a cura della Fondazione Umberto Veronesi


Per la prima volta simulati gli effetti della crisi climatica sui più giovani: chi nasce oggi vedrà il triplo degli incendi boschivi e il doppio dei cicloni rispetto ai suoi nonni.

Ecco perchè sono così arrabbiati. Saranno loro, i ragazzi dei Fridays for Future e i loro fratelli più piccoli a pagare per primi il prezzo della crisi climatica e del riscaldamento globale. Il primo studio che ha confrontato i dati scientifici sul clima e la demografia mondiale ha tracciato una differenza marcata di rischio legato a eventi meteo e condizioni ambientali estreme fra le persone nate negli anni Sessanta e chi oggi è bambino.

DISUGUAGLIANZE FRA GENERAZIONI

Ondate di calore, alluvioni, siccità, cicloni. La chiamano “disuguaglianza intergenerazionale” e si somma a una altrettanto profonda disuguaglianza geografica. Un team internazionale di ricerca ha provato a simulare un confronto fra continenti e fra generazioni in tema di impatto della crisi climatica, raccogliendo una mole impressionante di dati da tutto il mondo per tutte le generazioni nate fra il 1960 e il 2020, tenendo conto dei fattori demografici e geografici, e poi ipotizzando diversi scenari, dal riscaldamento di 1° C a 3,5°C rispetto alla temperatura media terrestre dell’epoca preindustriale. Da questa gigantesca griglia di dati è emerso che in caso di riscaldamento di 3°C, un bambino nato nel 2014, rispetto a una ipotetica persona di riferimento alle condizioni climatiche preindustriali, nel corso della sua vita avrà un rischio doppio di sperimentare incendi e cicloni tropicali, triplo di alluvioni, quadruplo di carestie, un rischio 5 volte più grande di siccità e 36 volte più grande di ondate di calore. Chi oggi è un neonato, rispetto a chi ha 60 anni, nel corso della vita avrà circa il triplo delle probabilità di affrontare incendi boschivi e circa il doppio di affrontare cicloni.

DIRITTI VIOLATI

I giovani sono assolutamente consapevoli di essere chiamati in causa più dei loro genitori e nonni. Lo sapevano bene le ragazze e i ragazzi scesi in strada a manifestare in occasione del summit pre-COP26 di Milano e coloro che accusano l’inazione dei governi colpevole di violare i diritti fondamentali sanciti dalla Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Anche in condizioni relativamente meno drammatiche, ovvero con un aumento di 1,5°C, chi ha 40 anni oggi nella sua vita sperimenta un rischio di questi eventi del tutto incomparabile per qualsiasi persona nata nelle condizioni climatiche pre-industrializzazione.

DISUGUAGLIANZE FRA PAESI

Come è emerso con chiarezza anche durante il recente UNFCCC Youth Summit di Milano, ci sono popolazioni che già stanno patendo effetti molto più gravi. «In questi anni ho visto la crisi climatica colpire sempre più duramente il continente africano» ha detto Vanessa Nakate, 24 anni attivista ugandese. «Il che è ironico, dato che l’Africa è il minor produttore di emissioni di CO2 di tutti i continenti, ad eccezione dell’Antartide. Molti africani stanno perdendo le loro vite, mentre innumerevoli altri stanno perdendo i loro mezzi di sussistenza». Secondo il lavoro di analisi pubblicato sulla rivista Science, mentre 53 milioni di bambini nati in Europa e in Asia centrale dovranno affrontare un numero quadruplo di eventi estremi, 172 milioni di loro coetanei nell’Africa sub-sahariana vedranno queste catastrofi aumentare di sei volte e di ben 50 volte se si parla di ondate di calore.

LA RESPONSABILITÀ DEI PAESI PIÙ RICCHI

La stessa consapevolezza era stata avanzata dai direttori di 200 riviste scientifiche che nel settembre di quest’anno hanno lanciato un appello univoco e dai toni inequivocabili: i paesi più ricchi hanno più responsabilità e più mezzi, devono fare di più e più in fretta. Nel frattempo, è importante considerare l’emergenza climatica come un’emergenza anche sanitaria. Come da tempo l’Organizzazione mondiale della sanità sta raccomandando, mentre va accelerata l’azione di contenimento del riscaldamento globale, occorre preparare la capacità dei sistemi sanitari di operare in condizioni nuove e di rispondere a emergenze nuove.

Fonte : FondazioneVeronesi – Donatella Barus