’odio fosse pronto “a incontrare nuove manifestazioni di vita”. Altri pensarono di fare della Luna una gallina dalle uova d’oro. Il pittore riminese Nello Galli pretese dal governo Usa un risarcimento di 1,5 milioni di dollari per avergli sottratto i bozzetti del modulo lunare, esposti a Milano già nel 1966. Ma nessuno gli diede ascolto. Più fortuna (si fa per dire) ebbe Alessandro Serafini, titolare di un’autoscuola di Subiaco (Roma), che dichiarò ai giornali di voler aprire la prima scuola per veicoli spaziali in Italia e di avere già avviato le pratiche per ottenere l’autorizzazione. «Naturalmente fu una boutade» rivela oggi Giancarlo Serafini, fratello di Alessandro. «Era un modo per farsi pubblicità. Nessuno, in famiglia, credeva veramente che un giorno avremmo potuto insegnare a guidare su altri pianeti, ma l’annuncio ci regalò qualche attimo di notorietà: a Roma ci chiamavano “quelli della Luna”».

La diretta televisiva della Rai in occasione dell’allunaggio fu una delle più lunghe e accurate d’Europa, con 150 ospiti in studio e continui collegamenti con l’America. Tito Stagno fu il protagonista assoluto di quella notte. «Avevo studiato alla lettera i manuali forniti dalla Nasa» ricorda il giornalista. «Ero in grado di interpretare ogni parola, codice o numero nelle comunicazioni fra gli astronauti e il centro spaziale. Condurre la trasmissione fu una passeggiata, se si escludono i 12 minuti di black out che servirono al modulo lunare per staccarsi dal modulo di comando e scendere sulla Luna. Continuavo tuttavia ad ascoltare in cuffia le comunicazioni ufficiali e quando Armstrong disse “Reached land”, io annunciai “Hanno toccato”».L’episodio è rimasto negli annali della Rai: in realtà a toccare era stata una sorta di antenna, e non il modulo vero e proprio. Ruggero Orlando, dagli Usa, reagì indispettito: “No, mancano ancora dieci metri”. E fra i due cominciò un memorabile battibecco, tra le risate e gli applausi degli ospiti in studio. «Il risultato fu che ci perdemmo lo storico annuncio dell’allunaggio, avvenuto pochi secondi più tardi» continua Stagno. «Orlando era un ottimo commentatore, ma non indossava le cuffie, perché lo infastidivano, mentre io ascoltavo le voci degli astronauti, leggevo i messaggi della Nasa e contemporaneamente raccontavo al pubblico ciò che stava accadendo. Per gli ascoltatori, ogni mia parola era oro colato».

Il dibattito su quell’episodio è ancora aperto. «La ragione è chiaramente dalla parte di Orlando» dice il critico televisivo Aldo Grasso. «L’annuncio di Stagno fu un falso storico: Stagno approfittò dell’occasione e rubò la scena al collega. E oggi, per tutti, Tito Stagno è colui che annunciò l’allunaggio».


A prescindere dalla scaramuccia, secondo Grasso la maratona della Rai «introdusse un concetto completamente nuovo per la tv, ovvero l’idea che un grande evento potesse stravolgere la normale programmazione. Il baluginio delle televisioni nella notte e la portata dell’impresa furono un’emozione irripetibile. Ricordo che assistetti allo sbarco a casa di amici e anche questo, per migliaia di persone, rappresentò una novità: la consapevolezza che certi fatti andavano condivisi».
I negozi di elettrodomestici, con le vetrine zeppe di schermi accesi, furono presi d’assalto e i consumi elettrici, quella notte, fecero segnare valori record. Federico Fellini e Giulietta Masina brindarono a Fregene, Cesare Zavattini organizzò nella sua casa romana un “capodanno lunare”, Eduardo De Filippo festeggiò sull’isola di Lisca, nel mare di Positano.

Fonte : Piero Angela , Focus