a cura della Redazione “TopShow”


A dieci anni dalla morte la sua è ancora un’ironia di serie A

“No, si figuri, non mi disturba” esordiva al telefono “sto vedendo il tennis, che facciamo, aspettiamo insieme il risultato finale?”. Raimondo Vianello era un uomo di rara simpatia, anche quando sfotteva la moglie Sandra Mondaini, adorata, anche quando, al festival di Sanremo nel 1998 massacrava Veronica Pivetti che stava al gioco (“Mi faceva morire dal ridere”, spiegava l’attrice “era un onore stargli accanto”) mentre faceva il cascamorto con la bellissima bionda di quell’edizione, Eva Herzigova.

“No, si figuri, non mi disturba” esordiva al telefono “sto vedendo il tennis, che facciamo, aspettiamo insieme il risultato finale?”. Raimondo Vianello era un uomo di rara simpatia, anche quando sfotteva la moglie Sandra Mondaini, adorata, anche quando, al festival di Sanremo nel 1998 massacrava Veronica Pivetti che stava al gioco (“Mi faceva morire dal ridere”, spiegava l’attrice “era un onore stargli accanto”) mentre faceva il cascamorto con la bellissima bionda di quell’edizione, Eva Herzigova.

A dieci anni dalla morte – si è spento a 87 anni il 15 aprile del 2010 – ci fermiamo incantati quando la tv ripropone i suoi sketch, quando qualche canale trasmette i film di cui è stato protagonista. Ci manca il suo senso dell’umorismo che sprizzava intelligenza, l’ironia in cui mescolava giudizio e affetto. Ironico, anche caustico certo, e raffinato: nessuno dei grandi moschettieri della tv era come lui. Ha fatto la storia della televisione italiana ma non si può parlare di Vianello senza parlare di Sandra Mondaini, Sandrina, come la chiamava affettuosamente, morta a settembre del 2010, solo pochi mesi dopo il marito.

Si erano incontrati nel 1958, lei soubrette di Macario; nel 1962, davanti a una cotoletta, a cena insieme a Gino Bramieri, lui aveva fatto la più irrituale richiesta di matrimonio, al punto che lei era rimasta muta: “Non avevo capito se stesse parlando seriamente: scherzava sempre”. Quella volta il giovanotto ironico, che sembrava un lord inglese e aveva appeso al muro la laurea in Giurisprudenza per fare il comico, aveva fatto sul serio. “Sono stata gelosa, certo – spiegava lei – ce n’erano tante più belle di me, ma alla fine eccoci qua. Oggi dove vuole che vada?”.

Vianello era nato a Roma nel 1922, figlio di un ammiraglio e di una nobildonna marchigiana, laurea in giurisprudenza, aderisce alla Repubblica di Salò come sottufficiale dei bersaglieri e nel 1945 viene rinchiuso dagli Alleati nel campo di Coltano. Finita la guerra si dedica allo sport, la sua vera grande passione dopo la recitazione: l’atletica, il calcio (“In televisione non perdo un incontro” raccontava” c’è sempre qualche partita per fortuna, a tutte le ore”). Debutta nel teatro di rivista con Garinei e Giovannini, poi approda in tv con Ugo Tognazzi in Un due tre suo complice per un decennio.

Ci capivamo con uno sguardo”, spiegava Vianello. “Negli ultimi tempi voleva che scrivessi un film su di noi, ma non ero d’accordo, gli spiegavo che saremmo stati solo due vecchi attori patetici. Ugo insisteva, e forse aveva ragione: voleva dimostrare che le cose che fanno oggi i nuovi comici le facevamo noi quarant’anni fa”. Un due tre fu il primo esempio di satira televisiva, e il duo irresistibile fu vittima della censura il 25 giugno 1959, quando ironizzò sulla gaffe del presidente della Repubblica Gronchi che alla prima della Scala cadde a terra per colpa di una sedia sfilata accanto al presidente francese De Gaulle. Raimondo Vianello tolse la sedia a Tognazzi che cadde a terra e Vianello gli gridò: “Chi ti credi di essere?”. Scandalo, lo show fu interrotto.

L’incontro con Sandra Mondaini è l’inizio di una nuova vita, privata e professionale. Tra gli anni Sessanta e Settanta il trionfo: Studio Uno, Sai che ti dico?, Tante scuse, Di nuovo tante scuse, Noi… no (in cui portano la loro vita di coppia negli sketch), Sette e mezzo e Stasera niente di nuovo. “Quando ripropongono le nostre scenette le guardo con piacere: hanno una loro dignità” diceva. “Sandra la vedo più carina, sarà che mi sono abituato”.
Nel 1963 Sandra e Raimondo sono insieme nel varietà Il giocondo, nel cast c’è Abbe Lane, “la sora Abbe” come la chiamava Vianello, che ironizzava su una possibile fuga con la vamp: “Non ho osato fare avance, c’era sempre il marito. Ah, se mi avesse detto che le cose non andavano bene”.

Con il passaggio a Mediaset, sono ancora la coppia più amata grazie a Casa Vianello (e i vari spin off). L’insofferenza di Sandra, “Che noia, che barba” nel lettone matrimoniale, quando scalcia le coperte e Raimondo gira impercettibilmente la testa mentre legge il giornale, è un capolavoro d’umorismo. Nel 1998 Vianello accetta di girare un’altra edizione ma a una condizione: “Non perdere neanche una partita dei Mondiali. Alla mia età potrei non avere altre occasioni”. Raccontava di Berlusconi: “Non siamo mai andati allo stadio insieme, ma mi ha invitato tante volte. Il Milan vinceva sempre, mi sono detto: ‘Meglio non rischiare, non sia mai arrivo io e perde, sono rovinato’”.

Tra quiz (Zig Zag e Il gioco dei 9), in onda su Canale 5, Vianello e Mondaini prestano la loro immagine per la campagna dell’Airc contro i tumori; Raimondo era stato operato a un rene, e si era ammalata anche Sandra. Il 26 giugno 1996 la Mondaini (con Raimondo) ricevono la medaglia di Grande Ufficiale dell’Ordine al merito della Repubblica Italiana su iniziativa del presidente Scalfaro. Lei si commuove, Raimondo continua a sfotterla: “Ormai è diventata una fontana”. Con l’ironia si è difeso, anche dai sentimenti. Ma era un uomo sereno che non aveva rimpianti o rimorsi: “Se mi guardo indietro non ho pentimenti. Dovessi ricominciare, farei esattamente tutto quello che ho fatto. Mi risposerei anche. Con un’altra, naturalmente”.

Spiegava che “le battute non si devono mai preparare: non è la battuta in sé a far ridere, ma la situazione, la scelta dei tempi. Se perdi l’attimo sono figuracce. Non guardo più i varietà: so già cosa accadrà”. Nanni Moretti una volta ha detto: “Vianello è un attore di serie A che si accontenta di giocare in serie B”, ma lui non era d’accordo. “Ho meritato quel che ho avuto perché non ho mai cercato niente, non mi sono impegnato. Non ci ho messo la volontà. Mi ha aiutato il caso”. Carissimo Vianello, maestro d’ironia e di modestia.

Fonte : repubblica


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