a cura della “Redazione Storia & Ricorrenze
Cinquecento anni di Raffaello
Raffaello Sanzio è uno degli artisti più noti della storia: le sue opere sono visitate ogni anno da centinaia di migliaia di appassionati e di curiosi da tutto il mondo, sono tantissimi i convegni, gli studi e i saggi scritti sulla sua vita, sulla tecnica che adoperava, sui temi che affrontava e sul suo rapporto con i committenti. Il 2020 è l’anno in cui si è celebratoil cinquecentenario della sua morte.

Raffaello è nato a Urbino nel 1483. Il padre si chiamava Giovanni Santi ed era un pittore all’epoca ben noto presso alcune famose Corti italiane, pensate che era stato chiamato da Isabella d’Este a Mantova per eseguire dei ritratti! Al giorno d’oggi il suo nome non è conosciutissimo ma questo non ci sorprende: non è raro, infatti, che alcuni artisti abbiano meno fortuna di altri senza contare che avere Raffaello come figlio contribuisce non poco a vedere oscurata la propria fama. Il padre aveva probabilmente insegnato a Raffaello i rudimenti dell’arte pittorica ma la gran parte della sua formazione avviene a bottega dal Perugino, il cui vero nome era Pietro Vannucci. Raffaello, dunque, studia molto e si impegna tantissimo: si applica soprattutto nei cosiddetti modelli dal vero che consiste nel mettere in posa delle figure umane e studiarne le fattezze. Questo grande impegno, unito a un talento non comune, emerge con chiarezza nelle sue opere che secondo gli storici dell’arte sono caratterizzate da un grande naturalismo.
Tra il 1503 e il 1504, Raffaello e Perugino realizzano due versioni de Lo sposalizio della Vergine. Da un confronto fra le due tavole emerge che il giovanissimo Raffaello dipinge personaggi con pose più naturali del suo maestro e anche guardando il ragazzo in basso a destra che spezza il bastone (secondo un’antica tradizione era un modo per augurare fortuna agli sposi) notiamo che questi mantiene una certa eleganza nonostante sia una posizione complessa dal punto di vista anatomico.
Nelle opere di Raffaello tutto diventa leggiadro, arioso, straordinariamente delicato. Pensiamo anche ai colori che adopera, così caldi, avvolgenti come nel caso della Madonna del Cardellino del 1506. I gesti tenerissimi dei due bimbi, il piccolo Gesù e San Giovannino, e lo sguardo affettuoso della madre che li osserva nel gioco, trovano una corrispondenza nel paesaggio alle loro spalle, che si perde in lontananza rivelando l’assimilazione della lezione leonardesca. Ebbene sì: Raffaello ha studiato moltissimo anche le opere di Leonardo e di Michelangelo declinando la loro lezione in modo equilibrato e armonico, usando quella che Vasari definisce «grazia». Trattare dell’influenza che Leonardo e Michelangelo hanno avuto su Raffaello non è certamente cosa da poco, moltissimi storici dell’arte hanno dibattuto su questo tema scrivendo fiumi e fiumi di parole. Per semplificare possiamo dire che per ogni artista il confronto con la tradizione e con il passato è senza dubbio importantissimo. A bottega gli artisti imparavano a padroneggiare al meglio la tecnica anche copiando i grandi maestri e, lentamente, sviluppavano uno stile personale, fino a ricevere le prime commissioni.

È normale che gli artisti siano influenzati da altri e non dobbiamo interpretare questo fenomeno come una banale “imitazione”. Raffaello non “copia” Leonardo né Michelangelo, ma li ha studiati approfonditamente e ha fatto proprie alcune caratteristiche. Vediamo per esempio la Sacra Famiglia con i Santi Elisabetta e Giovannino, nota anche come Sacra Famiglia Canigiani, del 1507-8: la composizione dell’opera è molto articolata perché ci sono diversi personaggi intenti a compiere azioni diverse e che intrattengono relazioni reciproche. Raffaello affronta quest’opera mettendo in campo tutta la sua conoscenza delle opere di Michelangelo. I corpi sono monumentali, imponenti, sembra davvero che abbiano un peso specifico e occupano lo spazio della tavola con prorompenza.
Fonte : arteestoria
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