di Felice Nicotera
Amico stretto dello schiattamuorto, lo iettatore, colui che porta sfortuna ed emana un’influenza negativa.
Iettatura deriva dalla forma dialettale napoletana “gettatura” (l’atto di gettare), e in questo caso si getta il malocchio.
«L’jettatore è di solito magro e pallido, il naso ricurvo, occhi grandi che hanno qualcosa di quelli del rospo, e ch’egli di solito copre, per dissimularli, con un paio di occhiali: il rospo, come è noto, ha ricevuto dal cielo il dono fatale della jettatura: uccide l’usignolo col solo sguardo.»

Lo iettatore è una persona cinica, egoista, solitaria, è evitato da tutti, quindi è molto taciturno; indossa un abito nero e occhiali neri; sia per lo schiattamuorto che per lo iettatore vengono adoperati gesti scaramantici per allontanare il loro “fascino malefico”.
Nella consuetudine giovanile (e ci terrei a dire, non solo) quando si è in presenza di un iettatore o di un cosiddetto uccello del malaugurio si fanno vari e diversi scongiuri, i più noti sono: toccare il ferro di cavallo o un semplice pezzo di ferro, il corno o il gobbo rosso di plastica che un buon napoletano nasconde sempre nella propria tasca dei pantaloni, fare le corna, gettarsi chicchi di sale grosso alle proprie spalle quando il menagramo è andato via, dire formule propiziatorie, avere al collo una catenina che ha per ciondolo d’oro o d’argento il numero 13, (anche se poi, in molte altre culture e tradizioni il 13 non è visto di buon occhio ma è visto di cattivo augurio); inoltre non mancano gesti alquanto scurrili (come toccarsi le parti intime del proprio corpo…).
Questo personaggio popolare ha attirato l’attenzione di grandi artisti ed intellettuali, basti pensare allo scrittore siciliano Luigi Pirandello, che ispirandosi alla figura dello iettatore, scrisse nel 1911 una novella intitolata La patente. Come tutti sanno il drammaturgo agrigentino trasse poi, da questa novella (inserita nella raccolta Novelle per un anno), un atto unico, pubblicato nel 1918 e rappresentato per la prima volta nello stesso anno in dialetto siciliano dalla Compagnia Angelo Musco, al Teatro Alfieri di Torino. Il dramma è stato poi inserito in Maschere nude (raccolta di tutto il teatro pirandelliano).
L’opera teatrale pirandelliana ha avuto anche un grande interprete sul grande schermo, ossia nella versione cinematografica Questa è la vita (1954), nell’episodio “la patente” per la regia di Luigi Zampa, nel ruolo dello iettatore vi troviamo Totò. Il povero Rosario Chiàrchiaro è costretto ad indossare la maschera che la crudele società gli ha imposto. Lui a causa dell’ignoranza e della superstizione della gente. E’ considerato un menagramo, e per riscattarsi dalla sua tragica realtà chiede ed ottiene dal giudice istruttore D’Andrea, la patente di iettatore che gli riconosce legalmente la sua professione di menagramo e quindi gli permette di arricchirsi, dal momento che tutti i suoi compaesani, quando se lo vedranno davanti, gli pagheranno volentieri una tassa per farlo andare via….
<<… [ ] Mi pagheranno per farmi andare via! Mi metterò a ronzare attorno a tutte le fabbriche; mi pianterò innanzi a tutte le botteghe; e tutti, tutti mi pagheranno la tassa, lei dice dell’ignoranza? Io dico la tassa della salute! Perchè, signor giudice, ho accumulato tanta bile e tanto odio, io, contro tutta questa schifosa umanità, che veramente credo d’avere ormai in questi occhi la potenza di far crollare dalle fondamenta una intera città>>.
(Da Novelle per un anno, Mondadori)
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