a cura di Felice Nicotera


Il 25 febbraio di 150 anni fa nasceva a Napoli Enrico Caruso, uno dei più grandi tenori di tutti i tempi che ha calcato i palcoscenici dei teatri più importanti di tutto il mondo, interpretando disparati ruoli con la sua voce spettacolare.

Enrico Caruso debutta per la prima volta il 15 marzo 1895 in L’amico Francesco di Mario Moretti. L’opera teatrale non ottiene il favore della critica e del pubblico. Nello stesso anno in Cavalleria Rusticana interpreta il ruolo di Turiddu presso il teatro Cimarosa a Caserta. Inizia così ad esibirsi nei vari teatri di Napoli, Caserta e Salerno e per la prima volta all’estero al Cairo. Decisivo è l’incontro nel 1896 con il maestro di canto Vincenzo Lombardi.

Inizia così per Caruso una carriera contrassegnata da un trionfo dietro l’altro esibendosi nei più prestigiosi teatri del tempo. Nel 1897 al Teatro Lirico di Milano interpreta il ruolo di Federico ne L’Arlesiana di Francesco Cilea, successivamente il ruolo di Loris in Fedora di Umberto Giordano. Si esibisce a Lisbona, a Montecarlo, in Russia e a Londra interpretando il Rigoletto di Giuseppe Verdi e al teatro Massimo di Palermo nell’opera Falstaff. Nel 1899 presso il Teatro Costanzi di Roma interpreta Osaka nell’Iris di Pietro MascagniEnzo nella Gioconda di Amilcare Ponchielli e Faust in Mefistofele. Inaugura la stagione del 1900 del Teatro alla Scala di Milano recitando ne La Bohème diretta da Arturo Toscanini.

Quando la sua carriera è all’apice del successo avviene un episodio che ancora tutt’ora appare essere avvolto da un alone di mistero. Nel 1901 va in scena al Teatro San Carlo di Napoli con L’elisir d’amore di Gaetano Donizetti. La leggenda narra che una volta calato il sipario inizia a circolare un pettegolezzo alquanto sgradevole: ossia che il pubblico ha fischiato il tenore. Tuttavia di questa reazione del pubblico non ci sono testimonianze. Cosa che risulta certa è che a causa dell’emozione Caruso non ha cantato al massimo delle sue capacità, per cui le critiche sono poco lusinghiere. Il tenore, deluso e infastidito dalla cattiva riuscita dello spettacolo, decide di non cantare mai più in nessun teatro di Napoli e d’Italia.

Caruso coglie le potenzialità delle nuove tecnologie e nel 1902 Milano incide 10 dischi con la casa discografica inglese Gramophone & Typewriter Company, raggiungendo così il pubblico di tutto il mondo. L’aria Vesti la giubba dall’opera Pagliacci di Ruggero Leoncavallo, incisa negli Stati Uniti per l’etichetta Victor, è il primo disco a superare il traguardo del milione di copie vendute.

Come milioni di italiani anche Enrico Caruso tenta la fortuna negli Stati Uniti, dove si traferisce nel 1903. Stipula un contratto con il Teatro Metropolitan di New York attraverso la mediazione di Pasquale Simonelli e qui debutta nel ruolo di duca di Mantova nell’opera Rigoletto. Fin da subito la sua voce conquista l’America. Nello stesso anno interpreta il ruolo di Radamès nell’AidaCavaradossi nella ToscaRodolfo ne La BohèmeCanio in Pagliacci Alfredo ne La traviata e così via. Caruso richiede ingaggi smisurati. Talvolta canta anche gratuitamente per gli emigrati.

Nel 1904 interpreta un ruolo dopo l’altro presso i vari teatri di Europa come nella prima rappresentazione nel Théatre Sarah-Bernhard di Parigi. Nel 1905 al Metropolitan va in scena come Fernando in La Favorita, nel 1906 come Faust nell’omonima opera, come Lionel in Martha. Al French Opera House di New Orleans nel 1907 interpreta Maurice nella prima rappresentazione di Adriana Lecouvreur e al Metroplitan Vasco de Gama in L’Africaine e Des Grieux in Manon Lascaut e al Met Pinkerton in Madame Butterfly. Nel 1908 va in scena come Manrico in Il trovatore.

Caruso tra il 1909 e 1911 incide 22 canzoni napoletane tra le quali c’è Core’ngrato, canzone ispirata alle sue vicende sentimentali in particolare all’abbandono della sua amata. L’intervento per una laringite ipertrofica non compromette la sua carriera, che continua senza sosta ricevendo i plausi del pubblico di tutto il mondo. Interpreta disparati ruoli dal 1910 al 1919 quando in occasione dei suoi 25 anni di carriera canta al Met nel ruolo di Eléazar in La Juive.

Fa ritorno in Italia intorno al 1920 ma la sua salute già precaria peggiora precipitosamente e gli viene diagnosticata una grave forma di pleurite infetta. Trascorre la convalescenza a Sorrento. La situazione si aggrava. Lo visita anche il medico Santo Giuseppe Moscati, il quale dichiara che non c’è più niente da fare.

Enrico Caruso muore dopo poco il 2 agosto del 1921 all’età di 48 anni.

 Lucio Dalla, anni dopo, soggiorna presso il Grand Hotel Excelsior Victoria di Sorrento nella stessa stanza dove aveva dormito Caruso prima di morire.

Qui ispirato dalle circostanze, dai racconti dei proprietari dell’albergo e dal panorama mozzafiato sul golfo di Napoli, compone la celebre canzone Caruso dedicata proprio agli ultimi giorni di vita del famoso tenore.