di Felice Nicotera


Qualche anno fa, la trasmissione tv “Ulisse, il piacere della scoperta”, condotta da Alberto Angela, affrontò nella prima puntata uno degli episodi più celebri della storia di Roma: quello di Spartaco, lo schiavo ribelle. Quelli della mia generazione ricordano con grande emozione Spartacus, il kolossal degli anni ’60, diretto da Stanley Kubrick, interpretato da Kirk Douglas, tratto dall’omonimo romanzo di Howard Fast (1952). Narra la vita dello schiavo che sfidò la Repubblica romana: il gladiatore trace Spartaco. E’ stato scritto che “Spartaco è l’uomo più folgorante della storia antica”; la sua è una vicenda talmente unica da influenzare anche il pensiero politico moderno.

Egli capeggiò la rivolta di schiavi nota come terza guerra servile, la più impegnativa che Roma dovette affrontare. Secondo lo storico tardo romano Paolo Orosio, nei pressi delle sorgenti del fiume Sele (“ad caput Sylaris fluminis”), site nel territorio di Caposele, nell’Alta Valle del Sele, che a quel tempo faceva parte della Lucania, avvenne la battaglia. In quest’area, nei decenni passati, ci sono stati ritrovamenti di armature, corazze e spade di epoca romana. La battaglia finale fu preceduta da numerosi e cruenti scontri; Plutarco narra che Spartaco, prima di questa battaglia, uccise il suo cavallo, dicendo che se avesse vinto avrebbe avuto tutti i cavalli che voleva, ma se avesse perso “non ne avrebbe più avuto bisogno”. Durante lo scontro decisivo, il Trace sarebbe andato personalmente alla ricerca di Crasso per affrontarlo direttamente; egli non riuscì a trovarlo ma si batté con grande valore, uccidendo anche due centurioni che lo avevano attaccato. Dalla narrazione di Plutarco risulta che Spartaco rimase al centro della mischia mentre i ribelli erano ormai in rotta; circondato da un numero soverchiante di legionari venne «massacrato di colpi» e morì combattendo fino alla fine. Il suo corpo non sarebbe stato mai ritrovato. Il sogno di una vita libera durò due anni, nel 71 a.C. tutti i ribelli vennero massacrati e uccisi. I 6000 prigionieri che in quella battaglia furono catturati vennero tutti crocifissi ai bordi della via Appia. Un ultimo gruppo che era sfuggito al massacro venne sterminato in Etruria dalle truppe al comando di Pompeo. Gli storici antichi erano divisi sui reali obiettivi del Trace: taluni pensarono che volesse solo riconquistare la propria libertà e vendicarsi delle angherie subite per mano dei Romani, mentre altri che volesse davvero muovere guerra alla Repubblica romana e costringerla all’abolizione della schiavitù. Il romanziere e garibaldino Raffaello Giovagnoli pubblicò, nel 1873, il romanzo Spartaco come tributo all’eroismo garibaldino, con una lettera di Garibaldi in prefazione, che si definisce un liberto e termina auspicando un futuro in cui non ci saranno né gladiatori né padroni. La sua figura ispirò romanzi, film, opere artistiche e alcune personalità politiche quali Rosa Luxemburg e Karl Liebknecht che nel 1919 fondarono la Lega di Spartaco e che vennero definiti appunto “spartachisti”. Per Karl Marx era un eroe, un “vero rappresentante del proletariato antico”.