a cura della Redazione “Fumetto Story”


Nato nel 1974, il Lupo blu (per un incidente grafico) ha sempre abitato nella testa del suo creatore Silver.

Il Lupo lui ce l’ha sempre avuto nel sangue. Aveva 13 anni Guido Silvestri, in arte Silver, quando nel 1966 creò la prima striscia dedicata a una sorta di prototipo di Lupo Alberto, il suo personaggio-alter ego che in questi giorni compie 40 anni dalla sua primissima comparsa nelle edicole. «Dentro il mio primo lupacchiotto affamato c’erano un po’ di Snoopy e un po’ di Jacovitti, ma soprattutto il Wile Coyote di Chuck Jones, per il quale avevo una cotta totale», racconta Silver, che dal 1979 vive a Milano, in viale Bianca Maria, in un appartamento dirimpetto alla redazione, insieme alla moglie Silvia e a due figli, i più piccoli dei cinque avuti con lei. «Ma una parte a giorni», sospira Silvestri, «va a studiare in Cina, in più la più piccola finisce il liceo e presto rimarremo soli…». Il creatore di uno dei personaggi più longevi e di successo del fumetto italiano è un distinto signore di 61 anni, che da un po’ è nonno («Grazie alla mia prima figlia ho una nipote di 14 mesi!», gongola): un uomo il cui tratto gentile, educato, mai sopra le righe, si spezzetta in brevi sospiri e ripetizioni che sanno di timidezza e malinconia.

Un lupo avverso al matrimonio e una talpa gay

Tutto il contrario del Lupo, che è rimasto il guascone materialoide che era 40 anni fa, al suo debutto in bianco e nero nella sezione «Zoom Strip» del settimanale Il Corriere dei Ragazzi: un adolescente dalla traiettoria «random», innamorato della gallina Marta, sentimento in virtù del quale ha una sorta di «wild card» per entrare nella fattoria dei McKenzie (gli interessa ben altro che mangiare pollame, e lo sanno tutti). Un lupo ostinatamente avverso al matrimonio, anche in virtù del vitellonesco pungolamento del suo sodale, Enrico la Talpa, che gli raccomanda bagordi viriloidi e scacciapensieri. Ma ecco che proprio Enrico è il protagonista di una serie di strisce in cui la talpa vanta la sua scoperta di essere omosessuale, aggirandosi per la fattoria sventolando un cartello con l’imbarazzante scritta «Checca è bello!». «Ero entrato in contatto con il FuOri (Fronte Unitario Omosessuale) di Angelo Pezzana», ricorda Silver, «e mi invitarono a realizzare delle strip sulla tematica gay. La sfida che feci con Enrico fu quella di rappresentare un omosessuale assolutamente privo delle caratteristiche macchiettistiche che si attribuiscono ai gay. E proprio per questo Alberto è spiazzato, perché si stupisce del fatto che Enrico non abbia quei tic, quei modi di fare che appartengono al cliché de Il vizietto».

Blu per un errore grafico

Sono ancora gli anni ‘70 quando Enrico a un certo punto fonda il movimento dei «Bravi Ragazzi», il cui acronimo, incorniciato nel classico picchetto, è «BR», con tanto di stella a cinque punte, e con Alberto va in corteo in città (sostanzialmente la Bologna del 1977, ndr), seminando il panico tra paperi e conigli. Ironia amara intorno al nascente fenomeno del brigatismo. «Se facessi oggi quella storia sarei tacciato di chissà quali nefandezze», commenta Silver realisticamente. Ma forse proprio per la scarnezza dell’ambientazione le strisce del Lupo si prestano a riempirsi, a «saturarsi» di materiali, giochi linguistici, simbologie e tematiche. All’inizio il Lupo non era nemmeno il protagonista, e la striscia, intitolata «La fattoria dei McKenzie», era pensata in modo «altmaniano», come una saga collettiva. Fu Alfredo Castelli, il creatore di «Martin Mystère», allora redattore al Corriere dei Ragazzi, a ribattezzarla col nome del suo vero protagonista. E fu un incidente grafico, in stamperia, a consegnare al Lupo, schizzato a pennarello in striature grigette e bluette, il tipico colore «blu puffo» (definizione silveriana) con cui apparve per la prima volta in una copertina.