di Felice Nicotera


Il percorso che portò alla nascita ed al consolidamento dell’Unità d’Italia (1861) fu lungo e tormentato. Tra le sue vicende più significative, il Brigantaggio fu una sanguinosa e spesso spietata guerriglia civile, che sconvolse il Mezzogiorno tra il 1860 ed il 1870. Per la verità, il Brigantaggio ha origini remote e riguarda periodi storici e territori diversi; ma in quegli anni esso ebbe una forte impennata, per motivi sociali e politici. Le misere condizioni di vita dei contadini, gli odiosi soprusi
dei signorotti locali, le nuove insopportabili leggi fiscali, il sevizio militare obbligatorio (che allora durava dai cinque agli otto anni, sottraendo i giovani ai lavori dei campi), l’improvvisa e contemporanea disoccupazione di migliaia di ex soldati dell’esercito borbonico appena disciolto; tutto questo creò un’enorme massa di sbandati che andarono a rinforzare i gruppi briganteschi già esistenti. Per di più questi erano incoraggiati e protetti dal clero più conservatore e dai comitati
borbonici, entrambi decisi a riportare sul trono Francesco II, da poco sconfitto e fuggito a Roma.
Queste bande compivano ogni sorta di crimini (furti, rapine, stupri, omicidi) ed erano specializzate nelle estorsioni e nei sequestri di persona. L’interscambio fra di loro era continuo: si separavano e si riaggregavano a seconda delle circostanze; alcune ebbero stretti rapporti anche con bande presenti in altre zone. Teatro dell’epopea brigantesca furono le zone più inospitali di aspre colline, di folte foreste e di impervie catene montuose. In questo articolo noi ci riferiamo all’azione delle bande armate presenti nel Principato Citra (che corrispondeva approssimativamente alla Provincia di Salerno). Da noi i monti Picentini e gli Alburni sono stati sempre un’area di antiche e notevoli tradizioni brigantesche. Tra le bande più agguerrite vi fu quella del “capitano” Antonio Maratea (Giardullo) di Campagna, che agiva tra i boschi dell’Irpinia, i monti Picentini, gli Alburni e la piana del Sele. Ex soldato borbonico, organizzò una banda con caratteristiche militari, che comprendeva una quarantina di briganti, alcuni dei quali poi avrebbero costituito una banda autonoma. Compì numerose imprese criminali, accumulando molti soldi. Alla fine fu catturato e fucilato, insieme ad alcuni suoi affiliati,
a Campagna, il 1865. Un altro famoso brigante fu Gaetano Manzo (Mansi) di Acerno. Agiva sui monti Picentini, nella
valle del Calore e in quella del Tusciano; il suo campo d’azione preferito era tra San Cipriano Picentino e Giffoni Valle Piana. Datosi alla macchia nel 1861 per sottrarsi al servizio di leva, agli inizi si aggregò alla banda Giardullo, di cui divenne caporale, essendo egli l’unico che sapeva leggere e scrivere. Successivamente egli organizzò una banda propria, con la quale, nel maggio del 1865 nei pressi di Battipaglia, realizzò il clamoroso sequestro di due turisti inglesi, William Moens,
ricco agente di borsa ed il reverendo Murray-Anysley, provenienti da una gita a Paestum. Ne ricavò un ingente riscatto ed una notevole fama sulla stampa italiana ed europea. Tale fama aumentò quando, in seguito, sequestrò l’adolescente figlio del noto industriale svizzero, Wenner, proprietario delle Cotoniere di Fratte. Insieme al giovane furono sequestrati il suo precettore ed un disegnatore di tessuti, Lichtensteiger, che poi scrisse e pubblicò un diario. I sequestrati furono tenuti prigionieri per tutto l’inverno tra i monti Picentini e gli Alburni. Convinto a costituirsi, nel 1866 il Manzo fu incarcerato e condannato ai lavori forzati. Evase cinque anni dopo e ricostituì una temibile banda, compiendo ancora diversi sequestri di persona. Ma una grossa taglia indusse un suo affiliato a tradirlo. Nel 1873, sorpreso in una masseria in provincia di Avellino, fu ucciso in un scontro a fuoco con centinaia di soldati e Carabinieri.
A Serre, Postiglione e Persano ricordano ancora oggi le gesta del famigerato Gaetano Tranchella di Altavilla Silentina; ex sottufficiale borbonico, egli costituì un’agguerrita banda comprendente anche diverse donne, tra cui sua madre e la sua amante. Dopo numerose azioni criminali, nel 1864 rimase ucciso nei pressi di Eboli, circondato da un reparto di Fanteria.


Un altro temuto brigante fu Luigi Cerino, di Montecorvino Rovella. La sua banda si muoveva tra Montecorvino, Montella e Vallo della Lucania. Nel 1864 sequestrò, nel bosco di San Benedetto, a Faiano, il sacerdote Giuseppe Olivieri, un famoso letterato nella Salerno di allora, che tornava in carrozza da Napoli diretto a Pugliano, insieme al suo amico medico, Luigi Calabritto. Furono liberati, dopo più di un mese trascorso fra i monti; ma intanto al medico era stato tagliato l’orecchio
destro. Da tale avventura l’Olivieri scrisse un libro:“Ricordi briganteschi”. Nel 1865 la banda Cerino partecipò con quella di Manzo al rapimento di Moens e di Murray-Anysley. Nel 1866 uccise il sindaco di Montecorvino Rovella insieme ad altre due persone. Nel 1867 il Cerino fu ucciso dai militari in un conflitto sul monte Vulture, in Basilicata; era stato tradito da un altro brigante, precedentemente arrestato, appartenente alla banda Crocco, famosissimo capobrigante lucano. Con la disfatta delle terribili bande già descritte, il primato passò ad Andrea Ferrigno, di Acerno. Aveva iniziato con la banda di Cerino, poi ne creò una propria. Spadroneggiava in una vasta area dei Picentini, tra Acerno, Montecorvino e Solofra. Nel 1866 attaccò la ferriera di Acerno, uccidendo due operai; in seguito, presso Montecorvino, assalì la corriera postale facendo altre vittime. Nel 1869 la sua ultima impresa fu il ricatto di un ricco possidente, che abitava tra Castiglione del Genovesi e San Cipriano Picentino, ma gli andò male: la Guardia Nazionale di Castiglione lo aggredì insieme ai suoi; Ferrigno ed altri tre briganti furono uccisi, altri quattro vennero arrestati. Intorno al 1870 il Brigantaggio fu definitivamente sconfitto. Lo Stato italiano aveva messo in campo una poderosa macchina militare: l’esercito (Fanteria, Bersaglieri, Cavalleria ed Artiglieria), i Carabinieri e la Guardia Nazionale (corpo militare volontario di elementi locali, istituito nel 1861 per affiancare l’esercito nella lotta al Brigantaggio). Aveva posto ricche taglie e si era servito di spie, delatori e traditori. Nel 1863, varò la drastica Legge Pica “per la repressione del brigantaggio e dei camorristi nelle Province infette”, che prevedeva perfino la fucilazione sul posto dei sospetti. In quella vera guerra, lo Stato si comportò col Sud come contro una colonia in rivolta. Tra il 1860 ed il
1870 i caduti tra i militari furono più di quelli delle due Guerre d’Indipendenza. Il numero effettivo dei morti tra briganti e popolazione civile non è stato mai definito; si calcola, grosso modo, intorno agli ottomila. Dopo avere eliminato il Brigantaggio, lo Stato italiano purtroppo non riuscì ad eliminarne le cause.


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