a cura della Fondazione Umberto Veronesi

La sindrome feto-alcolica provoca disabilità e difficoltà nella vita di chi è esposto all’alcol in gravidanza. Si può evitare e, se c’è, si deve riconoscere in tempo.
COS’È LA SINDROME FETO-ALCOLICA
La sindrome feto-alcolica (FAS) e i disordini dello spettro feto-alcolico (FASD) sono manifestazioni gravi degli effetti dell’esposizione all’alcol del feto durante la gestazione. Sono danni purtroppo permanenti e del tutto evitabili. L’alcol ingerito da una donna in gravidanza, attraverso il cordone ombelicale raggiunge rapidamente la placenta e il feto, che però non possiede gli enzimi necessari per metabolizzarlo, così l’alcol si accumula e può danneggiare il sistema nervoso centrale e gli organi.
QUALI SONO I SINTOMI DELLA SINDROME FETO-ALCOLICA?
Nei bambini con FAS si possono manifestare dismorfismi facciali, alterazioni visibili a partire dagli otto mesi, come il naso corto e piatto, il labbro superiore sottile e distanziato dal naso, occhi distanziati e piccoli. Ci possono essere ritardi nella crescita (statura, dimensioni del cranio, peso corporeo, talvolta anomalie cardiache), anomalie neurologiche e nello sviluppo cognitivo-comportamentale. Diversi studi hanno evidenziato che una volta cresciuti, se non adeguatamente assistiti, questi bambini hanno una vita più difficile dei loro coetanei, con difficoltà scolastiche e dell’apprendimento, disagio mentale, problemi a trovare e mantenere un lavoro, minor livello di autonomia e maggior isolamento. Sono disabilità secondarie che possono essere prevenute se si diagnosticano correttamente i disturbi dello spettro feto-alcolico e si supporta il bambino nel suo sviluppo.
QUANTO È DIFFUSA LA FAS?
Si calcola che nel mondo circa il 10% delle donne assuma alcol in gravidanza e 1 su 67 partorisca un figlio affetto da FAS (si stimano 119.000 l’anno nel mondo); circa 5 bambini su 10.000 nascono con danni da disordini feto-alcolici. In Europa, una donna incinta su 4 beve alcolici e il 2,7 per cento si stordisce con il binge drinking. Il problema sembra diffuso soprattutto nei paesi dell’est e del nord Europa (Regno Unito e Irlanda, Russia e Bielorussia, Danimarca).
Come è immaginabile, ci sono associazioni importanti con le condizioni socioeconomiche e di salute della madre e della famiglia: povertà, mancanza di istruzione e di lavoro, violenza familiare sono spesso parte del contesto in cui nascono bambini esposti all’alcol.
5 FATTI DA SAPERE
- non esistono quantità sicure o tollerabili di alcolici in gravidanza;
- non ci sono alcolici meno dannosi di altri (il problema è l’alcol, che sia nella birra, nel vino o nei liquori);
- meglio evitare gli alcolici da quando si pianifica una gravidanza o nel corso dell’età fertile;
- se si è in gravidanza e si beve, si deve smettere. Prima è, meglio è, ma vale sempre la pena smettere;
- riconoscere di avere assunto alcolici in gravidanza può significare aiutare il proprio bambino ad avere una diagnosi corretta e tempestiva, a contenere i danni e ricevere l’assistenza di cui ha bisogno.
SI PUÒ FARE LA DIFFERENZA
«La sindrome feto-alcolica è oggi la più grave e negletta disabilità permanente che si manifesta nel feto esposto all’alcol ingerito dalla madre» spiega Emanuele Scafato, direttore del centro dell’OMS per la ricerca e la promozione della salute sull’alcol e le problematiche alcol correlate. Ogni donna ha il diritto di essere adeguatamente informata e, sottolinea l’esperto «può fare la differenza nel futuro cognitivo e nella vita di un figlio, indifeso rispetto ad un gesto da evitare nei nove mesi di gravidanza e in quelli che lo precedono se si pianifica di avere un figlio».
Fonte : FondazioneVeronesi
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