di Loredana De Vita


Esperienze di vita vissuta dimostrano che confrontare la realtà maschile e quella femminile favorisce il superamento dei reciproci stereotipi e conduce a relazioni più mature e sane, di cui si sente il bisogno soprattutto alla luce dell’attenzione mediatica oggi riservata ai terribili eventi di “strage di donne”.

È dunque una certezza, non un’utopia, che da un confronto privo di (pre-)giudizi di merito fra uomo e donna possa scaturire il riconoscimento delle peculiarità dell’altro come persona unica, al di là di ogni discriminazione e stereotipo di genere. Il saggio propone spunti di riflessione in questo senso, nel tentativo di incoraggiare alla ricerca del valore autentico degli uomini e delle donne con cui ciascuno di noi vive. “Donna a metà” (Nulla Die) è un saggio frutto di un lungo lavoro di ricerca e di studio, ma anche di applicazione sul campo. Nasce, infatti, da una dalla necessità di ristabilire un equilibrio nell’enorme e spesso banale “questione di genere” mentre per me si è sempre e solo trattato di relazione tra le persone, dall’altra dal vivere ogni giorno con ragazzi e ragazze dai 13 ai 20 anni e scontrarmi spesso con una regressione a stereotipi che gli anni del femminismo più acceso sembravano aver debellato o, almeno, messo in profonda crisi. Così, con i “miei ragazzi” a scuola abbiamo lavorato a lungo con questionari, proiezioni, dibatti e confronti sul questo tema e insieme abbiamo concluso che nel rispetto e nella reciprocità dei legami tra le persone giace l’essenza di qualsiasi incontro. Inoltre, sempre più frequentemente la cronaca aveva cominciato a presentare casi di femminicidio, una certa stampa a negare o abusare del linguaggio discriminatorio verso le donne per non parlare delle pubblicità che tendenzialmente sminuivano la presenza delle donne negandole persino a se stesse fino a farle “semplicemente” inesistere.

Tutto questo mi ha dato la forza di affrontare una storia vera che ho raccolto negli anni e che mai ero riuscita a sviscerare, mi riferisco a quella narrata in “Non scavalcare quel muro” edito da Nulla Die, in cui si tenta di narrare tutto quello che accade prima che si arrivi ai “femminicidi”, tutto quello che le cronache non raccontano e che spesso resta nascosto in un profondo che non si vuole denunciare né ammettere come reale. “Non scavalcare quel muro”, come dicevo, è una storia vera, una storia che produce rabbia, sconcerto, difficoltà di arrivare fino in fondo sebbene impossibile sia il non farlo… così, il lettore ritorna alle pagine e prosegue il suo percorso fino nel cuore del dolore: quello che non si dice e che non si mostra. E’ una storia che scrivo con testimonianza chirurgica, dettagliata, senza giudizio. Una storia di dolore e di lotta, di violenza e di ribellione, una storia che modifica il lettore e che gli resta dentro. Accogliere una voce è proprio questo: lasciare che la sua voce diventi la mia voce e, infine, la nostra voce.


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