a cura della Redazione “Focus Tecnologia”


L’applicazione per videoconferenze, che negli ultimi anni ha registrato un vero e proprio boom di nuovi iscritti, è stata accusata di violare la privacy degli utenti inviando i loro dati in Cina. E’ stata presa di mira da un gruppo di hacker che ha messo in vendita sul dark web le credenziali di oltre 500mila utenti. Il tipo di attacco utilizzato è quello del “credential stuffing”, che sfrutta il fatto che alcuni utenti usino le stesse chiavi d’accesso per più account.

Zoom spiega di aver arruolato diverse società di intelligence per indagare sull’accaduto e chiede agli utenti di cambiare le password.

Esistono strumenti utili (Have I Been Pwned e AmIBreached per esempio) per verificare se il proprio indirizzo e-mail è stato trapelato nelle violazioni dei dati

Dopo i problemi di privacy, quelli di cybersicurezza per Zoom. La popolare app di videoconferenze è stata presa di mira dagli hacker e ora oltre 500mila credenziali di utenti sono in vendita nel dark web. E il prezzo per ogni account è irrisorio e in alcuni casi le credenziali sottratte sono addirittura gratuite. Lo ha scoperto la società di sicurezza informatica Cyble secondo cui gli hacker sono riusciti ad accedere alle password e ai collegamenti Url di mezzo milione di account per poi venderli sul dark web al prezzo di 0,002 centesimi di dollari ciascuno. Alcune credenziali sono state regalate per consentire le “Zoombombing”, vere e proprie invasioni che si verificano durante le videoconferenze. Il furto di credenziali è avvenuto attraverso un attacco informatico come detto chiamato “credential stuffing”, che fa leva sul fatto che gli utenti usino le stesse chiavi d’accesso per più applicazioni, siti e servizi. Violati anche gli account di aziende note come Chase e Citibank. In una dichiarazione al sito Bleeping Computer, Zoom spiega ha arruolato diverse società di intelligence per indagare sull’accaduto e chiede agli utenti di cambiare le password. Nelle scorse settimane Zoom era stata accusata di violare la privacy degli utenti inviando i loro dati in Cina. Tanto che alcune istituzioni, tra cui il Senato Usa, hanno fatto divieto assoluto di utilizzarla. Anche Google e Space X hanno vietato ai propri dipendenti di usarla. La mossa di Zoom è stata quella di dotarsi di un consulente di spicco per riabilitare la propria immagine: la scelta è ricaduta su Alex Stamos, ex capo della sicurezza di Facebook e oggi docente presso la Stanford University. 

Fonte : Ansa