a cura di Luciana Gennari

Comporto, repêchage e accomodamenti necessaria a salvare il posto al lavoratore disabile.

Il licenziamento di un portatore di handicap o di una persona con disabilità grave è considerato nullo perché discriminatorio se avviene al superamento del periodo di comporto previsto per tutti gli altri dipendenti (quelli cioè senza handicap), a meno che il datore di lavoro non dimostri di aver adottato misure adeguate a prevenire la discriminazione indiretta.

Lo ha stabilito dalla Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 35747 del 21 dicembre 2023. Cerchiamo di addentrarci meglio nei motivi di tale decisione e di comprendere quando è illegittimo il licenziamento del portatore di handicap.

Vedremo quanto influisce il periodo di comporto e quanto tempo può restare assente dal lavoro chi ha una disabilità che necessita di continue cure. Ma procediamo con ordine.

Il periodo di comporto è lo stesso per tutti i lavoratori?

Il recepimento in Italia della Direttiva UE 2000/78, avvenuto con il D.lgs. 216/2003, sottolinea l’importanza di proteggere i lavoratori con condizioni fisiche debilitanti da discriminazioni sul posto di lavoro, in particolare quando queste condizioni portano a maggiori assenze per malattia.

Pertanto il calcolo del periodo di comporto non può essere uguale per tutti i lavoratori.

Nel caso dei portatori di handicap o persone con disabilità, il datore di lavoro deve considerare l’adozione di misure preventive e riconoscere un comporto prolungato, evitando di assegnare mansioni che possano aggravare la loro condizione di salute.

Cos’è il comporto?

Il periodo di comporto è un termine usato nel mondo del lavoro per descrivere un periodo di tempo stabilito dal CCNL, durante il quale un dipendente può essere assente dal lavoro per motivi di salute senza rischiare di essere licenziato.

In parole semplici, è il limite massimo di giorni che puoi stare a casa malato in un anno, senza che il tuo posto di lavoro sia messo a rischio.

Questo periodo varia a seconda di ciò che è stato concordato nel contratto di lavoro o nei contratti collettivi applicabili al settore di lavoro del dipendente.

Se l’assenza per malattia supera il periodo di comporto, il datore di lavoro ha la possibilità legale di considerare il licenziamento del dipendente, anche se questa decisione deve sempre essere valutata attentamente e in base alle specifiche circostanze.

Difatti, non c’è limite all’assenza se la malattia è stata causata dalla mancata adozione delle misure di sicurezza da parte del datore. E, come visto sopra, bisogna prevedere un comporto diverso per i disabili che sono soggetti a un rischio maggiore di ammalarsi.

Cos’è la discriminazione indiretta secondo la giurisprudenza?

La discriminazione indiretta si verifica quando il datore di lavoro non considera la particolare condizione fisica del lavoratore disabile, applicando lo stesso periodo di comporto previsto per i lavoratori non disabili.

Questo approccio è considerato discriminatorio e vietato, come affermato nella sentenza della Cassazione n. 9095/2023.

La mancata considerazione dei rischi di maggior morbilità dei lavoratori disabili, proprio a causa della loro disabilità, rende tale prassi discriminatoria, come espresso nella sentenza Cass. n. 9095/2023.

Quali sono le conseguenze di un licenziamento ritenuto discriminatorio?

Un licenziamento ritenuto discriminatorio nei confronti di un lavoratore disabile è considerato nullo. Ciò comporta il diritto del lavoratore a essere reintegrato in servizio.

Come deve comportarsi il datore di lavoro con il dipendente disabile?

È importante che il datore di lavoro identifichi soluzioni che consentano la neutralizzazione o il ridimensionamento di situazioni che possano aggravare le condizioni fisiche del lavoratore disabile. Ciò include l’adozione di accomodamenti ragionevoli per la tutela del disabile.

Il datore di lavoro deve altresì contrastare l’eccessiva morbilità del portatore di handicap o disabile solo con strumenti adeguati e diversi da quelli utilizzati per gli altri dipendenti, per evitare discriminazione indiretta.

Quando è possibile il licenziamento?

Il licenziamento deve essere considerato l’ultimo stadio solo dopo aver messo il lavoratore in condizione di rientrare in servizio, rispettando un comporto prolungato se previsto dal contratto collettivo applicato.

In caso di licenziamento di un lavoratore disabile, il datore di lavoro deve fornire la prova che ha garantito gli accomodamenti necessari e che non ha simulato un licenziamento per superamento del comporto al fine di licenziare un dipendente non più gradito o semplicemente in quanto disabile.

Il datore deve prima procedere al repêchage: deve cioè valutare se è possibile adibire il dipendente ad altre mansioni o se è possibile salvare il suo posto con adeguate misure, purché non eccessivamente costose (ad esempio dei riposi supplementari).

La prassi dei tribunali suggerisce che il datore di lavoro dovrebbe informare i lavoratori sul periodo di comporto residuo, concordare periodi di sospensione dal servizio, e utilizzare la contrattazione aziendale per riconoscere un comporto più lungo o un welfare aziendale ad hoc per i lavoratori portatori di handicap.

Cosa non fare per evitare la discriminazione indiretta?

Per evitare la discriminazione indiretta, il datore di lavoro non dovrebbe adottare misure quali trasferimenti di sede, riduzione non concordata delle mansioni, o l’assegnazione a mansioni usuranti nei confronti del lavoratore disabile. Ogni condotta che possa incidere sulla salute del lavoratore può essere considerata illegittima.

Fonte : https://www.laleggepertutti.it – 15 Gennaio 2024 – Autore: Paolo Florio


Luciana Gennari

Nata a Roma il 7 febbraio 1953Vive a Roma

Persona con Disabilità per Ischemia cerebrale. Mamma di tre ragazzi. Raffaello: il figlio dell’amore, il figlio del desiderio e il figlio della scelta. Simone il figlio del desiderio ha una gravissima disabilità dalla nascita. Francesco il figlio della scelta, di anni 30, con patologia schizofrenica (malattia invisibile), morto il 26 novembre 2021. Già Presidente della Consulta per i Diritti delle Persone con Disabilità – Municipio IX ROMA EUR – Comune di Roma, dalla sua istituzione nel 1999 ad oggi, fino alla morte del proprio figlio. In questa Rubrica si potrà parlare di disabilità motoria, sensoriale, intellettiva e mentale, perché farlo dà la possibilità a chi ci circonda di confrontarci ed aiutarci. Sarà un impegno prezioso per un gesto di servizio e di solidarietà autentica.

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