a cura della Redazione di “Guida fumetto italiano”


Una ricerca certosina su un periodo estramente delicato

25 luglio 1943 – 5 giugno 1944 è per l’Italia e per il Vittorioso un periodo molto difficile. Date, prezzi, sovrastampe e autorizzazione aiutano a capire quanto accaduto.

Il <i>Vitt</i> dei misteri e dei rompicapi

L’anno 1944, per il settimanale il Vittorioso, fu un periodo oscuro e difficile. Il primo numero uscì ancora durante l’occupazione nazista, poi con l’arrivo degli alleati fu diffuso con una confusione di date, di prezzi, sovrastampe e doppie sovrastampe con nuove date e nuovi prezzi. E con autorizzazioni diverse, dapprima del MinCulPop (il Ministero della cultura fascista), poi nessuna e poi quella concessa dagli Alleati [APB]. Una tribolata vicenda editoriale che tentiamo di rielaborare in modo organico e razionale.

Gli Alleati e il controllo della stampa: il PWB e l’APB

Durante la Seconda guerra mondiale, gli alleati avevano pianificato – anche per lo scacchiere italiano – uno stretto controllo della stampa e dei mezzi di comunicazione e nel marzo ’44 avevano creato, all’interno del PWB (Psychological Warfare Branch), l’ufficio APB (Allied Pubblications Board) il cui compito era quello di “concedere e revocare le autorizzazioni per pubblicazioni di quotidiani, settimanali, libri, manifesti”. L’11 luglio venne ribadito – dal Sottosegretario alla Stampa del nuovo Governo Italiano – che “le autorizzazioni alla stampa dovevano essere richieste al Prefetto che, espressa la propria valutazione, le avrebbe poi inoltrate all’ACC (Commissione alleata di controllo), cui era delegato il potere “autorizzativo” che doveva però sempre sottostare al giudizio definitivo dell’APB.

La stampa a Roma liberata

Il giorno stesso dell’ingresso degli alleati in Roma – il mattino di lunedì 5 giugno 1944 – il PWB installa i suoi uffici nell’ex MinCulPop. Una stranezza: il giorno precedente era uscito Il Messaggero che, con gli alleati che avevano già raggiunto la periferia romana, inneggiava alla vigorosa resistenza tedesca sui Colli Albani [sic!]. I nostri liberatori trovano una città con la struttura informativa propria di una capitale, praticamente intatta. Per prima cosa, sospendono tutte le pubblicazioni, censiscono i quotidiani già stampati senza alcun controllo nei due giorni di libera circolazione (5 e 6 giugno) e fanno l’inventario della carta da stampa.

Fin dal giorno stesso della liberazione della capitale, edicolanti e strilloni improvvisati vendono una moltitudine di giornali, tanto che a metà della prima settimana affrancata dal fascismo, le autorità alleate (PWB) registrano – con stupore e disappunto – che nonostante le proprie severe direttive, nei primi due giorni, erano stati stampati ben sette quotidiani e tre settimanali. Il PWB annoterà – pochi giorni dopo – che i quotidiani in circolazione a quella data sono ormai quasi una ventina e preciserà che il controllo della stampa romana, che ebbe inizio regolarmente verso il 15 giugno, non fu affatto facile.

Dobbiamo a Primo Parrini, in una sua descrizione delle vicende da lui vissute, una importante messa a punto della situazione editoriale in vigore in quei giorni in città. Il Parrini, che divenne il primo Presidente della nuova Associazione degli Editori di Roma e Direttore del nuovo settimanale Il Pettirosso, rappresenta la persona più adeguata per raccontarci questi eventi. Tre erano le difficoltà non facilmente superabili in quelle circostanze: l’energia elettrica, la carta da stampa, gli inchiostri tipografici.

La carenza di energia elettrica si fece acuta fin dai primi giorni dalla liberazione, e fu giocoforza razionarla, distribuendola a quartieri alterni, anche se non era difficile ‘prelevarla’ (per il tempo necessario, si intende) dalle linee destinate ai settori essenziali (forni, molini, celle frigo, tram, ecc) e trasferirla dove si desiderava arrivasse. Per i primi giorni si utilizzò la carta da stampa messa da parte dalle tipografie, ma quando il PWB provvide al suo contingentamento, le quantità possedute andarono celermente in esaurimento (o meglio in parte vennero opportunamente occultate). Le autorità stabilirono la tiratura dei giornali, e quindi la quantità di carta concessa ad ognuno. Ma ci si arrangiò a questo stato di cose e coloro che avevano carta in eccedenza (per aver magari denunciato una tiratura maggiore) la cedettero, a caro prezzo, a coloro che ne erano sprovvisti. La carenza di inchiostro tipografico raggiunse un periodo critico verso la fine dell’estate, quando nessuna ditta laziale ne disponeva a sufficienza. Il nostro Parrini, nella Firenze appena liberata, riesce a rintracciarne da un fornitore che accetta la consegna in cambio alcuni fusti di catrame.

Alla fine del 1944, in una rivista del Comune di Roma, Capitolium, viene pubblicato un prezioso articolo di Ettore Veo: Quotidiani e periodici usciti a Roma dopo il 4 giugno 1944”. È un documento scritto a ridosso degli eventi e quindi di sicura evidenza. L’autore elenca i numerosi quotidiani e periodici distribuiti fin dal lunedì 5 giugno. Tra i primi merita un cenno Il Quotidiano, che aveva come sottotitolo ‘quotidiano con l’approvazione della Santa Sede e sotto gli auspici dell’Azione Cattolica’. Il suo primo numero fu posto in vendita sabato 11 giugno e fu sospeso dal 16 al 24 giugno.
I settimanali presi in analisi sono quasi una ventina, in gran parte di estrazione politica. Non mancano tra di essi tre periodici satirici: Rugantino – storico trisettimanale in dialetto romanesco – che riprende le pubblicazioni l’8 di giugno; Cantachiaro, antigiornale satirico-politico, il cui primo numero viene stampato il 10 giugno, e Il Pettirosso – edizione satirica settimanale dell’Avanti! – che esce per la prima volta il 2 agosto ed il cui Direttore è il già citato Parrini. In questo elenco si trovano anche due nuovi giornali con storie a fumetti: Giramondo – settimanale di racconti, di avventure e di viaggi e L’Avventura – Le più belle storie. i migliori disegnatori i cui primi esemplari escono in edicola il 6 agosto. Ambedue hanno come comune editore Capriotti. Ma in modo inaspettato ed insolito non compare, in questo lungo elenco, il Vittorioso, e dire che la lista era stata revisionata ed aggiornata dall’autore negli ultimi giorni dell’anno, quando il settimanale aveva già editato almeno una quindicina di numeri.

La stampa tipografica del Vittorioso

Nel n. 3 del 1939, la redazione de il Vittorioso descrive per i lettori il percorso redazionale e tipografico del giornale. I passaggi editoriali seguono due differenti percorsi a seconda che si tratti della tavola disegnata (in nero o a colori) oppure del testo redazionale. Ne riassumiamo i punti salienti.

Le tavole disegnate, completate con eventuali righe di testo, o con quant’altro richiesto, vanno dapprima ‘trasferite’ – con specifica procedura fotografica – su lastre di zinco, che vengono poi adeguatamente approntate per i colori giallo, rosso e blu (ciano). La preparazione del testo avviene invece mediante composizione con macchina linotype oppure a mano, e poi inserito nelle matrici di stampa, impaginate assieme a disegni o altri inserti. Da queste ultime similmente si possono ottenere a loro volta le lastre di zinco anche per il bianco e nero. Le lastre di zinco – che sono flessibili – vengono infine avvolte attorno ai rulli della rotativa per la stampa (una macchina ‘Off Set’). Se richiesto da particolari esigenze tipografiche ci si poteva avvalere anche della stampa cosiddetta ‘piana’.

Poiché il Vittorioso era stampato a due numeri alla volta, dopo aver impaginato testo tipografico e tavole disegnate, su di un lato di un grande foglio venivano impresse solo le pagine a colori, e – a ridosso della chiusura redazionale definitiva – sul retro dello stesso foglio quelle in bianco e nero. “Una volta separati i due numeri, i fogli singoli erano ripresi dalle piegatrici automatiche, accuratamente piegati e passati alla sala di spedizione” – come si legge nello stesso numero del giornale. Durante il lungo periodo di guerra, per risparmiare sui costi, il settimanale venne stampato – dal numero 11/43 fino al n. 22/45 – a due colori (rosso e blu) e in nero solo le pagine del testo (le ppg. 2, 3, 6 e 7).

Ma quando veniva allestito, quando stampato e spedito il Vittorioso? I riscontri sul settimanale delle quattro tappe storiche più significative (il 25 luglio, l’8 settembre, la liberazione della capitale e la fine delle ostilità), ci permettono di definire, con buona approssimazione, una sequenza di circa 3 settimane: una settimana per l’aspetto redazionale, un’altra per i tempi tipografici e la terza prevedeva la spedizione (che aveva luogo circa una settimana prima della data impressa). La consegna alle nostre latitudini, noi lo ricordiamo, arrivava di martedì o mercoledì.

È nostra opinione che le correzioni o modifiche venissero apportate in questo modo. Le raschiature di parole o rimozione di righe o parti di esse, erano eseguite sulla matrice di stampa, zincata o no; la copertura di righe di testo, per esempio con crocette, veniva realizzata sul foglio di stampa (parziale o definitivo).

il Vittorioso 1943: 25 luglio – 8 settembre

Per comprendere meglio le vicissitudini ‘belliche’ del settimanale, facciamo un breve passo indietro e decolliamo dagli ultimi numeri pubblicati nel 1943. Come adeguamento alle mutate condizioni politiche generate dagli eventi del 25 luglio, si verificano alcune indispensabili correzioni tipografiche negli ultimi tre numeri di quell’anno (n. 24, 25, 26). Il n. 24, che porta la data del sabato 31 luglio, uscì nelle edicole – con impresso l’anno fascista [1943 – XXI] – in coincidenza con le decisioni del Gran Consiglio, per cui in tipografia si corse subito ai ripari. Si provvide a raschiare, dalla matrice di stampa, l’indicazione dell’era fascista che così scomparve nelle (non molte) copie che ancora dovevano essere stampate.

Il numero successivo, che avrebbe dovuto portare la data del 7 agosto, era già impaginato e pronto per la stampa, ma gli avvenimenti generati dal Gran Consiglio ne decretarono la sospensione fino a quando, dopo ferragosto, la pubblicazione del settimanale riprese e, fatte le opportune modifiche sulla matrice tipografica, uscirono in edicola i numeri 25 e 26 con le nuove date (4 e 11 settembre 1943), ambedue senza indicazione dell’anno fascista, e con prezzo invariato (cent. 60).

Purtroppo la sfortuna bussò per la seconda volta e la distribuzione del n. 26 (era da poco arrivato nelle edicole) andò anch’essa a cadere a cavallo dell’altro momento storico: l’armistizio proclamato il mercoledì 8 settembre. Ne risultò una ulteriore sospensione del Vittorioso fino a Natale, quando questi due numeri saranno di nuovo posti in vendita, approfittando delle festività, ma sovrastampati nel prezzo (Lire UNA) e nelle date, che in modo inatteso, cadono ambedue di giovedì (23 e 30 dicembre 1943).

il Vittorioso: i primi mesi del 1944

Nei primi mesi del 1944, mentre gli alleati occupano già l’Italia del sud e le Isole, Luigi Gedda, fondatore e direttore de il Vittorioso, rilancia – come presidente dell’Azione Cattolica giovanile (Giac) – l’associazionismo cattolico in vista anche del vicino dopoguerra. Nell’assemblea generale dell’AVE del 30 marzo 1944, si evidenzia un pesante disavanzo per l’esercizio dell’anno precedente. “Tra le cause – egli rende noto – basta solo accennare alla forzata sospensione, con grave danno per il nostro bilancio, della pubblicazione de ‘il Vittorioso’, un settimanale di larga diffusione, ed inoltre si è dovuto sospendere la spedizione di libri sia per l’Italia meridionale che per quella del nord, per cui si è reso necessario ridurre le spese generali e licenziare parte del personale”.

Nella stessa riunione, è sensato pensare che venisse decisa la ripresa, il più presto possibile, delle pubblicazioni del settimanale. Per galvanizzare i giovani lettori in ansiosa attesa (“… in questi mesi di sosta si è lavorato assai nella redazione del Vitt”…) viene organizzata una Adunanza tra i più assidui e fedeli, quella cioè dei “Piloti e dei Fedelissimi di Roma, con canti, proiezioni cinematografiche e concorso di cartelloni”, in cui “il Pilota Maggiore aveva detto tante belle novità e tutti hanno fatto una grande propaganda per il giornale”. Se ne darà ampio resoconto nei numeri 1 e 4 del 1944. Gli effetti positivi su questa scelta editoriale si faranno sentire. Gedda, esporrà – nel marzo del 1945 – il bilancio del 1944 che registra un avanzo economico, e una rapida ripresa a partire dalla liberazione dell’Urbe, anche se “lo stato di guerra, le difficoltà di trasporti e la scarsità delle materie prime avevano ancora pesato sul bilancio. Per ‘il Vittorioso’ solo per un breve tempo, nel 1944, è stata possibile la diffusione”.

Nonostante le difficoltà causate dalle vicende belliche, scorrendo gli ultimi numeri del ’43 e quelli del ’44, si ha l’impressione di una continuità… discontinua, ma perseguita nonostante tutto. I primi due numeri del 1944 rappresentano di fatto la prosecuzione del n. 26 dell’anno precedente, e in redazione, anche se con ritmi rallentati, fin dall’autunno del ’43 vennero impostati i menabò di alcuni numeri a seguire. Appena ottenuto il via libera, i redattori si affrettano a riattivare e a impostare il settimanale per i primi sei numeri di quell’anno. Il prezzo dovrà adeguarsi (da Lire Una a Lire Due). Alcune rubriche redazionali (RadiovittCantuccio dei furbi, giochi e concorsi) andranno lasciate ‘aperte’ per permettere l’inserimento di testi, poco prima della definitiva composizione tipografica e della stampa. Si dovrà lesinare sulla carta e la tiratura, per forza di cose, sarà drasticamente ridotta a qualche migliaio di copie o anche meno.

A partire dal n. 16 del 20 maggio 1943 era stata incaricata della stampa la Tipografia L’Airone di Roma (che era la tipografia di fiducia dell’AVE). Tuttavia per la ripresa delle pubblicazioni (e fino al n. 26/46) viene ora scelta una nota cartotipografia milanese con filiale a Roma: l’IGAP (Impresa generale affissioni e pubblicità), che forse si sarà servita di un’altra stamperia, dal momento che in quell’anno nessun’altro giornale o periodico romano impiegò direttamente la sua opera. La ricerca e la scelta dell’azienda tipografica non deve essere stata facile per la proprietà, anche in considerazione del bombardamento della Capitale del 10 marzo 1944, che in via del Gazometro provocò gravi danni alla Editrice Atena e alla Tipografia l’Airone.

Le zone raggiungibili dal servizio postale, oltre la capitale, sono sempre più limitate e per giunta problematiche. Alle edicole andranno solo poche copie, poiché queste possono dare in resa delle copie invendute, quello che non certo avviene con gli abbonamenti e con le vendite nelle parrocchie, negli istituti religiosi e negli oratori, veri volani distributivi. E forse anche per queste ragioni il nostro settimanale non comparirà mai nella lunga lista di Ettore Veo dei giornali pubblicati dopo l’arrivo degli alleati a Roma.

La vignetta 119 del n. 1, 1944

Tiriamo per il momento un po’ il fiato con un nostro rinvenimento tipografico che ci permette una nuova lettura della famosa vignetta 119 del n. 1/1944. Ci spieghiamo meglio. Si tratta della nota vignetta di pagina 4, ove un gruppo di quattro ragazzi salutano un cavaliere che si allontana. Il loro saluto però è censurato, in alcune copie con raschiatura di una parola dalla matrice di stampa, in altre grazie alla cancellazione della stessa con alcune crocette [‘Viva xxxx]. Quale era la parola che si voleva eliminare? Visti i tempi bui e la guerra in corso, si è sempre optato che la parola originaria fosse [‘Viva il Duca!’], che quindi poteva far ricordare ‘Il Duce’. Era logico e razionale pensarlo. Ma l’analisi attenta delle copie in nostro possesso, ci ha permesso di riscontrare che la parola eliminata dalla vignetta era invece [‘Viva Savoia!..]. Si può dire che la puntata del “Tamburino del Duca”, disegnata da Chiletto, a cui essa si riferisce, fu consegnata in redazione, e allestita per la stampa, in tempi antecedenti l’8 settembre. E quei periodi storici ‘permettevano’, si fa per dire, l’uso della parola ‘Savoia’. Questa ‘correzione’, fu approntata ben dopo l’armistizio e ci permette, con una certa precisione, di individuare il periodo di tempo in cui essa venne effettuata. E grazie a ciò, come poi vedremo, l’analisi dei primi numeri del 1944 si fa un po’ più agevole.

il Vittorioso 1944

Per cercare di metter ordine nella descrizione della successione temporale di uscita dei primi dieci numeri dell’anno, in definitiva è il prezzo (sia di copertina o sovraimpresso) quello che traccia la strada: Lire Due, Lire Tre e Lire Quattro. Sovrastampe, autorizzazioni e loro diversità tipografiche e qualche importante curiosità ci aiutano nell’impegno.

4 giugno: prezzo Lire DUE. Con l’inizio del 1944, in attesa delle decisioni della proprietà, in redazione si erano ‘buttati avanti con il lavoro’ – come si suol dire – e nell’attesa di tempi migliori, si predispose l’allestimento dei primi sei numeri con il materiale in gran parte accumulato l’anno precedente e con altro che veniva via via raccolto. Quale potrebbe essere il razionale di questa affermazione? Innanzitutto erano tutti e sei predisposti per essere venduti a Lire Due, e poi contenevano la stessa autorizzazione fascista [MCP] in ottava pagina. Come pure la datazione in successione settimanale, posticipata di sette giorni a partire dal numero 3.

Una volta ottenuto da Gedda l’avvio, e siamo già arrivati ad aprile, la redazione decide di uscire con i primi due numeri. Ma subito ci si rende conto che la famosa vignetta 119 contiene la parola incriminata [‘Savoia’], una esclamazione lecita e permessa prima dell’8 settembre, ma non più dopo l’armistizio quando i Sovrani si erano dati alla fuga a Brindisi, e non era affatto il caso inneggiare a essi. Nei fogli già stampati si provvede pertanto a ‘crocettarla’, prima che le copie entrino in circolazione, e al contempo a ‘raschiarla via’ dalla matrice tipografica, per una ulteriore stampa di non molti esemplari. Il n. 1 (con data di domenica 4 giugno), venne composto in tipografia due settimane prima della liberazione e posto in vendita la settimana antecedente, mentre il n. 2 (data 11 giugno) fu impresso qualche giorno prima dell’arrivo degli alleati e uscì in circolazione in contemporanea con l’ingresso a Roma del Gen. Clark. Infatti in calce all’ultima pagina di questi primi due numeri, è regolarmente stampata l’Autorizzazione fascista MCP n. 1159 del 7-1-1944 [MCP]. Eliminando quasi del tutto, a pagina 2 del n. 1/44, la rubrica di RadioVitt, viene ricavato lo spazio per dare sommari chiarimenti – in vistoso carattere neretto – del lungo silenzio editoriale. E per galvanizzare gli scalpitanti lettori.

In questo periodo convulso e caotico, il giornale può essere consegnato, ma circola con molta difficoltà. Il giorno 22 maggio l’offensiva alleata aveva avuto inizio. Di questi numeri vengono stampati forse un migliaio di copie o poco più (si pensi che alla fine del 1945 non superavano le 5.000) e fu privilegiata la spedizione in abbonamento e la consegna ai circoli cattolici (e magari qualche edicola vicina). In quei giorni il territorio raggiungibile dai disastrati servizi postali era ormai ridotto a poca cosa e si limitava ai lettori, confinati quasi tutti nell’Urbe e nel circondario.

Una volta liberata la capitale e dopo un breve periodo di anarchia diffusa, il PWB prende in mano la situazione e, dal giorno 15, provvede alla sospensione temporanea di alcuni quotidiani e periodici romani, tra i quali anche Il Quotidiano, che riprese le pubblicazioni a distanza di una decina di giorni. il Vittorioso, dopo il n. 2, decide perciò di interrompere la diffusione in attesa di comprendere meglio i comportamenti da tenere. Ma poi la redazione, che ha l’impressione di trovarsi in una specie di ‘cono d’ombra’ (ma era stato recensito ufficialmente il settimanale dalle autorità alleate?), tenta di farla franca e decide di avanzare sotto traccia.

E allora del numero 3, che avrebbe dovuto andare in tipografia nella prima settimana dopo la liberazione dell’Urbe, e quindi spedito con la data del 18 giugno, viene ritardata l’uscita, e rapidamente ‘adattato’. In tipografia si è operato in questo modo: sostituzione nella composizione tipografica della prima riga sopra la testata con la nuova data (ma sempre a Lire Due), e adattamento dell’ultima riga in calce della pagina 8 dalla quale viene tolta la licenza fascista [MCP], senza alcuna sostituzione. Similmente si è operato anche sul gemello n. 4. In tal modo, con una settimana di ritardo (dal 12 al 18), va in stampa (e poi in spedizione) il numero 3 (che viene provvisto della data del 25 giugno) e sette giorni dopo il n. 4 (con quella del 2 luglio). Il prezzo comune è sempre di Lire Due. È mutato il clima politico e quindi – last minute – si aggiornano le rubriche redazionali: mezza pagina sul Papa Pio XII (La Grande Luce) che parla di ‘internati’, di ‘prigionieri di guerra’ (concetti vietatissimi solo pochi giorni prima), e ci si rivolge solo ai lettori della capitale.

Speriamo che butti bene”, avranno detto in redazione. Anche se in modo temerario, questi due numeri del Vittorioso escono in circolazione e inviati (come per il solito) alle parrocchie, alle associazioni e agli abbonati della capitale e delle zone vicine. Forse si escludono le edicole, un mezzo ‘esterno’ molto in vista e controllabile dai censori alleati. Per il numero 3 va tutto bene, ma sorgono alcune difficoltà per il numero successivo: avrebbe dovuto essere stampato nella settimana in cui Il Quotidiano venne sospeso, e viene quindi a mancare il legame che lo collegava allo stesso, che aveva una tiratura che si aggirava sulle 13.000 copie, ma riceveva una quota di carta per un numero molto maggiore, e perciò poteva cedere buona parte della sua assegnazione ad altre pubblicazioni periodiche cattoliche. E di certo anche a favore de il Vittorioso. Per questo (verosimile) motivo il numero 4 risulta particolarmente raro. Gli esemplari con la data originaria furono in gran parte consegnati agli abbonati, quelli con successiva sovrastampa seguirono il destino degli arretrati. Ma poco dopo l’AVE deve giocoforza sospendere, per alcune settimane, l’allestimento tipografico del settimanale.

27 agosto: prezzo Lire TRE. A questo punto entrano in scena i numeri gemelli 5 e 6, numeri che hanno avuto una esistenza sofferta e complicata, tra l’altro adattati e stampati con carta di pezzatura minore. Un caleidoscopio di situazioni, tra (poche) luci e (tante) ombre. Facciamo un po’ mente locale. Secondo la nostra convinzione, in redazione e in tipografia è andata così. Come per i due precedenti anche a questi n. 5 e 6 viene sostituita la prima riga di testata con le date delle domeniche susseguenti (9 e 16 luglio), il prezzo di Lire Due rimane immodificato, eppure i fogli, stampati in un certo numero di copie, avevano mantenuto l’autorizzazione fascista [MCP] che viene prontamente tolta da una successiva serie di fogli tipografici di stampa. Ma questi fogli non andranno buttati (la carta è scarsa, i costi aumentati), dovranno essere arrangiati. C’è da dire che questi due numeri, con il prezzo di Lire Due, non furono mai messi in vendita, perché furono quanto prima sottoposti – come si dirà più sotto – a una sovraimpressione a stampa del nuovo importo (Lire Tre) e di nuove date. Nel frattempo si ferma tutto perché si è in attesa della nuova Autorizzazione che, dopo un paio di mesi, in data 14-8-44, l’APB concede (finalmente!) con il n. 123. Il lavoro ora può riprendere e si provvede – sui precedenti fogli già stampati – a una serie di complicate modifiche tipografiche (eseguite con tutta probabilità con ‘stampa in piano’): cancellazione ‘crocettando’ [xxxx] sia la vecchia data che la licenza fascista [MCP], e inserimento in prima pagina della nuova licenza alleata con le caratteristiche e le variazioni già specificate [APB-1]; invece nei fogli di stampa, dai quali era già stata tolta la licenza ora vietata [MCP], la nuova autorizzazione viene inserita in calce di pagina otto [APB-2]. Il tutto completato dalla sovrastampa delle nuove datazioni: 27 agosto e 3 settembre. Per il numero insufficiente di copie a disposizione, l’editrice appronta infine una ulteriore tiratura degli stessi esemplari, inserendo nella prima pagina una nuova riga compositiva, che comprende sia il valore aggiornato di Lire Tre che le nuove date del 27 agosto e del 3 settembre. L’Autorizzazione alleata è da ora rappresentata sempre dalla variante [APB-3].

Ormai il processo editoriale è avviato e la redazione manda in tipografia i tre numeri successivi (nn. 7, 8 e 9) che riceveranno rispettivamente le date del 10/17/24 settembre, in tal modo la periodicità – a partire dal 27 agosto – continuerà regolarmente fino alla fine dell’anno. L’importo è sempre quello di Lire Tre, la stampa tipografica della licenza alleata è ormai quella definitiva [APB-3].

1° ottobre: prezzo Lire QUATTRO. Con il 1° di ottobre il Vittorioso n. 10 esce nelle edicole con il nuovo importo aumentato a Lire Quattro. Questa decisione comporta la modifica del prezzo di tutte le copie dei diversi numeri già stampati o sovrastampati e non venduti, ancora in giacenza in magazzino, destinati agli arretrati o alle rilegature. Non era stata alta la diffusione del giornale fino a quel momento, solo dagli inizi di settembre il settimanale aveva potuto raggiungere le città di Napoli e de l’Aquila, e ora la richiesta aumentata di copie proveniva da molte città liberate del centro, del sud e dalle isole ove, giova dirlo, l’offerta di altri giornalini a fumetti era del tutto assente. Era un mezzo di promozione giovanile e le parrocchie e l’associazionismo cattolico ne facevano sempre più richiesta.

L’adattamento al secondo incremento di prezzo avviene pertanto su tutte le copie invendute mediante una sovrastampa. La sovraimpressione operata sui numeri 7, 8 e 9 riporta la stessa data d’origine ma il nuovo importo di Lire Quattro. I famosi numeri 5 e 6, giacenti in magazzino e già in precedenza variamente corretti nelle date e nel prezzo (Lire Tre), ricevettero una seconda sovrastampa, con una fascetta nera di altezza doppia, coprente quella precedente, contenente le date invariate ma il nuovo valore di Lire Quattro. Questi esemplari appartengono sia al gruppo con licenza fascista obliterata e sostituita con quella alleata [APB-1], sia a quello con la nuova autorizzazione stampata in calce all’ultima pagina [APB-2] oppure [APB-3]. Si provvide altresì ad aggiornare solo il valore, da Lire Tre a Lire Quattro, dei numeri 5 e 6 appartenenti alla seconda tiratura, cioè quelli caratterizzati in origine dalle date 27 agosto/3 settembre e dal costo di Lire Tre.

Per tener dietro alle richieste di arretrati, le non numerose rimanenze dei primi numeri (da 1 a 4), vennero infine sovraimpresse direttamente a Lire Quattro, aggiornando nel contempo le date, a ritroso fino al 30 luglio, per ottenere un minimo di regolarità nella sequenza temporale. Tutti questi adattamenti di date e importi sovraimpressi, come qui sopra appena specificato, avvennero direttamente sulle copie già fascicolate, giacenti in tipografia, con il risultato che la sovrastampata ha impresso visivamente anche sulle pagine sottostanti degli stessi numeri. I primi quattro numeri non ricevettero mai l’adattamento dell’importo di Lire Tre, e ai primi due numeri, anche se con il nuovo prezzo, non fu mai eliminata o cancellata la licenza fascista [MCP]. Dal n. 10 il prezzo (Lire Quattro) resterà immutato sino al n. 18.

Fonte : “Guida del fumetto italiano” – articolo di Giannantonio Buffatti e Giuseppe Matteucci


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