a cura della Redazione “Fotografiaartistica” e di Giuseppe Santagata


“Volevo che lei mie fotografie avessero la stessa forza dell’ultima cosa che una persona vede o ricorda prima di morire”…” Il mio primo ricordo cosciente è stato quando avevo 6 anni. Era una domenica. Mia madre, io e mio fratello gemello stavamo scendendo le scale del palazzo in cui abitavamo. Stavamo andando in chiesa. Mentre camminavamo lungo il corridoio, sentimmo uno schianto incredibile provenire da fuori l’ingresso del palazzo, insieme ad urla e grida supplicanti aiuto. L’incidente aveva coinvolto tre vetture. Nella confusione, lasciai la mano di mia madre. Nel punto in cui mi trovavo sul marciapiede, vidi qualcosa che rotolava via da una delle auto rovesciate. Si fermò sul marciapiede, davanti a me: era la testa di una bambina. Mi chinai per toccarle il viso, per parlarle, ma prima che potessi sfiorarla qualcuno mi portò via”.

Le immagini di Joel-Peter Witkin causano uno squarcio alle comuni visioni di Bellezza e Ordine. L’opera provocatrice di Witkin costruisce brutali visioni apocalittiche che decantano l’anomalia e la deformità. Il fotografo americano crea un mondo al tempo stesso spaventoso e affascinante. Nato a Brooklyn il 13 Settembre del 1939, figlio gemello di padre ebreo e madre cattolica, Witkin frequenta la Grover ClevelandHigh School. Tra il 1961 e 1964 lavora come fotografo di guerra durante la Guerra del Vietnam. Successivamente prosegue gli studi alla CooperUnion di New York specializzandosi in scultura. Ottiene una borsa di studio che gli permette di concludere gli studi con un Master in fotografia e storia dell’arte presso l’Università del New Mexico di Albuquerque.

L’opera dell’artista americano è un’esaltazione della diversità: dalle deformità fisiche, congenite o acquisite, alle devianze psicologiche e sessuali. La ricerca di una bellezza nell’orrore, la costante ossessione della morte, i continui rimandi alla simbologia cristiana e alla vulnerabilità corporea costituiscono la base concettuale di opere che si confrontano costantemente con alcuni autori della storia dell’arte, tra i quali Bosch, Goya, Velasquez, Miro, Botticelli e Picasso.

Utilizzando immagini e simboli del passato, Witkin costruisce quadri che trascendono l’aspetto macabro e morboso. Vita e morte, attrazione e repulsione, erotismo e disgusto si alternano. Parti di oggetti e parti di corpi umani entrano nelle composizioni in modo dissacrante e scandalosamente normale.

Ogni immagine viene disegnata inizialmente su carta, al fine di organizzare minuziosamente ogni dettaglio della scena. Una volta fotografata, Joel-Peter Witkin passa ore in camera oscura, graffiando, incollando, pitturando e perforando i suoi negativi, per reinterpretare l’idea originale in un ultimo atto di adorazione. Occhi, nani, carcasse amputate, costituiscono parti di una partitura, barocca e ridondante, fatta di segni e di significati da decifrare.


“I grandi maestri della fotografia”

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