a cura della Redazione “Fotografiaartistica” e di Giuseppe Santagata


Richard Avedon è stato uno dei grandi maestri della fotografia. Le sue fotografie di moda e suoi retratti hanno aiutato a ridefinire i canoni della bellezza, l’eleganza e la cultura dell’immagine fotografica.

Nato a New York nel 1923, da una famiglia di origine ebreo-russa, studia dapprima filosofia alla Columbia University, per poi dedicarsi alla fotografia da autodidatta.

Scapestrato e sempre in cerca di forti emozioni, nel 1942 abbandona gli studi, ritenuti noiosi, per arruolarsi nella Marina Militare come fotografo di autopsie e foto d’identità. Nel 1944 incontra Alexey Brodovitch, leggendario art director di Harper’s Bazar, con il quale inizia una fruttuosa collaborazione artistica.

Avedon e la moda

Avedon rivoluziona la fotografia di moda del tempo, tralasciando le pose statiche, per introdurre uno stile giovane e anticonformista. Ispirato dal fotografo ungherese Martin Munkacsi, Avedon porta le sue modelle fuori dallo studio per realizzare ritratti “en plein air”, che giocano con il movimento e le pose. Nello sfondo di un’affascinante Parigi, pervasa da una malinconia post bellica, il fotografo americano cattura i movimenti liberatori della personalità delle sue modelle. Nel 1965 passa da Bazaar a Vogue.

La morte del padre e In the American West

Tuttavia, il suo lavoro non si rivolge solo alla moda, rappresentando uno strumento per capire mutamenti politici, risvolti psicologici o filosofici. Così nel 1974 espone al MOMA di New York una serie sulla lenta morte del padre Jacob Israel Avedon, sconvolgendo critica e pubblico.

Si tratta di una commovente testimonianza dell’inevitabile declino di una personalità forte, nonché una tenera testimonianza del rapporto tra padre e figlio. In the American West infrange il mito del West a stelle e strisce focalizzando l’attenzione su minatori, braccianti, piccoli impiegati e disoccupati. Ancora dopo realizza una serie dedicata ai malati di mente del Louisiana State Hospital e una sequenza sulle vittime del napalm in Vietnam.

Lo stile delle fotografie di Richard Avedon

La novità di Avedon sta nell’aver dato pari dignità alle immagini “frivole” della moda ed a quelle “impegnate” che colgono l’attualità. La sua fotografia filtra la vita attraverso la luce dello stile. I contrasti, di eleganza e bellezza da una parte, brutalità e sofferenza dall’altra, vengono ovattati da composizioni al limite della perfezione. Immagini che dall’artificio creano arte e dall’eleganza intense emozioni.

Scopritore di icone femminili che hanno segnato gli immaginari di intere generazioni, come Veruschka, Twiggy e Lauren Hutton, il fotografo americano ha realizzato ritratti per star del cinema come Katherine Hepburn, Humphrey Bogart, Brigitte Bardot, Audrey Hepburn, Marilyn Monroe, Buster Keaton, Charles Chaplin e personalità del calibro di Karen Blixen, Truman Capote, Henry Kissinger, Dwight D. Eisenhower, Edward Kennedy, The Beatles, Andy Warhol e Francis Bacon.

Ritratti che non sono il semplice frutto dell’osservazione, ma rappresentano atti creativi in cui la personalità forte e complessa di Avedon, riesce a cogliere diverse e molteplici sfaccettature di un soggetto. Noto per il suo proverbiale distacco, Avedon non cercava mai un rapporto umano, mantenendo una distanza che talvolta sembrava crudele, asettica e quasi ostile. A questo riguardo, ricordiamo il celebre: “Sia clemente con me“, pronunciato da Henry Kissinger prima di essere fotografato.

Maniaco della perfezione, il fotografo americano poteva scattare interi rullini prima di realizzare una foto buona. Avedon è riuscito a dare al soggetto una centralità indiscussa. I suoi scatti si caratterizzano per compostezza, perfezione formale, intensità e allo stesso tempo ironia e leggerezza. Da una fotografia di moda in esterno, negli ultimi anni passa ad una sperimentazione in studio, costruendo immagini che isolano il soggetto dall’ambiente e ne esaltano la vitalità contro uno sfondo neutro, grazie alla luce fredda e calibrata del flash.

La citazione

“Se passa un giorno in cui non ho fatto qualcosa legato alla fotografia, è come se avessi trascurato qualcosa di essenziale. E’ come se mi fossi dimenticato di svegliarmi”.