a cura della Fondazione Umberto Veronesi

L’ultimo anno, coinciso con l’inizio della pandemia da Covid-19, ha segnato l’avvento della didattica a distanza. Su nove mesi, escludendo l’estate, bambini e adolescenti hanno seguito le lezioni molto più spesso da casa che in classe. Una soluzione estrema che ha rappresentato anche un’opportunità, a fronte della scelta spesso forzata di dover chiudere le scuole. Ma che, oltre alle possibili ricadute sociali, ha comportato anche la necessità di trascorrere gran parte delle giornate di fronte a uno schermo. Un comportamento comunque da non incentivare e che – prima dello scoppio della pandemia – faceva registrare posizioni critiche da parte degli esperti. Quale impatto può avere sui più piccoli l’abitudine a trascorrere ore e ore davanti a tablet e smartphone?
SCHERMI: QUALE EFFETTO SULL’ATTENZIONE DEI BAMBINI?
Su questo aspetto si è concentrato un gruppo di ricercatori inglesi, autore di uno studio pubblicato sulla rivista Scientific Reports. Nessuna relazione con la pandemia, nel loro studio. Ma andando a misurare l’andamento dell’attenzione in un gruppo di 40 bambini, gli esperti sono giunti a dei risultati significativi. A maggior ragione in un periodo senza precedenti per quel che riguarda il ricorso al virtuale. E, di conseguenza, agli schermi di pc, tablet e smartphone. I ricercatori del Centro per lo sviluppo cerebrale e cognitivo della Birkbeck-Università di Londra sono partiti dall’anno di età, un momento che per molti bambini rappresenta la prima occasione di contatto con i dispositivi tecnologici. Ma anche una fase cruciale della vita per lo sviluppo dell’attenzione. All’inizio dello studio, così come al raggiungimento dei 18 (un anno e mezzo) e dei 42 mesi (tre anni e mezzo), i ricercatori li hanno posti di fronte a uno schermo per vedere la loro reazione alla comparsa di diversi oggetti. Risultato? Coloro che passano più tempo di fronte a uno schermo (cosiddetti «high users», riconosciuti come i bambini di un anno intrattenuti con smartphone e tablet per dieci minuti al giorno o più), sono risultati più veloci nel riconoscerli, ma anche più propensi a distrarsi in presenza di uno stimolo esterno.
Smartphone e adolescenti: come evitare la dipendenza?
LO SVILUPPO DEI BAMBINI E IL TOUCHSCREEN
Più reattivi, ma anche meno portati a mantenere l’attenzione su ciò che sono chiamati a fare. I bambini che trascorrono più tempo davanti agli schermi hanno un’attenzione esogena più marcata. Ovvero: risultano più sensibili a uno stimolo esterno recepito attraverso un organo di senso. In questo caso, la vista (nello studio si richiedeva di riconoscere una mela rossa in mezzo a tante mele blu). Ma, eventualmente, anche l’udito. Serve prudenza, però. È infatti ancora presto per ascrivere al touchscreen questo risultato. Non è chiaro, al momento, quale sia la causa e quale l’effetto. Spiega la ricercatrice Ana Maria Portugal, prima firma dello studio: «Al momento non siamo in grado di concludere che l’uso del touchscreen abbia causato differenze nell’attenzione endogena, che riponiamo volontariamente su un’azione, nel momento in cui la stiamo compiendo. I risultati potrebbero essere letti anche in maniera opposta. I bambini più facilmente distraibili potrebbero essere più portati a concentrarsi su ciò che compare sugli schermi di pc, smartphone e tablet».
BAMBINI MULTITASKING O DISTRATTI?
I primi anni di vita sono fondamentali per sviluppare il senso dell’attenzione e imparare a gestire i diversi stimoli che possono giungere dall’esterno, rispetto a un’attività principale. Un aspetto da non trascurare, poiché dall’attenzione dipendono per esempio la capacità di mantenersi a distanza dai pericoli e l’abilità di selezionare le informazioni salienti provenienti dall’ambiente. Da qui, visto anche il crescente uso degli schermi da parte dei bambini, la necessità di indagare gli effetti sul loro sviluppo. Come spiega Tom Smith, docente di psicologia cognitiva alla Birkbeck-Università di Londra, «esiste una preoccupazione legata al possibile impatto che l’uso del touchscreen, che oggi riguarda oltre 6 bambini su 10 già nel terzo e nel quarto anno di vita, potrebbe avere sull’attenzione dei bambini. Ma fino a questo momento le prove empiriche a sostegno di questa ipotesi sono risultate scarse». Ora ci sono i primi risultati, ma la loro interpretazione non può essere considerata conclusiva. Occorre infatti considerare che l’attitudine a seguire più fronti non è detto che rappresenti un aspetto negativo. O comunque, non a tutte le età.
Quasi 1 bambino su 3 soffre di un disturbo del sonno
MEGLIO TENERE GLI SCHERMI LONTANI FINO AI 2 ANNI
Bambini dunque troppo distratti o già multitasking? Una risposta definitiva ancora non c’è. Nel dubbio, vale il monito dell’Organizzazione Mondiale della Sanità. Prima dei due anni, i bambini non dovrebbero mai essere «impegnati» con smartphone e tablet. Nel terzo e quarto anno di vita è giusto iniziare a familiarizzare con la tecnologia, ma riducendo il tempo al minimo essenziale, che non dovrebbe mai superare l’ora quotidiana.
Fonte : FondazioneVeronesi
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