di Felice Nicotera


O Mastuggiorgio era un infermiere di manicomio (“‘de pazze”).

Di solito aveva un fisico forte e robusto, e aveva la grande responsabilità di sorvegliare i pazzi affinché non facessero del male a se stessi ed ad altri. Egli collaborava a stretto contatto con lo psichiatra e il personale ispettivo, intervenendo all’occorrenza per immobilizzare il ricoverato infilandogli la camicia di forza, che una volta era molto usata.

L’appellativo si presta a diverse teorie. La prima vede l’origine della parola dal termine greco mastigophòros, “portatore di frusta”, cioè colui che usava la frusta per placare gli animi delle persone più agitate. Mentre la seconda, meno dotta ma più accreditata, vede la sua derivazione da Mastro Giorgio Cattaneo, un castigamatti vissuto nel Seicento che credeva di curare le malattie nervose con le percosse e picchiando violentemente i malati con un bastone.

I “castigamatti” o “fustigatori” erano gli psichiatri e gli infermieri dell‘ospedale degli Incurabili e il nome lascia intendere la violenza fisica con cui erano trattati, ricoverati e curati i malati di mente.

Famoso era il manicomio criminale di Aversa, uno dei più importanti di tutta l’Italia Meridionale.

Il termine di “Mastuggiorgio” lo troviamo anche in letteratura. 

Salvatore di Giacomo, nella sua poesia “Si è Rosa ca mme vò”, si ispira al forzuto infermiere:  “Nzerrateme, nzerrateme addò stanno, tant’ate, comm’a me, gurdate e nchiuse, addò passano ‘a vita, sbarianno, pazze cuiete e pazze furiuse. Nchiuditeme pè sempe ‘int’a sti mmura, è o mastuggiorgio mettiteme allato.”

E ancora Raffaele Viviani in ” ‘O guappo nnammurato”, dove sminuito e umiliato dagli spietati maltrattamenti da parte della donna di cui è perdutamente innamorato, dice di essersi ridotto allo zimbello del paese, ad una specie di “mastuggiorgio”, ossia un infermiere di manicomio.

La figura del “castigamatti” ha sempre suggestionato l’immaginazione popolare lasciando tracce nell’idioma, nel costume e nella letteratura partenopea fino ad oggi.

In Napoletano, anche se i manicomi sono chiusi, si usa ancor oggi dare il nome di Mastuggiorgio a coloro che si occupano della cura e della custodia dei pazzi, e “l’aspetta Mastuggiorgio si attribuisce alle persone che dimostrano chiari segni di follia.

Oggi il termine viene usato a Napoli anche come appellativo, ma ha un doppio significato: definisce un uomo intraprendente e deciso, capace di dominare una situazione difficile, ma che può essere anche violento e risoluto ad ottenere ciò che si prefigge ad ogni costo.