a cura della Redazione Spazio Interattivo


Il Pibe De Oro a capo di una squadra di onesti comprimari batte in finale la solita Germania Ovest. Delusioni in fila per Francia, Brasile e Italia. Bearzot prigioniero del sogno di Spagna 82 non riesce a rinnovare la squadra.

Eccole dunque di fronte. L’Argentina, unica sudamericana nelle semifinali, modellata però da Bilardo secondo canoni europei: tanti gregari, gioco sparagnino e un fuoriclasse epocale cui devolvere il pieno delle proprie ambizioni. Per questo, il Ct dal naso esagerato ha dovuto affrontare l’ostracismo della stampa e resistere alle voci di siluramento nell’imminenza del Mondiale. Dall’altra parte, la Germania di Beckenbauer, a propria volta costretto a domare rivolte e congiure di spogliatoio, strappando alla manifestazione un ingresso in finale solo a tratti giustificato dal gioco. Kaiser Franz non si smentisce nella circostanza. La sua squadra è votata chiaramente alla copertura, con il ritorno di Brehme (terzino di vocazione) a centrocampo, a sostenere con Matthäus il regista Magath; in attacco, Allofs è la spalla di Rummenigge.

Bilardo risponde con la sua ormai collaudata impalcatura: Pumpido in porta, Cuciuffo e Olarticoechea difensori laterali poco propensi allo sganciamento, il legnoso Ruggeri stopper centrale davanti al libero Brown, giocatore disoccupato che avrebbe dovuto tenere in caldo il posto all’acciaccato Passarella e ha invece finito con l’interpretare al meglio le esigenze del “bunker” difensivo; centrocampo affidato al lento regista arretrato Batista, pupillo di Maradona, al gregariato di Giusti e al talento di Burruchaga, con l’appoggio dell’attaccante Enrique e dell’eclettico Valdano. Davanti, lui, il più grande, osannato dalla stampa messicana che titola: finale Maradona-Germania.

Beckenbauer dunque piazza Matthäus su Diego, che, innervosito, guadagna subito una ammonizione per proteste su una punizione di Brehme senza esito. Se il “pibe” è soffocato, esce allo scoperto per la prima volta la squadra biancoceleste, con Burruchaga nei panni di alter Diego. È lui a calciare una lunga, arcuata punizione da destra, su cui Schumacher, fin qui formidabile, si esibisce in una clamorosa uscita a vuoto: Brown di testa insacca a porta vuota. L’Argentina prende coraggio, Diego scappa ai morsi di Lothar, si presenta folgorante in area e Schumacher deve uscire a kamikaze per tamponarne lo slancio. La Germania sembra alla frutta, soffocata dal caldo e dall’eccesso di uomini di rottura.

Per sopperire ai vuoti al centro, dove lo spremuto Magath è imprigionato da Giusti, Berthold e Brehme si danno da fare sulle fasce, da cui piovono in area lunghi cross, catalizzati dalla testa del lungo Ruggeri. Beckenbauer nell’intervallo prova a scuotere i suoi togliendo il grezzo Allofs per il più tecnico Völler, che subito in avvio manca il pareggio su un liscio di Brown. Degli impacci tedeschi approfitta l’Argentina, per imbastire la splendida azione del bis, fiore nel deserto del gioco di una partita tesa e nervosa. Fantastico Valdano: parte dalla propria trequarti destra, dà a Maradona al centro e taglia il campo in diagonale: Diego smista rapido per Enrique che supera la metà campo e ritrova Valdano lanciato sulla sinistra, pronto a chiudere la cavalcata entrando in area e trafiggendo con un sontuoso piatto rasoterra l’incolpevole Schumacher.

L’Argentina si sente campeon, le gradinate dell’Azteca sono un inno incessante, ma la Germania possiede risorse morali inesauribili. Beckenbauer libera Matthäus, consegnando Maradona a Forster, e toglie lo stanco Magath per sciogliere le briglie all’attaccante Dieter Hoeness. La sua squadra ha una scossa: angolo di Brehme da sinistra, Völler di testa a seguire dallo spigolo dell’area piccola e, tra una difesa di belle statuine, a centro area Rummenigge in spaccata insacca il primo gol del suo deludentissimo Mondiale. La Germania è ancora viva, l’Argentina barcolla e prende il pareggio. Ancora Brehme dal corner sinistro, questa volta svetta la testa di Berthold dal limite dell’area piccola, Völler da un metro insacca di testa.

Ora il vantaggio mentale è tutto per i tedeschi, gli uomini di Bilardo hanno gettato al vento una possibilità favolosa e sembrano sulle ginocchia. Ma è proprio lo sbandamento biancoceleste a risultare fatale agli uomini di Beckenbauer, indotti a farsi avanti a ranghi compatti. Un peccato di presunzione di cui il micidiale Diego, fin lì acquattato nella gabbia dei mastini, presenta subito il conto: servito nel cerchio di centrocampo, inventa un corridoio magico per il contropiede di Burruchaga che scatta come morso dalla tarantola, si invola sulla destra, entra in area tallonato da Briegel, si allunga il pallone e sull’uscita ritardata di Schumacher lo trafigge in corsa. È il 3-2. Il gigante tedesco non ha più la forza per rialzarsi.