a cura della Redazione “Il Postalista”


Dopo la pubblicazione del bellissimo volume “Castelli d’Italia – Viaggio tra i colori e le particolarità della serie” di Ketty Borgogno, presentato in occasione di Milanofil 2019, ho pensato bene di riguardare con dovuta e particolare attenzione alcuni valori, in particolar modo quelli calcografici, dove la stampa è più precisa e dettagliata.
Tra quelli emessi con questo metodo di stampa, ho focalizzato la mia attenzione sul valore da 350 lire dedicato al Castello di Mussomeli (figura 1 – noto anche come castello manfredonico) che è una fortezza eretta tra il XIV e il XV secolo. Si trova su una rupe, a due chilometri ad est di Mussomeli in provincia di Caltanissetta, nella bellissima Sicilia, ad un’altezza di circa 778 metri.

Figura 1

Cenni storici

Un breve e doveroso cenno storico tratto dal sito della Regione Sicilia.
Tra le 200 fortezze presenti in Sicilia è senza dubbio al Castello di Mussomeli che spetta la palma della più inaccessibile e inespugnabile. Capolavoro d’architettura militare del XIV e XV sec., fu fatto erigere da Manfredi III Chiaramonte, uno dei quattro vicari che governarono l’isola durante il regno della regina Maria nel 1370.
Ubicato a circa 2 km. dal centro abitato, disposto a quote diverse fino a toccare i 780 metri, sembra creare un tutt’uno con la rupe calcarea che s’innalza isolata nella campagna di Caltanissetta, provincia disseminata di castelli.
La fortezza è delimitata da un muro di cinta irregolare che sfrutta al meglio ogni possibile appoggio offerto dai costoni rocciosi; in tal modo la parte costruita dall’uomo si fonde con quella creata dalla natura. Ricca di decorazioni appare la facciata esterna del castello con il portale e le finestre dagli ornamenti gotici; ma anche la visione dell’interno, a cui si accede da una porta ad arco ogivale, lascia senza fiato.
Meritano di essere visitate le sale dalle alte volte a crociera, la Sala dei Baroni, caratterizzata dai pregevoli portali in puro stile “chiaramontano” e da due finestre bifore, la “Prigione della Morte” dove i condannati venivano calati attraverso una botola e uccisi per annegamento e la cappella dove è conservata la statua della “Madonna della catena”, a cui i carcerati si rivolgevano per implorare la grazia.
Infine una peculiarità costruttiva del castello di Mussomeli: è ricco di ambienti triangolari che servono da raccordo tra le sale di ogni lato del poligono con le scale successive
”.

Realizzazione del francobollo

Incaricato di realizzare il bozzetto del francobollo, fu chiamato Giuseppe Verdelocco, Incisore del Poligrafico fino al 1992, che ha avuto al suo attivo diversi esemplari della serie Castelli, emessa nell’ormai lontano 1980.
Emesso il 22 settembre 1980 il francobollo, dal valore di lire 350 (figura 2), è stampato in calcografia a 3 colori (azzurro, seppia e verde) su carta fluorescente e filigrana stelle IV tipo.
Il formato della carta è mm 25,4 x 30 mentre quello della stampa è mm 21,4 x 26 -.
La dentellatura è a pettine 14 x 13 ¼ -.

Figura 2

La piccola novità

Incuriosito dalle tante “varietà” conosciute di questo francobollo (faccio come sempre riferimento al volume di Ketty Borgogno), armato dei ferri del mestiere (lentino di ingrandimento, pinzetta, odontometro, vaschetta nera per la filigrana e l’immancabile lampada di Wood), mi sono messo in cerca di qualcosa di nuovo.
E qualcosa di nuovo è venuto fuori!
Bella, come può essere bella quella di Cheope, la piramide si staglia ben definita alla base del castello sopra l’albero posto in basso a destra del francobollo (figura 3).

Figura 3

A questo punto sorge spontanea una domanda: è stato solo un caso che Verdelocco, nella realizzazione del francobollo, abbia tracciato, non volendo, delle linee di incisione che hanno portato, poi, alla visualizzazione della piramide? Oppure lo ha fatto volutamente, forse perché attratto dai misteri, ancora da scoprire, delle piramidi egiziane, lasciando ai posteri l’ardito compito di trarre le conclusioni dei suoi desideri?
Ai lettori, lascio l’interpretazione dei dubbi, a me il piacere di averli sollevati.

Articolo di Antimo D’Aponte


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