di Felice Nicotera


La ripresa della ristrutturazione dell’antico convento benedettino della Badia di Faiano, cuore e simbolo di una secolare storia religiosa, rappresenta un’occasione straordinaria per il territorio picentino ed in generale per la provincia di Salerno di fare un salto di qualità per impostare una politica culturale che aiuti a far conoscere le tradizioni e le bellezze naturali che raccontano l’anima della nostra terra e della nostra gente.

Nel “Chronicon Salernitanum” Romualdo Guarna fa riferimento alla presenza in Faiano, delle spoglie dei Santi Cirino e Quingesio, poi trasferite in Salerno intorno all’850. La badia fu insediata nel salubre borgo faianese, dopo lo spopolamento della pianura malarica, intorno all’anno 1000 e divenne il centro principale della vita sociale, economica e religiosa, caratterizzata da alterne vicende di prosperità e da lunghe crisi e decadenze.

Pertanto, il recupero del convento, ad oltre mille anni dalla sua realizzazione, e la sua conseguente valorizzazione, che potrebbe interessare, tra le altre cose, la creazione di un centro polifunzionale storico e culturale, che privilegi il settore archeologico con nuove funzioni complementari al Museo Archeologico nazionale e al Parco archeologico, e perché no, anche la nascita di un museo del Risorgimento, che sarebbe unico nel suo genere in tutta l’Italia meridionale. Si potrebbe stipulare una convenzione tra il privato e l’ente comunale a mezzo di una istituenda fondazione o associazione, (in un quadro di rapporti in rapida evoluzione, che vede, accanto allo Stato e agli Enti Locali, affermarsi con connotazioni ancora incerte ma indubbiamente fertili di risultati, l’iniziativa dei privati attraverso varie forme istituzionali e gestionali) intitolata ai patrioti Giovanni Nicotera e Carlo Pisacane, che svolsero un ruolo eroico e rivoluzionario, fondamentale per il raggiungimento dell’unità nazionale e che diedero grande notorietà e lustro alla nostra provincia e sarebbe un vero peccato se i cimeli risorgimentali riguardanti i suddetti patrioti, che sono molto ambiti, emigrassero in altri territori. Tutto questo costituirebbe una grande promozione per la nostra comunità ed assumerebbe un’importanza strategica per lo sviluppo di rilevanti settori produttivi. Il processo di valorizzazione dell’antico sito di Faiano sarebbe un potente attrattore di interessi e di risorse e il turista avrebbe un motivo in più per fermarsi nella nostra cittadina, in posizione strategica, tra Paestum, Salerno e la costiera amalfitana. Per fortuna, tutti siamo consapevoli che non è vero che con la cultura non si mangia e che i musei hanno utilità sociale, ma anche utilità conseguentemente economica, giacché il valore sociale consiste in un valore d’uso, al quale automaticamente si legano attività economiche così rilevanti, che dovrebbe finalmente annullare l’idea che la tutela e la valorizzazione dei beni di cultura siano funzioni tanto meritorie quanto inevitabilmente costrette nella marginalità produttiva di un’economia di pura sovvenzione. “I musei locali giocano un ruolo fondamentale nella promozione e valorizzazione del territorio e hanno la forza – o possono averla – di costruire importanti relazioni con la propria comunità di riferimento e con chi vuole scoprire piccole e grandi realtà culturali di cui è ricca la nostra regione. Attraverso questi musei, conosciamo e riconosciamo la diversità e la specificità culturale dei singoli paesi, anche delle più piccole storie, respiriamo il genius loci e rigettiamo così il rischio della omologazione e della globalizzazione culturale”. Ma c’è una sfida da raccogliere insieme, facendo fronte comune per praticare la politica della qualità, dell’accoglienza e del reale funzionamento dei servizi al pubblico. Sappiamo che senza le utopie e i sogni non si raggiungono i grandi risultati. Solo accettando queste sfide e ripartendo realmente dal territorio, come misura ottimale di sviluppo nell’età della globalizzazione, potremmo rafforzare il nostro legame con la realtà locale e assumere un ruolo decisamente proiettato nel futuro. Daremo così un contributo a noi e alle generazioni che verranno, custodendo il nostro passato e presidiando la nostra identità culturale.