di Felice Nicotera


Era il 1 novembre 1935 quando Francesco Ventrelli ricevette a Pertosa la cartolina precetto per mobilitazione esigenze A.O. Così inizia il suo racconto raccolto nel volume: “Diario di un soldato” – Africa orientale 1936 -1937, pubblicato negli anni ‘70. L’autore partì il 13 di detto mese alla volta di Roma, assegnato all’8° reggimento Genio – Caserma Emilio Bianchi di via Nomentana, dove ricevette in dotazione la tela coloniale, gli stivaletti e il casco.

Ci fu la sfilata per le vie di Roma al canto di inni patriottici, sotto una pioggia di fiori, di battimani e di bandierine tricolori. La partenza per l’Africa avvenne dal porto di Napoli, al suono della Marcia Reale e dell’Inno fascista. Imbarcato sul Toscana, Ventrelli sbarcò a Massaua, proseguendo per Adi Ugri dove velocemente venne allestito un accampamento, in cui ogni tenda accoglieva 6 uomini. Si eseguivano le istruzioni pratiche all’apparecchio fototelegrafico mentre “radiofante” (la voce informativa del soldato) riportava le notizie dei combattimenti al fronte.

La cronaca descrive, con parole semplici e minuziose, la vita quotidiana del soldato: la messa al campo la domenica, la posta alla famiglia, le scene di caccia e di pesca, gli ospedali di campo, le testimonianze del massacro di Ttok – Emm e l’occupazione dell’Amba Alagi. Emozionano i nomi di luoghi, tante volte sentiti nei racconti orali: il Mareb, Adi Quala, Adua, Asmara, Adi Gabreù, Chesad Afoton, Mai Zebrid, Addi Acoma, Adi Arcai, Debra Sion, Debivar, Gondar, Azozò. Infine, per il ritorno in Italia, il nostro soldato fu imbarcato sul piroscafo Sardegna, che attraversando il Mar Rosso e il Canale di Suez, giunse a Porto Said per imboccare il Mediterraneo, passare per la Sicilia e sbarcare al porto militare Granili di Napoli. Quel passato coloniale è stato così poco raccontato, anche se quel passato rappresenta la storia d’Italia e ci tocca molto da vicino. Chi di noi non ha avuto un familiare che ha combattuto in Africa Orientale o in altri luoghi? Ricordo ancora con grande tenerezza i racconti di mio suocero e di altri parenti e conoscenti, pieni di commozione e amor di patria. Quando in tv trasmettevano un documentario sulla seconda guerra mondiale a mio suocero spuntavano le lacrime agli occhi. Aveva combattuto in Africa orientale da bersagliere motociclista e dopo la sconfitta italiana ad opera degli inglesi rimase prigioniero per 7 anni in Inghilterra. Mi confidava che una sua foto militare era in copertina della rivista “Life”. Mussolini riprendendo la politica coloniale di Crispi e Giolitti si era lanciato alla conquista dell’Etiopia, nonostante l’opposizione della Società delle Nazioni e delle grandi potenze. I giornali enfatizzavano la sua visione della “Grande Italia” e le guerre coloniali avevano bisogno dell’appoggio della popolazione.

A tale scopo vennero lanciate canzoni propagandistiche, che nel testo spesso trasformavano la guerra di conquista in guerra di liberazione: “Faccetta nera”, “Ti saluto, vado in Abissinia”, “Adua”, “Tripoli bel suol d’amor”, “O morettina”. Il nostro Paese era invaso dalle cartoline e dalle foto coloniali, dove la rappresentazione delle donne africane svolse un contributo fondamentale nella costruzione dell’immaginario collettivo italiano sull’Africa, fornendo, insieme al cinema e alla letteratura, un impianto culturale importantissimo per la legittimazione della conquista e il rafforzamento del consenso popolare sull’impresa coloniale.

Malgrado le eccezionali risorse economiche che il regime dedicò alla costruzione di infrastrutture e a sostegno dell’occupazione italiana in Africa, il sogno di un “impero africano” era destinato a scontrarsi con una realtà ben diversa dalle previsioni. Il colonialismo italiano che aveva avuto inizio alla fine del XIX secolo, con l’acquisizione pacifica dei porti africani di Assab e Massaua, sul mar Rosso, cessò di fatto di esistere alla fine del novembre 1941, dopo la sconfitta italiana subita nella campagna contro gli Alleati durante la seconda guerra mondiale e nonostante lo stato italiano si fosse schierato a fianco degli Alleati nel 1943, vennero imposte dure condizioni a fine conflitto, con numerose amputazioni territoriali. La perdita formale della colonia avvenne alla firma del Trattato di pace di Parigi nel 1947, ad eccezione della Somalia in amministrazione fiduciaria fino al 1960.