a cura della Redazione Mobinews
Uno dei suoni della lingua italiana che impegna maggiormente i bambini (e gli stranieri) è il suono R. Mediamente il bambino impara a pronunciarla tra i 3 e i 4 anni. L’articolazione di questo suono è particolarmente complessa perché è legata anche alla maturazione dei movimenti della lingua che avviene gradualmente con la crescita, grazie anche alle esperienze alimentari. Forse non tutti sanno che la suzione del lattante (che inizialmente è un riflesso) si trasforma nel tempo fino a diventare un atto volontario (intorno ai 4/6 mesi); successivamente anche questo meccanismo si tramuta modificandosi in deglutizione infantile e poi di tipo adulto. Alcuni bambini sono immaturi da questo punto di vista e possono avere più difficoltà a raggiungere una buona produzione dei suoni complessi, tra cui, appunto, anche la R. Alcuni bambini omettono totalmente tale suono e cercano un modo per dire R alternativo; questo in genere si realizza con la cosiddetta R alla francese o moscia, che è prodotta con la parte posteriore della lingua invece che con la punta. La pronuncia alla francese può dipendere anche dal fatto che in famiglia uno dei genitori ha questo tipo di difetto. Se intorno ai 4 anni il bambino non pronuncia il suono, è bene prendere in considerazione una valutazione con un logopedista che prima di tutto escluderà le concause. Tuttavia, nel caso di una “R alla francese” si può anche decidere di non intervenire in quanto socialmente accettata e spesso legata a cadenze regionali (per esempio nelle zone di Parma è quasi fisiologica). La decisione o meno di un intervento riabilitativo di tipo logopedico è quindi della famiglia che dovrà considerare tutti gli elementi di carattere psicologico – emotivo (la paura che il bambino possa essere deriso per il modo di parlare), ma anche le ricadute sul futuro, per esempio se il bambino da grande dovesse intraprendere un mestiere che richiede una buona dizione (attore, cantante, giornalista).
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