a cura della Redazione “Fumetto Story”


Paolo Cavaglione, per il Topolino di domani (1994-1999)

Giunto alla vetta, cos’altro può fare uno scalatore, se non scendere e puntare a un altro massiccio? Nel 1994 Paolo Cavaglione divenne il capocordata di una spedizione che avrebbe portato i Disney italiani a compiere la prima ascensione su una cima vergine, il fumetto di stampo americano. Il direttore era arrivato a Topolino su segnalazione di un cacciatore di teste che l’aveva inserito in una rosa di papabili da sottoporre a Gaudenzio Capelli. Nato nel 1954 e uomo di fiducia di Condè Nast e RCS (giornalista a L’Uomo Vogue negli anni Settanta, vicedirettore di Max e Amica negli anni Ottanta), era nuovo al mondo del fumetto e cercò di non dare a vedere la propria inesperienza. «Quando si apriva la porta ed entrava qualcuno, d’istinto nascondevo il Topolino che stavo studiando.»

Ezio Sisto, Paolo Cavaglione e Simone Stenti storia topolino direttori

La gestione di Cavaglione giocava su due campi: Topolino e il suo mondo, che andava nutrito, protetto, occasionalmente aggiustato, e poi il territorio ancora inesplorato del formato mensile comic book, che vide nascere in Disney successi come PK – Paperinik New Adventures.

Paperinik – già protagonista della testata Paperinik e altri supereroi – fu al centro di un ripensamento radicale. La squadra guidata da Ezio Sisto e Alessandro Sisti lo tramutò in un vero supereroe fantascientifico, con tanto di nemici galattici e un nuovo cast di personaggi. Uscito nel marzo 1996, Paperinik New Adventures presentava una continuity, un filo narrativo che non si spezzava una volta finito l’episodio ma proseguiva attraverso trame orizzontali, dando la possibilità agli autori di creare vicende complesse e immagini fuori dalla grazia di Disney.

paolo cavaglione topolino

La miscela di grandi storie e del collante ironico dei redazionali rese PKNA un successo oltre ogni rosea aspettativa, capace di generare un seguito di fedelissimi e una produzione collaterale sterminata, nonostante le enormi titubanze dell’azienda, che pretendeva il rispetto narrativo e grafico dei personaggi. «Aver sostenuto gli ideatori di PKNA e aver lottato strenuamente con l’Editore, l’Accademia Disney e il Centro di controllo creativo europeo Disney per farlo uscire mi è quasi costato il posto» dichiara Cavaglione a Fumettologica. «Quando l’editore ha visto i risultati di vendita dei primi numeri come per miracolo PKNA è diventato un modello di innovazione che la Disney italiana ha venduto in Europa e nel mondo».

La reinvenzione di Topolino in Mickey Mouse Mystery Magazine come personaggio duro e adulto non ebbe la stessa fortuna, ma rimase nei cuori di una nicchia di lettori che lo elevarono a prodotto di culto. Lo stesso si può dire del bimestrale Ridi Topolino, partito come un titolo di ristampe e diventato, grazie alla curatela di Tito Faraci e Massimo Marconi, contenitore per rubriche e fumetti dal taglio demenziale.

«Abbiamo puntato sull’innovazione nel momento in cui tutto il mercato editoriale di riferimento si muoveva in quella direzione. E se volevamo mantenere la nostra quota di mercato non potevamo fare a meno di dare la nostra interpretazione, comunque disneyana, a quel fenomeno.»

La redazione allargata di Topolino nel 1998

Costruendo sull’impronta conviviale voluta da Capelli, Cavaglione creò gruppi di lavoro plenari e, per PKNA e MMMM, indisse assemblee sterminate che riunivano i nomi consolidati dell’azienda e i quasi esordienti, tutti in una stanza dove si respirava aria da writers’ room. Stava lasciando sfogare i propri autori su altri spazi, perché quelli istituzionali erano troppo rigidi per ospitare esperimenti come PKNA o Ridi Topolino. Allora cosa restava, su Topolino?

L’incarico era di aprire il settimanale a nuovi mercati, ma il giornalista fu attento a non sconvolgere le dinamiche della testata. «C’erano molte energie inespresse e un’organizzazione del lavoro troppo accentrata su alcune figure chiave, il direttore in primis. Ho cercato di fare uscire le idee dalla stretta gabbia del corridoio e della macchina del caffè. Ho spostato responsabilità di gestione della macchina redazionale su alcuni giovani che ho assunto e ho strutturato la redazione come quella di un qualunque settimanale.»

Come racconta Valentina De Poli, secondo il direttore Topolino meritava le attenzioni di un giornale a tutti gli effetti, «non è che siccome c’è il fumetto allora va bene tutto, tanto fa lo stesso». Per questo si cercò di ridare autonomia alla parte di giornalismo, «considerata una sorta di riempitivo», introducendo più attualità e riducendo lo spazio dedicato alla natura e agli animali.

Dopo anni di attività, Massimo Marconi si ritirò dal ruolo di caposervizio alle sceneggiature passando il testimone a Ezio Sisto, affiancato da Simone Stenti e Davide Catenacci, ai quali Cavaglione delegò le responsabilità creative, intervenendo soltanto nella prima fase di elaborazione delle idee e in quella, a pubblicazione avvenuta, di analisi sui risultati, «con l’obiettivo di individuare punti deboli e di correggerli per il futuro».

Con lui esordirono Tito Faraci, Lara Molinari, Bruno Enna, Augusto Macchetto, Blasco Pisapia, Marco Bosco, Marco Gervasio, Stefano Turconi, Barbara Canepa, Donald Soffritti; altri, come Francesco Artibani, Claudio Sciarrone, Enrico Faccini, Stefano Intini, Corrado Mastantuono e Silvia Ziche fiorirono come autori. Ziche, per esempio, propose l’idea de Il papero del mistero, una parodia delle telenovele spezzata in episodi fulminei, che andavano a risolvere il problema delle storie brevi, di cui Cavaglione necessitava per questioni di foliazione. La trovata funzionò a tal punto che l’autrice – al suo esordio come sceneggiatrice sulla rivista – proseguì realizzando le saghe Topokolossal e Il grande splash.

topolino fiume del tempo

Faraci innervò invece il settimanale di storie che pescavano nel genere noir e hard boiled, creando il personaggio dell’ispettore Rock Sassi e ragionando in ottica revisionista sui personaggi, come in Topolino e il fiume del tempo, realizzata insieme ad Artibani e Mastantuono. Il postmoderno si fece strada tra le pagine, e la banda Disney prese consapevolezza del proprio ruolo di icona o dei meccanismi fumettistici.

Emersero le matite radicali di Alberto Lavoradori, che trovò da disegnare grazie allo scarso interesse di Cavaglione per i canoni disneyani: «Non mi interessava molto se i becchi erano a regola d’arte. Volevo che quel becco “recitasse” come un attore del momento e che il taglio della vignetta fosse quello di un bravo regista di cinema». L’arrivo massiccio di nuove voci non sempre fece piacere. «I maestri a volte brontolavano e un po’ si preoccupavano, ma quelli più intelligenti e più sicuri di sé, penso ad esempio a Massimo De Vita, erano invece contenti nel vedere che il loro insegnamento non andava sprecato e i loro commenti non erano mai generati da invidia e paura, quanto piuttosto da un reale spirito di collaborazione». Anche un decano come Giovan Battista Carpi si dimostrò aperto alle novità ed entusiasta delle possibilità offerte dai nuovi strumenti digitali.

Senza particolari progetti in mente, Cavaglione preferì puntare su recuperi (il ritorno di Super Pippo, assente dal 1992, lo spin-off Paperino Paperotto) o progetti estemporanei come Topolino ino ino, entrata nel Guinness dei primati in qualità di storia più piccola del mondo, e Sfida a Topolinia, unico fumetto Disney scritto come un lipogramma in “e” (l’idea era stata partorita dopo che lo sceneggiatore Tito Faraci gli aveva consegnato la storia e Cavaglione stesso aveva riscritto i dialoghi, non accreditato).

Nella seconda metà del 1996, convinse diversi nomi della cultura italiana a scrivere per il settimanale: Enzo Biagi, Renzo Arbore, Luciano Benetton, Mario Monicelli, Gigi Proietti, Susanna Tamaro e Gianluca Vialli collaborarono ai soggetti di storie Disney. «Abbiamo deciso di proporre a personaggi famosi di diventare soggettisti Disney, per confermare un dato di fatto: Topolino, Paperino e gli altri personaggi della banda appartengono alla nostra cultura a pieno titolo» ricordò Cavaglione aRepubblica.

Topolino strinse un rapporto particolare con Vincenzo Mollica, responsabile di una manciata di storie con protagonista l’alter ego Vincenzo Paperica, nato nel 1984 come caricatura disegnata da Andrea Pazienza. A partire dal 1995, con Paperino Oscar del centenario disegnata da Giorgio Cavazzano, il cronista comparirà in avventure a sfondo mondano (Paperica in: Pedate da star, Paperica e l’anniversario stellare, Zio Paperone, Paperica e il concerto del comandante).