a cura della Redazione di “CondominioWeb”


Il compratore ha diritto a ripristinare il giusto equilibrio tra il prezzo pagato e il bene acquistato se questo, successivamente alla compravendita, dovesse presentare dei difetti.

Molto spesso, successivamente all’acquisto di un bene, il compratore si accorge di alcuni difetti della cosa di cui, in precedenza, non si era avveduto. Si tratta di una circostanza non irrilevante poiché i vizi in questione potrebbero influire sul normale utilizzo del bene, riducendone, altresì, il valore.

In tal caso, secondo la legge, l’acquirente avrebbe diritto al risarcimento del danno a carico del venditore «il venditore è tenuto verso il compratore al risarcimento del danno, se non prova di avere ignorato senza colpa i vizi della cosa Il venditore deve altresì risarcire al compratore i danni derivati dai vizi della cosa (art. 1494 cod. civ.)».

È quanto, infatti, è stato preteso dalla proprietaria di un posto auto in condominio nella vicenda oggetto della recente sentenza del Tribunale di Firenze n. 2222 del 19 luglio 2023. Secondo l’attrice, lo spazio a sua disposizione per la sosta della propria vettura non corrispondeva a quello che era stato descritto nella compravendita.

Per questo motivo è nata, dunque, la lite con la società che le aveva ceduto l’appartamento con annesso questo posto auto.

È bene, però, approfondire il caso concreto e verificare come l’ufficio adito lo ha risolto.

Nell’aprile del 2016, una signora acquistava da una società un appartamento in Firenze unitamente al posto auto ubicato nel cortile condominiale.

Durante i mesi successivi, però, ella si accorgeva che la manovra di parcheggio era molto difficoltosa. Lo spazio in cui parcheggiare era, infatti, più ridotto di quello promesso.

Inoltra era necessario evitare alcuni ostacoli in cui era facile imbattere (la colonnina di alloggiamento della cellula fotoelettrica per l’apertura automatica del cancello carrabile e il cordolo dell’aiuola adiacente), per non danneggiare la propria auto.

Per questa ragione, dopo aver segnalato il problema alla venditrice, previa perizia tecnica, denunciava alla medesima che l’area presentava delle difformità rispetto al bene oggetto di compravendita. Non avendo ricevuto alcun riscontro positivo dalla controparte, la lite si spostava, quindi, in Tribunale dove la proprietaria chiedeva i danni alla venditrice per i vizi della cosa venduta, ex artt. 1490 e ss. c.c. In tale sede, invece, la convenuta si limitava, sostanzialmente, ad eccepire la decadenza da ogni azione dell’attrice.

Il procedimento de quo si caratterizzava dell’inevitabile CTU cui era affidato il compito di accertare che le difformità denunciate corrispondessero al vero. Ebbene, secondo il perito de quo, il posto auto ceduto era meno lungo e meno largo di quello oggetto della compravendita. A tale scopo era bastato verificare quanto risultava a riguardo da un punto di vista urbanistico.

L’area in contestazione, inoltre, presentava gli intralci denunciati che aggravavano, ulteriormente, la manovra.

Insomma, era accertato che il parcheggio poteva avvenire soltanto con difficoltà e con il serio rischio di danneggiare il veicolo.

In ragione di tali accertamenti e verificato che l’azione intrapresa non si era, assolutamente, prescritta, la domanda è stata, quindi, accolta.

Al Tribunale di Firenze è parso, infatti, evidente che l’area di sosta ceduta presentasse dei vizi che la rendevano inidonea all’uso o quanto meno di valore inferiore al corrispettivo pagato. Per questo motivo, l’ufficio toscano ha condannato la convenuta al pagamento a favore dell’attrice di una somma corrispondente ad un terzo dell’importo versato per l’acquisto del bene. A tale cifra si è, inoltre, aggiunta la condanna alle spese processuali, disposta secondo il naturale principio della soccombenza sancito dagli artt. 91 e ss. cod. proc. civ.

Considerazioni conclusive

Con la sentenza in commento, il Tribunale di Firenze ha correttamente applicato le norme previste dal codice civile a favore del compratore ed a garanzia della cosa venduta.

In particolare è stato dato riscontro all’art. 1494 c.c., in base al quale il compratore ha la possibilità di ripristinare il giusto equilibrio tra il prezzo pagato e il bene acquistato se questo, successivamente alla compravendita, dovesse presentare dei difetti «L’azione di risarcimento ex art. 1494 c.c. costituisce un rimedio volto a ripristinare l’equilibrio sinallagmatico del contratto di compravendita, alterato dalla presenza dei vizi nella cosa consegnata al compratore, equilibrio che si realizza ponendo il compratore nella situazione economica equivalente a quella in cui si sarebbe trovato se la cosa fosse stata immune da vizi e non in quella che si sarebbe trovato se non avesse concluso il contratto o se lo avesse concluso a prezzo inferiore».

Nel caso specifico, la prova dei vizi, di cui era onerato l’acquirente, è stata raggiunta attraverso la perizia di parte e il successivo accertamento del CTU. A quel punto, non avendo il venditore provato di aver ignorato, incolpevolmente, i vizi in contestazione, la condanna del medesimo è stata inevitabile.

Fonte: https://www.condominioweb.com – a cura Avv. Marco Borriello

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