a cura della Redazione Spazio Interattivo


La Coppa “plana” negli Stati Uniti: stadi pieni e buon gioco. Per la prima volta, la Coppa viene assegnata dagli undici metri. Il Brasile dopo 24 anni ritorna in cima al mondo. E l’Italia di Sacchi finisce in lacrime…Per la prima volta, quindi, la rassegna iridata esce dall’asse Europa-Sudamerica, un risultato dovuto alla discesa in campo dello stesso presidente Reagan, ma soprattutto a fattori come la qualità degli stadi, la disponibilità finanziaria, le capacità organizzative, i mezzi tecnici e le strutture alberghiere.
Il tutto a dispetto di una esperienza specifica ridotta, con un obiettivo preciso, indicato da Henry Kissinger, ex segretario di Stato e sponsor dell’operazione: «Il 4 luglio i veri sportivi hanno brindato alla rinascita del soccer, con la speranza che questa volta il calcio riesca a far breccia nel cuore degli americani».

Nonostante non valga la prova televisiva (che infatti non ha salvato Zola), Tassotti becca otto partite di squalifica e una multa di 15 mila dollari (quasi 25 milioni di lire). Una volta di più, l’Italia del dopo-Franchi non riesce a farsi rispettare nelle sedi internazionali.

Alle porte bussa la temutissima Bulgaria, che Sacchi affronta cambiando una pedina per reparto: in difesa, Mussi al posto di Tassotti, a centrocampo Berti per Conte e in avanti di nuovo Casiraghi accanto a Roby Baggio. Nella prima mezz’ora, nel catino rovente del Giants Stadium, fiorisce la più bella Italia dell’era Sacchi, dal gioco armonico ed efficace. Gli azzurri avanzano a folate, ispirati dalla regia di Albertini e dalle partecipazioni di Dino Baggio e Donadoni.

Poi entra in scena lui, Baggino l’artista: prima raccoglie una rimessa laterale di Donadoni, supera in slalom due avversari lungo la linea dell’area grande e incenerisce Mihailov con un chirurgico destro nell’angolino, poi, servito da un assist di Albertini, insacca con un rasoterra nell’angolo alla destra del portiere. Applaudito a scena aperta, “mister Mondiale” poco dopo avverte una trafittura a una coscia e nella ripresa deve abbandonare.

L’efficacia dell’Italia scema a poco a poco; Donadoni e Maldini sfiorano il gol, poi Sirakov si scatena in area, saltando Costacurta che tenta di agganciarlo e finendo steso dall’uscita di Pagliuca. L’arbitro grazia il portiere e concede il rigore, trasformato da Stoichkov. Nella ripresa, il sole a picco e la stanchezza tagliano le gambe agli azzurri, che ripiegano resistendo bene agli assalti bulgari. Berti deve farsi soccorrere per i crampi, come altri compagni, sopraffatti dalla stanchezza, ma al fischio di chiusura c’è ancora il fiato per esultare: per la quinta volta nella storia, l’Italia è in finale di Coppa del Mondo.Praticamente senza storia l’altra semifinale, a Los Angeles, dove una Svezia opaca si difende a oltranza. Il Brasile comanda senza affondare convinto della sua innegabile superiorità. Poi nella ripresa, al 63′, Thern viene esageratamente espulso dall’arbitro colombiano Torres Cadena per fallo su Dunga e a dieci dalla fine il solito Romario incorna di precisione un cross dal fondo del bravo Jorginho. Brasile in finale dopo 24 anni, erano i tempi di Messico 70, ed ancora contro l’Italia.

Per esigenze televisive si gioca a mezzogiorno e mezzo (di fuoco). Nel forno del Rose Bowl di Pasadena, Los Angeles, il caldo è soffocante, in tribuna stampa fondono i computer non riparati da provvidenziali cartoni. La vigilia azzurra è stata lunga e movimentata per le condizioni di Roby Baggio, afflitto da una contrattura ai flessori della coscia destra ma disperatamente deciso a giocare. Sacchi alla fine lo accontenta, nonostante i precedenti di Puskas 1954 e Pelé 1962. Anche Dino Baggio e Albertini lamentano acciacchi muscolari, mentre sprizza salute da tutti i pori Franco Baresi, recuperato a tempo di record.

Sacchi schiera dunque Pagliuca in porta, Mussi e Benarrivo terzini, Maldini e Baresi centrali difensivi, Donadoni, Albertini, Dino Baggio e Berti a centrocampo e la coppia Massaro-Roby Baggio in avanti. Meno problematico il compito del contestatissimo Parreira, che conferma Taffarel in porta, Aldair e Marcio Santos al centro della retroguardia, Jorginho e Branco ai lati, i quattro mediani Mauro Silva, Mazinho, Dunga e Zinho e la coppia Romario-Bebeto in attacco.

Al fischio d’avvio dell’ungherese Puhl le due squadre si muovono guardinghe. Tra gli azzurri, Baresi esibisce un incredibile stato di grazia fisico e agonistico, ma Baggio cammina su una gamba sola. Un salvataggio di Maldini su Bebeto e un tiro di Massaro addosso a Taffarel preludono ai due infortuni del primo tempo: esce Jorginho, rilevato da Cafu, e poi Mussi, sostituito da Apolloni.

La migliore occasione tocca al Brasile, con un siluro di Branco su punizione e clamoroso errore di Mazinho sulla goffa ribattuta di Pagliuca. Nella ripresa i verdeoro si fanno avanti, in coincidenza col calo fisico degli azzurri, ma la partita non decolla. Dino Baggio è in difficoltà, Berti non sta in piedi ma Baresi e Maldini giganteggiano davanti a Pagliuca, ben sostenuti dal gladiatorio Apolloni. Alla mezz’ora il portiere azzurro non trattiene un tiro di Mauro Silva e viene salvato dal palo. Donadoni con un perfetto assist libera Roby Baggio davanti a Taffarel e dal tiro alle stelle si capisce che il Codino non “c’è”.

Si va ai supplementari, ma non succede nulla. Secondo tradizione, la lotteria dei rigori non riserva all’Italia il biglietto vincente. Nobilissimi i piedi degli errori azzurri: Baresi esordisce spedendo alto, Pagliuca rimedia parando su Marcio Santos, poi Taffarel neutralizza Massaro e Roby Baggio calcia alle stelle il sogno mondiale.E’ finita, il Brasile conquista il suo quarto titolo mondiale esattamente ventiquattro anni dopo le gesta di Pelè e compagni a Messico 70. Per l’Italia il rimpianto che se si fosse giocato in un orario più consono ad una gara di football e con un Baggio in forma, per gli uomini di Parreira non ci sarebbe stata storia.