a cura della Redazione Sportiva di Spazio Interattivo


Il campionato europeo di calcio 1964 (più semplicemente Euro ’64) è stata la seconda edizione del Campionato europeo di calcio, organizzato ogni quattro anni dall’UEFA.

La formula del torneo prevedeva tre turni di qualificazioni ad eliminazione diretta, con partite di andata e ritorno, mentre le semifinali e le finali per il terzo e per il primo posto si sarebbero disputate in gare uniche, in uno dei quattro Paesi le cui nazionali sarebbero giunte a questo turno. La scelta cadde sulla Spagna, che ospitò le ultime 4 gare dal 17 al 21 giugno 1964. Il torneo vide per la prima volta la partecipazione dell’Italia, già due volte campione del mondo.

Il torneo fu vinto dai padroni di casa della Spagna, che sconfissero in finale per 2-1 i campioni uscenti dell’Unione Sovietica.

Dopo un turno eliminatorio, anche in questa edizione le qualificazioni passarono attraverso ottavi e quarti di finale in andata e ritorno. L’Austria, il Lussemburgo e l’Unione Sovietica furono ammesse direttamente agli ottavi. Stadi della fase finale furono l’Estadio Santiago Bernabéu di Madrid, teatro della finale, e il Camp Nou di Barcellona. La capienza degli stadi è riferita al momento dell’evento e non ad oggi. 

La Nazionale spagnola vincitrice degli Europei ’64


Pillole sugli azzurri

I DUBBI DI FABBRI

Negli ottavi, l’Italia si gioca la fase finale contro l’Urss cam­pione in carica: la formazione azzurra è squadra di tutto rispetto, ma l’espulsione di Pascutti per reazione dopo un rude inter­vento spaccagambe di un difen­sore sovietico e l’infortunio a Sormani complicano il corso dell’incontro. I sovietici ne ap­profittano e si presentano per il match di ritorno a Roma col bagaglio non indifferente di due reti di vantaggio. Sotto accusa viene messa la difesa, in particolare Maldini e Facchetti, coppia male assortita secondo la maggioranza dei cri­tici, ma anche la giornata opaca dei cervelli di centrocampo Ri­vera e Bulgarelli, che non tro­vano mai lo spunto per creare pericoli alla retroguardia sovie­tica. Una Nazionale sfasata, con le gambe molli. Il più criticato, riconosciuti i meriti dei sovietici, sarà proprio Pascutti, a cui erano state affi­date le sorti del nostro attacco. «Quando l’arbitro mi ha fatto capire che me ne dovevo andare sono caduto nella disperazione. Poi, finita la partita, nessuno mi guardava in faccia, i compagni non mi parlavano; un tifoso si è avvicinato e mi ha dato del cre­tino, in aereo ho avuto una mez­za crisi…». Impulsivo, sventato, ma anche il solito cuore da lot­tatore che questa volta è andato fuori dalle righe. A onor del vero, il comporta­mento dei giocatori sovietici era stato tutt’altro che corretto, con intimidazioni continue e inter­venti molto duri, che l’arbitro non aveva punito con le giuste misure. «L’espulsione di Pascu­tti non è stata un modello d’im­parzialità» sostenne Edmondo Fabbri. «I giocatori sovietici alla fine hanno usato tacchetti in duralluminio, e questo non è consentito dal regolamento». Anche Sormani, costretto dopo la partita a rimanere a riposo per una decina di giorni, si lamen­terà del trattamento dei rudi di­fensori sovietici.

Lo spirito di rivincita domina nelle parole degli italiani, e il tecnico sovietico, forse per scongiurare una clamorosa ri­monta azzurra, prepara la parti­ta di ritorno con tutte le atten­zioni del caso; italiani e sovieti­ci, dopo la gara di andata, ripe­tono le stesse parole («a Roma sarà un’altra cosa…»), lascian­do intendere che i giochi non so­no ancora decisi. All’Olimpico si segnala l’e­sordio di Domenghini, ma gli azzurri non vanno oltre l’1-1 siglato da Rivera e Gusarov. Mazzola sbaglia un rigore, l’impressione è che i sovietici siano superiori sul piano della velocità, soprattutto se liberi di partire in contropiede.

Gli az­zurri giocano al di sotto delle lo­ro potenzialità, Menichelli e Domenghini sono avulsi dagli schemi, Mazzola è un rifinitore e non il realizzatore che manca all’Italia, Rivera si danna l’ani­ma ma perde troppi palloni, an­che a causa di una precaria con­dizione fisica. Una volta eliminati, in Italia scende in campo il “partito degli “oriundi, che vuole veder convocati Altafini e Sivori per ri­mediare alla sterilità dell’attac­co azzurro, però Mondino Fab­bri difende le proprie scelte: «Certo, Sivori e Altafini avreb­bero potuto potenziare il nostro attacco, ma la Nazionale ha im­postato un programma che ci deve portare in Inghilterra ai Mondiali da protagonisti, quin­di vado avanti con Mazzola, Corso, Rivera e Orlando, in di­fesa ripropongo il blocco del­l’Inter più Salvadore e Trapattoni». I fatti non lo sosterranno: la delusione della Corea rimarrà segnata nella storia del calcio italiano.


Fonti : storiedicalcio – wikipedia – calcioamarcord