a cura di Felice Nicotera


Nei giorni scorsi rai 3 ha trasmesso in prima visione il documentario Buon compleanno Massimo di Marco Spagnoli, in omaggio ai 70 anni che Massimo Troisi avrebbe compiuto il 19 febbraio, ricco di significativi materiali di repertorio e di testimonianze di chi lo conosceva:  da Renzo Arbore a Eugenio Bennato, da Enzo De Caro a Francesca NeriGuida d’eccezione in questo viaggio nella vita e nella eredità “artistico e sociale” di Troisi è lo scrittore Maurizio De Giovanni, che appartiene alla sua stessa generazione e che ricorda l’impatto del suo cinema e della benefica influenza su Napoli.

Sono numerosi gli omaggi al grande Massimo, l’ultimo vero grande artista popolare espresso dal nostro cinema: da Laggiù qualcuno mi ama di Mario Martone (sarà presentato al 73º Festival di Berlino) Il mio mito Massimodocufilm di Alessandro Bencivenga uscito al cinema a dicembre, e Da domani mi alzo tardi, realizzato dal nipote.

In Laggiù qualcuno mi ama (nelle sale dal 23 febbraio,) si alternano spezzoni dei film di Troisi e conversazioni con artisti che ne sono stati influenzati (da Francesco Piccolo e Paolo Sorrentino a Ficarra e Picone), critici che lo hanno studiato (Goffredo Fofi e la redazione della rivista Sentieri selvaggi), più Michael Radford e Roberto Perpignani, il regista e il montatore di Il postino, di cui non potè godere il successo (morì nel sonno, per un attacco cardiaco, poche ore dopo la fine delle riprese, il 4 giugno 1994).

«Il pubblico potrà scoprire come questo artista, che sta a monte di tutto, abbia ribaltato un certo modo di vedere la cultura napoletana, a partire da una serie di stereotipi messi continuamente in discussione» continua Martone, che si è avvalso della collaborazione di Anna Pavignano, scrittrice, sceneggiatrice e per dieci anni compagna di Troisi.

«Anna è stata preziosa anche per mostrare una cosa che mi sta molto a cuore, il modo in cui Massimo riscrive il rapporto tra uomo e donna raccontando figure femminili completamente nuove nel cinema italiano e ostinatamente messe in scena film dopo film. Donne forti dalle quali viene messo costantemente in crisi. Al centro del suo cinema c’è l’amore e l’impossibilità di approdarvi. E poi c’è Napoli, l’insoddisfazione per una città che resta sempre uguale».

È invece già in sala Da domani mi alzo tardi di Stefano Veneruso, il nipote di Massimo che con lui si è formato prima di completare gli studi a Los Angeles.  Il racconto è ispirato all’omonimo romanzo in cui la Pavignano ricorda la storia d’amore con Troisi e lo immagina in età matura. Protagonisti John Lynch (nel ruolo di Massimo) e Gabriella Pession (Anna). Location d’eccellenza per l’anteprima, il Museo Archeologico Nazionale di Napoli, che fino al 13 marzo ospita una mostra dedicata all’illustre (e amatissimo) partenopeo.

Di Veneruso è anche arrivato in libreria Il mio verbo preferito è evitare (Rizzoli), omaggio per parole e immagini (molte inedite, provenienti dall’archivio di famiglia). «Con Massimo avevamo quindici anni di differenza» spiega l’autore. «Lui è nato il 19 febbraio 1953 e io il 26 dicembre 1968. Siamo cresciuti in una famiglia sanissima. Mia madre Annamaria è la sorella maggiore e Massimo era il quinto di sei figli. Il loro è stato un rapporto fortissimo, tenero, di grande affetto. Anche se in famiglia nessuno era artista, allo stesso tempo artisti lo erano e lo sono un po’ tutti, artisti per come affrontavano e affrontano la vita».

«Per me Troisi rappresenta una sorta di compagno di vita, di scuola, perché eravamo più o meno coetanei. Ho visto questo ragazzo che veniva da San Giorgio a Cremano crescere ritrovandolo nella nostra cultura come una scultura dentro un calco, facendo emergere l’immagine straordinaria di questo personaggio un po’ sognatore e scanzonato». Così il rettore del Suor Orsola Benincasa Lucio D’Alessandro ha ricordato Massimo Troisi in occasione della presentazione di Non ci resta che Massimo, il volume curato da Titta Fiore e Federico Vacalebre per celebrare i 70 anni dalla nascita dell’attore e regista, che sarà in edicola IL 18 e 19 febbraio in omaggio con «Il Mattino», con preziose testimonianze tratte dallo straordinario archivio storico del quotidiano (tra gli altri, contributi di Pino Daniele, Rosaria Troisi, Diego Armando Maradona, Mario Martone, Francesco Rosi, Gianni Minà, Vincenzo Salemme, Raffaele La Capria, Antonio Skármeta, Giuliana De Sio, Giuseppe Tornatore, Toni Servillo) ed altrettanto preziosi contributi inediti (Enzo Decaro, Valerio Caprara, Maria Grazia Cucinotta, Massimo Bonetti, Stefano Veneruso, Carlo Verdone, Goffredo Fofi, Ferzan Ozpetek, Erri De Luca, Ruggero Cappuccio, Giuseppe Montesano, Lello Esposito, Massimo Ranieri, Alessandro Siani, Ficarra e Picone, John Turturro).

“’A sorte e ‘a morte parene duje parole quasi uguale e tutt’e duje venen all’ intrasatta”. Versi di una poesia di Massimo Troisi, quanto mai veritiera e profetica perché sia il successo sia la sua scomparsa vennero all’improvviso (intrasatta).