a cura della Redazione “Fotografiaartistica” e di Giuseppe Santagata


Le immagini di Eugène Atget hanno documentato sistematicamente, nell’arco di trent’anni, l’architettura e l’assetto urbano della vecchia Parigi. Considerato un maestro della fotografia, Atget ha vissuto in miseria e il suo lavoro è diventato famoso solo dopo la sua morte.

La vita di Eugène Atget

Jean Eugène Atget nasce il 12 febbraio 1857 a Libourne, vicino a Bordeaux. I genitori, che erano degli artigiani, muoiono quando Eugène ha appena cinque anni. Cresciuto con i nonni, lavora come marinaio fino al 1878, quando si trasferisce a Parigi per entrare nel mondo del teatro. A causa di un’infezione alle corde vocali abbandona il teatro e si dedica, prima alla pittura e poi alla fotografia. Il suo progetto fotografico di mappatura per immagini della Vecchia Parigi inizia nel 1897 e segue fino alla sua morte nel 1927. Atget vende i suoi scatti i in giro per la città, soprattutto ai turisti, finché alcune istituzioni come la Bibliothèque historique de la ville de Paris iniziano ad acquisire i suoi lavori. Scarsamente compreso dai suoi contemporanei, muore in miseria nel 1927. Solo a partire dal 1921, il suo lavoro aveva ottiene l’attenzione del movimento surrealista. I surrealisti rimangono affascinati dalla capacità delle fotografie di Atget di rivelare il carattere profondamente straniante degli spazi ordinari. Dopo la morte di Atget, Berenice Abbott acquista molti negativi del fotografo e contribuisce alla diffusione del suo lavoro, scrivendo su di lui saggi e libri fotografici.

L’opera fotografica di Eugène Atget

Con la sua collezione di documenti visivi, costituita da quasi 10.000 lastre di vetro eseguite tra il 1857 e il 1927, Atget ha documentato, attraverso la memoria fotografica, l’anima di una Parigi che stava per cambiare. L’opera fotografia del fotografo francese è circoscritta all’interno del perimetro della “Vieux Paris” pre rivoluzionaria, quella antecedente alle radicali trasformazioni urbane imposte dal barone Haussmann. Immagini che mostrano, le strade, i sobborghi, le insegne, gli hotel e i bordelli. Atget fotografa spesso gli stessi luoghi da differenti punti di vista e in diversi momenti. La Parigi di Atget, tuttavia, appare silenziosa e misteriosa. Le immagini vedono la quasi totale assenza della figura umana. Il centro urbano appare avvolto in un vuoto, quasi metafisico. Atget scattava soprattutto all’alba o nelle prime ore del giorno, ricercando, con cura, gli spazi non affollati della città. Il fotografo francese predilige, spesso, la costruzione di campi visivi piuttosto ampi, che tendono a suggerire l’atmosfera dell’ambiente. Solo a volte si concentra sui dettagli. Si serviva di una macchina 18 x 24 a soffietto ed un sistema di lenti che consentiva di cambiare lunghezza focale, creando, spesso, delle caratteristiche vignettature nei bordi dell’inquadratura. Le stampe di Atget si distinguono per le profonde ombre e le luci slavate. Anche se molti ipotizzano che questo effetto sia dovuto ad una tecnica di stampa superficiale, costituiscono un marchio stilistico e concettuale dell’autore. L’approssimazione contribuisce a sottolineare quell’alone di sogno e di mistero che contraddistingue le scene i suoi quadri. Le immagini di Atget sembrano anonime. Tuttavia ogni foto sembra nascondere al suo interno diversi elementi di interesse. Lo spettatore si ritrova a vagare alla ricerca di un perché, per scoprire diverse stratificazioni dell’immagine. Berenice Abbott scrisse riguardo al suo lavoro: “Sarà ricordato come uno storico urbanista, un vero e proprio romantico amante di Parigi, il Balzac della fotocamera, dal cui lavoro siamo in grado di tessere una grande arazzo della civiltà francese ”.