a cura della Redazione di Club50
Si dice che il pettegolezzo sia il collante della società.
Certo, gettare uno sguardo agli errori e ai problemi altrui, aiuta a rafforzare la fiducia in sé stessi. Il pettegolezzo aiuta inoltre a sfogare le proprie frustrazioni e a costruire una sorta di complice cameratismo con chi ascolta. Colui che sparge maldicenze, vuole sentirsi superiore, almeno per un momento, e godere della presunta sovranità di interpretazione su ciò che è buono e giusto. In realtà, però, il pettegolezzo non è affatto un segno di forza, ma di debolezza: a quanto pare, non c’è modo migliore per costruire un legame di vicinanza con altre persone se non alleandosi contro terzi, senza doversi esporre apertamente.
Il pettegolezzo come evoluzione del grooming.
Alcuni scienziati hanno riconosciuto nel ricorso alla maldicenza qualcosa di evolutivamente innovativo. Esaminando il contenuto dei messaggi umani si scopre che essi sono prevalentemente basati sui comportamenti dei membri del proprio gruppo. In sintesi il linguaggio si è rivelato essere, per mezzo del pettegolezzo, il mezzo per capire le relazioni di potere all’interno del proprio gruppo.
In particolare, lo psicologo evoluzionista Robin Dunbar dell’Università di Oxford è stato il primo a dichiarare che il gossip umano ha sostituito il “grooming” delle scimmie: invece di rimuovere le pulci e la polvere dalla pelliccia dell’altro, gli esseri umani usano il pettegolezzo per rafforzare la coesione di gruppo e le alleanze all’interno dello stesso.
“La cooperazione sociale è la nostra chiave della sopravvivenza e della riproduzione. Ad ogni uomo o donna presi a sé non basta sapere dove ci sono i leoni o i bisonti. Molto più importante per loro è sapere chi, nel loro gruppo, odia chi, chi dorme con chi, chi è onesto e chi è un imbroglione.” dice Dunbar.
L’arte di spettegolare sembra avere origini molto lontane: già nei geroglifici egiziani, i ricercatori hanno trovato uno scritto che raccontava di una visita notturna di un re a uno dei suoi generali, “nella cui casa non c’era la moglie”.
Quasi tutti spettegolano – e quasi nessuno è abbastanza intelligente da rimanerne fuori.
“Se tutti sapessero quello che alcuni dicono degli altri, non potrebbero esserci nemmeno quattro amici sulla terra”, scriveva il filosofo francese Blaise Pascal.
“Il nemico del mio nemico è mio amico”
Una cosa è certa: spettegolare fa scattare un senso di superiorità nei confronti della “vittima” non presente che ci fa stare bene, venendo inondati da una scarica di ormoni del piacere come la serotonina, l’ossitocina e il DHEA. Ci si sente di appartenere a un gruppo, e questo significa potersi rilassare.
“Il nemico del mio nemico è mio amico”, è un vecchio detto che ha il suo fondamento: le antipatie comuni uniscono più di un amore condiviso, ed è per questo che condividere una chiacchiera fa sentire subito uniti e complici. La maldicenza può dunque diventare, a suo modo, una forma di networking.
La mordacchia (Briglia della comare)
In Scozia, durante l’età moderna, a molte donne bastava essere pettegole o avere la lingua lunga per essere punite duramente.
Per questo “crimine” così diffuso fu inventato uno strumento di tortura ad hoc: la mordacchia, o briglia della comare che si rifaceva all’antica prassi dell’occhio per occhio, dente per dente: chi amava parlare troppo e a vanvera, calunniando altre persone, doveva essere colpito proprio sulla lingua. Il dolore era una forma di catarsi che cancellava il peccato.
Si trattava di una sorta di maschera di ferro, da chiudere intorno alla testa, munita di una piastra che andava a premere sulla lingua. Lo scopo di questo dispositivo era quello di impedire di parlare, e ovviamente di mangiare, alla donna troppo chiacchierona. Talvolta, sulla piastrina era posizionata una punta di ferro, che provocava gravi ferite ad ogni minimo movimento della lingua.
Per espiare il reato la donna doveva anche essere umiliata pubblicamente: veniva condotta al guinzaglio in giro per la città, molto spesso dal proprio marito. Tutti coloro che la incrociavano lungo la strada avevano il diritto di insultarla, sputarle addosso e perfino picchiarla.
La mordacchia fu usata principalmente in Scozia, ma anche in Inghilterra e in Galles, dove però non fu inserita tra gli strumenti di punizione ufficiale. Dalla Gran Bretagna arrivò anche in Germania, dove aggiunsero una campanella, che doveva attrarre l’attenzione sulla vittima durante le umilianti passeggiate in pubblico.
La mordacchia veniva imposta a donne, e solo in rarissimi casi a uomini, che si rendevano colpevoli di calunnie. Era, inoltre, una punizione riservata alle donne delle fasce più povere: le nobili e aristocratiche dame britanniche potevano infatti sparlare liberamente senza il rischio di essere “imbrigliate”.
Concludendo, con o senza la minaccia di una mordacchia, rimane a ciascuno di noi la scelta di vivere tenendosi lontano dalla conflittualità e dalla maldicenza, opzione che spesso risulta la migliore per il proprio e altrui quieto vivere.
Fonte : Club50 – art. a cura di Emilia31
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