a cura della Redazione “Mobinews”


La Corte costituzionale ha ripristinato la doppia esenzione dall’Imu per i coniugi con residenze in abitazioni diverse, anche se situate all’interno dello stesso comune. Ecco cosa cambia.

Con la sentenza n. 209 del relatore Luca Antonini, depositata il 13 ottobre, la Consulta ha ripristinato la doppia esenzione dall’Imu per i coniugi con residenze in abitazioni differenti – sia se situate nello stesso comune che in comuni diversi – dichiarando illegittimo l’articolo 13 del decreto-legge n. 201/2011 perché penalizza il nucleo familiare.

Imu seconda casa, si torna alla doppia esenzione per i coniugi

Marito e moglie che risiedono in due comuni diversi, ad esempio per ragioni di lavoro, e che in genere condividono lo stesso tetto solo nel fine settimana, o nei giorni liberi dagli impegni professionali, hanno diritto all’esenzione dall’Imu per entrambi gli immobili, a patto che rispettino davvero il doppio requisito della residenza e della dimora abituale che permette di non pagare l’imposta. Con questa sentenza, depositata il 13 ottobre scorso, la Corte costituzionale ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di una serie di norme, introdotte a suo tempo sul tema Imu, che contrastano con i principi stabiliti dalla Costituzione in quanto penalizzano il nucleo familiare. Se sussistono i requisiti richiesti, quindi, quella che fino ad oggi era considerata come seconda casa ai fini Imu può tornare ad essere considerata “abitazione principale”.

Sarà compito dei singoli enti locali controllare che siano rispettate le condizioni per beneficiare dell’esenzione Imu e dunque toccherà ai controlli comunali, e non a norme anticostituzionali, accertare che la separazione geografica della famiglia sia reale e che i coniugi risiedano effettivamente in due case separate. In tal senso saranno rilevanti i consumi di luce, gas e acqua che aiuteranno a stabilire se l’immobile per il quale si intende fruire dell’esonero sia effettivamente qualificabile come abitazione principale.

“I comuni dispongono di efficaci strumenti per controllare la veridicità delle dichiarazioni, tra cui, in base a quanto previsto dall’art. 2, comma 10, lettera c), punto 2, del d.lgs. n. 23 del 2011, anche l’accesso ai dati relativi alla somministrazione di energia elettrica, di servizi idrici e del gas relativi agli immobili ubicati nel proprio territorio; elementi dai quali si può riscontrare l’esistenza o meno di una dimora abituale”, ha spiegato la Consulta.

La sentenza della Corte Costituzionale

“Nel nostro ordinamento costituzionale non possono trovare cittadinanza misure fiscali strutturate in modo da penalizzare coloro che, così formalizzando il proprio rapporto, decidono di unirsi in matrimonio o di costituire una unione civile”, recita la sentenza con cui la Corte costituzionale ha dichiarato illegittimo l’articolo 13 del decreto-legge n. 201/2011 laddove parlando di “nucleo familiare” finisce per discriminarlo, favorendo i conviventi di fatto alle coppie sposate o unite civilmente.

La norma del Salva Italia del 2011 limitava, per le coppie sposate, l’esenzione Imu solo alla prima casa, relegando l’altra a seconda e in quanto tale soggetta all’imposta sugli immobili.

La Consulta ha ora ribaltato la situazione spiegando che “in un contesto come quello attuale, caratterizzato dall’aumento della mobilità nel mercato del lavoro, dallo sviluppo dei sistemi di trasporto e tecnologici, dall’evoluzione dei costumi, è sempre meno rara l’ipotesi che persone unite in matrimonio o unione civile concordino di vivere in luoghi diversi, ricongiungendosi periodicamente, ad esempio nel fine settimana, rimanendo nell’ambito di una comunione materiale e spirituale”.

Ai fini dell’esenzione dall’Imu sulla prima casa– ha chiarito ancora la Consulta – il fatto di “non ritenere sufficiente – per ciascun coniuge o persona legata da unione civile – la residenza anagrafica e la dimora abituale in un determinato immobile, determina un’evidente discriminazione rispetto ai conviventi di fatto”, i quali, invece, “in presenza delle medesime condizioni si vedono accordato, per ciascun rispettivo immobile, il suddetto beneficio”.

Sono state dichiarate illegittime anche altre norme, in particolare quelle che, per i componenti del nucleo familiare, limitano l’esenzione ad uno solo degli immobili che si trovano nello stesso comune e dunque prevedono che essi scelgano una sola agevolazione quando hanno residenze e dimore abituali diverse.

La Consulta ha però chiarito che non si tratta di un via libera al fenomeno dei “furbetti delle seconde case”. La dichiarazione di illegittimità costituzionale “non determina in alcun modo una situazione in cui le “seconde case” ne possano usufruire”. Al contrario, mira a “responsabilizzare i Comuni e le altre autorità preposte ad effettuare adeguati controlli”.