a cura della Redazione Spazio Interattivo


Nel titolo fortissimamente voluto da venticinque milioni di argentini un solo punto nero: il KO subito contro gli azzurri che hanno presentato il miglior calcio del Mondiale meritando il quarto posto. Vice-campione un’Olanda non eccezionale; tanta rabbia per un Brasile terzo e imbattuto.

Dopo quarantotto anni dall’inizio della massima manifestazione in­ternazionale di calcio, la Coppa della FIFA sbarca all’aeroporto di Ezeiza, come ad un approdo naturale, immancabile nella ter­ra che tanto ha dato di sé allo «spettacolo più grande del mon­do». Nel passato la federazione argentina aveva tentato più volte di ottenere l’organizzazione della Coppa del Mondo, ricevendo ri­fiuti a volte immotivati, a volte dipendenti dalle condizioni in­stabili del paese, da sempre in­vischiato nella lotta per il pote­re fra gerarchie militari, casta borghese e movimenti ad ideolo­gia populista, sul punto di dege­nerare in guerra civile. La fede­razione argentina era stata in­vestita dell’organizzazione della XI Coppa del Mondo durante il Congresso della FIFA di Città del Messico e questa disposizio­ne venne confermata in Germa­nia in occasione del mondiale tedesco.

Per la terza volta in quattro anni l’Olanda arriva al dunque per la conquista di trofei prestigiosi. Nel 74 a Monaco solo una gran­de Germania impedì agli arancio­ni la conquista della Coppa del Mondo. In Jugoslavia nel 76 la Cecoslovacchia la battè 3-1 ina­spettatamente in semifinale. Due occasioni sprecate, due pronosti­ci rovesciati, perché alla vigilia dei due avvenimenti l’Olanda ve­niva indicata come sicura vin­cente. Assente Cruijff per man­canza di stimoli, a soli 31 anni si allontana dal calcio che l’ha fatto forse troppo ricco, l’Olan­da perde la brillantezza che le derivava dalle esibizioni del grande Johann.

Ma pur tuttavia Happel riesce a formare un col­lettivo in cui operano ancora i Rep, Rensenbrink, Krol, Haan, Jansen, Neeskens che apparten­gono alla generazione dei grandi, amalgamandoli con i De Kerkhof, i Poortvlijet, i Brandts che si so­no affacciati alla ribalta in epo­ca più recente. Con la partenza degli assi per l’estero il calcio olandese ha mostrato qualche cedimento e dopo il triennio di dominio dell’Ajax nessuna formazione ha saputo ripetere quelle imprese, ma la caratura della squadra olandese è di tutto ri­spetto e il pronostico alla vigilia dell’incontro decisivo della XI Coppa del Mondo è incerto. L’Argentina gode dei vantaggi am­bientali, ma davanti a quasi un miliardo di spettatori nessun ar­bitro aiuterà troppo sfacciata­mente i padroni di casa. Menotti e Happel si affidano alle formazioni migliori con: Fillol; Olguin, Luis Galvan, Passarella, Tarantini; Gallego, Ardiles, Kempes; Bertoni, Luque, Ortiz; e con: Jongbloed; Jansen, Brandts, Krol, Poortvlijet; Haan, W. Van de Kerkhof, Neeskens; R. Van de Kerkhof, Rep, Rensenbrink.

La direzione dell’incontro è affidata all’italiano Gonella, un segno di sti­ma verso il nostro calcio e lo stadio del River è stracolmo di 80.000 presenti. Affiora immedia­tamente un nervosismo troppo accentuato, Gonella impedisce agli olandesi il gioco intimidato­rio abituale, ma non trova di meglio che abbozzare quando Passarella stacca due denti a Neeskens con una gomitata. Quattro ammonizioni agli olande­si (Krol, Poortvlijet, Neeskens, Suurbier), nessuna ai padroni di casa che nel corso del primo tem­po riescono a rendersi pericolo­si solamente un paio di volte e Fillol al contrario merita una montagna di applausi quando salva ripetutamente il risultato.L’Olanda è più squadra, più com­patta, attacca in forze, ma non ha l’uomo che possa «faire la difference» come dicono i fran­cesi, poiché Rensenbrink alle pri­me botte ricevute s’è messo cal­mo e Rep non è in grande gior­nata.

L’uomo-partita è invece nel­le file argentine ed è Mario Kempes che impiegato da centravanti aveva evidenziato qualche diffi­coltà nel superare l’avversario diretto, ma che arretrato sulla linea dei centrocampisti ed ope­rando a tutto campo riesce ad esprimere tutta l’efficacia e l’abi­lità di cui madre natura l’ha do­tato. Segna la rete del vantaggi con una prodezza al 38′ infilan­do Jongbloed in uscita e sostiene in pratica il peso a la fatica de­gli Ardiles e dei Gallego, aggiun­gendo la brillantezza di una pre­senza puntuale in zona-gol.

Nella ripresa crescono gli olandesi al­la ricerca del pareggio, ma la di­rezione di Gonella spezza il rit­mo dell’offensiva, gli argentini si salvano da alcune situazioni piuttosto critiche ma all’81’ il pareggio è cosa fatta in seguito ad una serie di errori di Taran­tini e di Luis Galvan che Nanninga (subentrato a Rep) sfrut­ta battendo di testa Fillol. All’ultimo minuto un lungo brivido corre sugli spalti del River, Ren­senbrink in prolungata azione sulla sinistra, arriva al tiro ad un cinque metri dalla porta ar­gentina, tenta di infilare fra palo e portiere ma la palla incoccia sul legno e torna in campo. L’Olanda perde la Coppa del Mon­do con questo episodio, i tempi supplementari portano alla ribal­ta ancora Kempes, un dominato­re, che al 104′ porta in vantaggio i «blanquicelestes» e 10′ dopo dà a Bertoni la palla del terzo gol.

3-1 il risultato finale: l’Ar­gentina è campione del mondo! Tutte le frustrazioni, gli appetiti inappagati si rovesciano in una grande manifestazione di felici­tà che trasforma Buenos Aires nella Rio de Janeiro dei giorni del carnevale. L’Argentina è campione del mondo per la felicità della sua «hinchada», ma nel giudizio a posteriori è molto dif­ficile assegnare agli uomini di Menotti la palma di migliore formazione del mondiale, risultando troppo evidenti gli aiuti ricevuti come era già successo in Cile, in Inghilterra ed in Italia nel ’34.